Giuseppe Licandro: Una tetra bandiera sventola in Medioriente

| 1 Settembre 2014 | Comments (0)

 

 

 

 

Da www.lucidamente.com del 1 settembre 2014

Grazie anche agli errori dell’Occidente, l’Isis si sta affermando in Iraq e Siria. Per frenare lo jihadismo occorre cambiare la strategia finora attuata dagli Usa

Isis (Islamic State of Iraq and Syria), Isil (Islamic State of Iraq and the Levant) e Is (Islamic State) sono gli acronimiusati per indicare il gruppo armato salafita che, al comando di Abu Bakr al-Baghdadi, ha occupato una parte dell’Iraq e della Siria creando un califfato. L’Isis ha come effigie una tetra bandiera nera e conta più di 10 mila miliziani, intenzionati ad allargare ulteriormente i propri domini territoriali. Il pericolo costituito dall’esercito di al-Baghdadi non va sottovalutato, anche perché ha già iniziato a perseguitare i cristiani e i seguaci dello yazidismo, una religione presente in Iraq.


Il mondo arabo odierno risulta aggrovigliato in un ginepraio piuttosto confuso dentro il quale non è facile districarsi: oltre alla divisione tradizionale tra sunniti e sciiti, ci sono pure quelle tra forze laiche e forze integraliste e quelle tra stati alleati e stati nemici degli Usa. La situazione è resa più problematica dai ricorrenti scontri tra l’esercito di Israele e i miliziani palestinesi di Hamas e dalla cruenta guerra civile che imperversa in Libia. C’è chi – riprendendo le tesi di Samuel Huntington – parla nuovamente di “scontro di civiltà” tra mondo cristiano e mussulmano, come Domenico Quirico, il quale in una recente intervista ha affermato che «l’islam è una religione totalizzante e guerriera […] nata con le guerre di Maometto e ha nella lotta e nella conversione uno dei principi fondamentali del suo esistere» (cfr. Leone Grotti, Quirico: «L’Occidente non vuole vedere che ci hanno dichiarato guerra, l’islam moderato non esiste», in http://www.tempi.it).

Di diverso avviso è Marco Alloni, convinto invece che nel mondo islamico ci siano anche correnti di pensiero non fondamentaliste con le quali è possibile dialogare: «in Occidente vige una perfetta ignoranza del discorso progressista e riformista, al quale si è sempre preferito anteporre il discorso esotico e integralista […] a tutto discapito delle grandi opere di riformisti – quasi del tutto sconosciuti alle nostre latitudini – quali Farag Fuda, Taha Hussein, Mohammad Arkun, Nasr Hamid Abu Zeid, Hassan Hanafi e via elencando» (cfr. Marco Alloni, Caro Quirico, l’islam moderato esiste, in http://temi.repubblica.it/micromega-online).


Nonostante le diversità culturali chiaramente esistenti, lo scontro tra Occidente e Oriente è a nostro avviso evitabile, purché cambi la sconsiderata strategia adottata finora in Medioriente dagli Usa e si contrastino le forze jihadiste. La Casa Bianca infatti ha cercato in passato di indebolire e di abbattere i cosiddetti “stati canaglia” facendo leva anche sugli stati e sui gruppi islamici più integralisti: fino all’anno scorso l’Isis ha fatto parte delle milizie – addestrate in Turchia e finanziate dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dai governi di Parigi, Tel Aviv e Washington – che stanno tentando di rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad (cfr. Maria Grazia Bruzzone, Irak: chi arma l’Isis e perchè gli Usa non interverranno, in http://www.lastampa.it). Hillary Rodham Clinton, in una recente intervista, ha ammesso gli errori commessi dagli States: «È stato un fallimento. Abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Era formata da islamisti, da secolaristi, da gente nel mezzo. Il fallimento di questo progetto ha portato all’orrore a cui stiamo assistendo oggi in Iraq» (cfr. Claudio Fracassi, Hillary Clinton: “L’Isis è roba nostra, ma ci è sfuggita di mano”, in http://popoffquotidiano.it).


È indispensabile dunque che l’Occidente non fornisca più alcun sostegno ai jihadisti e si adoperi per spezzarne i solidi legami con l’Arabia Saudita e il Qatar. L’Unione europea si è già mobilitata in favore dei peshmerga curdi e dell’esercito iracheno impegnati a respingere l’offensiva dell’Isis. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione per bloccare i finanziamenti ai jihadisti, mentre il parlamento italiano ha disposto l’invio di armi ai curdi e l’aviazione statunitense ha iniziato i raid aerei contro le basi dell’esercito salafita. Ciò però potrebbe non bastare e comincia a farsi strada l’idea – sostenuta in Italia soprattutto da Emergency, Movimento 5 stelle e Sel – che per risolvere la complessa crisi mediorientale sia più utile l’intervento di una forza di pace sotto l’egida dell’Onu.

Un’altra questione della quale vorremmo discutere riguarda l’opportunità di mandare allo sbaraglio cooperanti giovani e inesperte in posti assai pericolosi come l’attuale Siria. Ci auguriamo che Vanessa Marzullo e Greta Ramelli – le volontarie dell’onlus Rose di Damasco rapite lo scorso 31 luglio ad Aleppo – possano ritornare al più presto in libertà: il loro drammatico caso dovrebbe tuttavia servire da monito per scoraggiare quello che Alessia Lai ha definito «turismo di guerra», il quale finisce spesso per portare sostegno proprio ai gruppi islamici più integralisti (cfr. Alessia Lai, La finta cooperazione che flirta con i ribelli islamici, in www.spondasud.it). Si dovrebbe pertanto consentire di recarsi nelle zone di guerra solo al personale assai esperto e altamente specializzato nelle cure mediche e nell’assistenza alla popolazione civile.

L’immagine in alto è la bandiera dell’Isis

 

 


 

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Category: Osservatorio internazionale

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