Ilaria Guidantoni: Tunisia. Movimenti e pulsioni femministe

| 8 Giugno 2015 | Comments (0)

 

Diffondiamo da Noidonne.org questo intervento di Ilaria Guidantoni dell’8 giugno 2015.  Le donne durante il terremoto politico sono uscite allo scoperto. E in prima fila non c’erano solo le intellettuali

I movimenti di rivolta, come nella Tunisia del 2011, hanno rimesso al centro pulsioni femministe che hanno attraversato il “mondo arabo” trasversalmente in passato, sposando, nella fase incandescente della ribellione, la causa politica. La protesta è stata dunque un’occasione per un nuovo discorso sul femminile che durante i regimi dittatoriali era stato soffocato. Proprio le donne durante il terremoto politico hanno avuto la capacità di uscire allo scoperto in prima fila e non solo le intellettuali.
È chiaro che il “femminismo” in questi paesi è ancora nelle mani di una classe borghese e intellettuale – senza che questo rappresenti una contraddizione – perché non c’è stato solo il Sessantotto e questo se è arrivato, è giunto a lambire le classi più colte. Oggi c’è un nuovo orizzonte consolidato dal fatto che, almeno nel Maghreb, le donne sono mediamente più colte degli uomini (il 60% dei laureati è donna) e più aperte. In primo piano è emerso il corpo perché il corpo è il nostro front line nel mondo e perché è quello che chi non appartiene al mondo arabo vede per primo e l’elemento sul quale si concentra.
Attenzione però a non ridurre il femminile al suo corpo, una tentazione che può colpire la stessa donna con una facile e pericolosa retorica dell’autoliberazione com’è accaduto con il movimento delle femen, una trappola. Infine bisogna far attenzione a non interpretare con i parametri non arabi né coranici e neppure mediterranei alcuni segni e comportamenti rischiando un grande equivoco. Si sta giocando una fase molto delicata che in questo spazio può essere solo accennata di recupero dell’identità e dell’appartenenza alla propria cultura che non necessariamente significa adesione religiosa od omologazione nel senso dell’arabizzazione come per l’Europa del periodo post bellico lo è stato il parametro degli Stati Uniti.
C’è la voglia proprio dalla parte del corpo di andare all’origine, prima della šhari’ah e dello stesso Corano per recuperare un elemento di spiritualità e ad esempio evidenziare con il velo sia un elemento archetipo delle società, il suo uso è documentato per la prima volta in un documento legale assiro-babilonese del XIII secolo dove il capo coperto era un segno di rispettabilità per le donne altolocate. Lo spirito di decoro, il senso di protezione e la necessità di imporre il pubblico rispetto attraverso dei segni tangibili è molto radicato nel mondo arabo-musulmano dove il parametro estetico nel senso etimologico del termine è rovesciato rispetto a quello europeo, ad esempio.
Il corpo pubblico è censurato là dove il corpo privato è liberato e come si legge nel Corano – in perfetta e costante reciprocità uomo-donna – sia il corpo della donna un vestito per l’uomo e sia il corpo dell’uomo un vestito per la donna (sura al-baqarat, dal versetto 187) e in un altro passaggio un corpo da arare. Insomma il velo è segno di decoro non di castità.
Lo stesso moucharabieh la finestra grigliata in legno non è come, si pensa un elemento di clausura per la donna ma di vantaggio per cui come si legge in un bel racconto di Elias Canetti tratto da Voci di Marrakesh è la donna che sceglie, guarda, corteggia, schermandosi. Ecco perché nelle recenti manifestazioni femminili avvolte nelle bandiere troviamo giovani alla moda accanto a donne semplici, anziane e velate. La donna velandosi si svela in una capacità di movimento autonoma, paradossalmente: all’esterno sottomessa, è colei che decide la direzione della famiglia in una contiguità tra eros e cibo: ecco perché un detto tunisino recita che tutte le donne sono uguali al mercato e in sala parto e in questa riconoscibilità il corpo diventa strumento di dialogo tra donne completamente diverse per censo, cultura e ambito sociale. E ancora la maternità è osannata dal Corano e tutelata anche nella vedovanza e nel divorzio e perfino l’allattamento dove il rigore chiesto alle donne non è punitivo ma protettivo come nella sura LXV al-talaqi, del divorzio appunto.

 

Category: Donne, lavoro, femminismi, Movimenti, Osservatorio internazionale

About Ilaria Guidantoni: Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice, si è dedicata soprattutto ai trasporti e alle infrastrutture come esperta di sicurezza stradale. Fiorentina, una laurea in filosofia teoretica a Milano, vive tra Roma, Milano e Tunisi. Ha conseguito il Corso di Perfezionamento in Bioetica occupandosi di problemi legati alla corporeità, disturbi del comportamento alimentare e disagi affettivi. Cura la rubrica Politica e infrastrutture su “leStrade”. Consulente per i Rapporti istituzionali – Censis, Tecla, Publifoto, CNI, UIR, ANITA, Consigliere Bic Lazio, direttore Fondazione d’arte Jorio Vivarelli – siede nel consiglio di amministrazione di EFFEGI spa e Purenergy. È Responsabile della Comunicazione strategica ASSOSEGNALETICA. È autrice di: “Vite sicure” (Edizioni della Sera, Aprile 2010), “Prima che sia Buio” (Colosseo Grafica Editoriale, 2010), “I giorni del Gelsomino” (P&I edizioni, 2011); "Tunisi taxi di sola andata", editore No Reply 2012 “Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia ” (Albeggi edizioni, 2013);

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