Chi ha pensato alle torture che rischiano Alma e Aula Shalabayeva?

| 21 Luglio 2013 | Comments (0)

 

1. Paolo Tranchina: Chi ha pensato alla povera Aula?

Il ministro Angelino Alfano è stato assolto dal Parlamento, ma i fatti restano. Fatti che, a mio avviso, possono configurarsi come un crimine morale inemendabile, perché sono state colpite due vittime innocenti che nessuno potrà risarcire per il torto subito e le sofferenze presenti e future. Non riesco a togliermi dalla mente l’immagine di quella madre e di quella bambina nelle mani di un orco accecato dall’odio. Nemmeno il più efferato scrittore di gialli avrebbe potuto immaginare una situazione più crudele.

Ma come deve essere fatto dentro un uomo che fa l’impossibile per impossessarsi della moglie e della figlia del peggiore dei suoi nemici? Impossessarsene a che fine, per farne cosa: domande che mettono i brividi. Per far soffrire il padre e godere del possesso più totale e indiscriminato dei suoi affetti più profondi, insostituibili. Per torturarli? Gli orchi lo fanno! Ma come deve sentirsi adesso quel padre, quel marito, ridotto alla più miserabile delle impotenze? E il suo nemico? Una complementarietà tragica unisce i loro destini. Cosa può esserci di più terribile, perversamente raffinato, a memoria d’uomo? Nessuno sembra aver pensato alla madre, nessuno sembra pensare alla bambina. Miserabili talk show seminano miseria morale, raffazzonate impunità, immonde discolpe. Si nascondono dietro intollerabili acrobazie mentali, ragion di stato, ragioni politiche da immondezzaio.

Tra chi sapeva, non sapeva, dice di non sapere, chi si chiama fuori, sembra non cogliere come quest’ultima sia la peggiore, la più infamante di tutte le accuse. Dietro la sofferenza di queste due vittime si intravede l’agitarsi di indescrivibili orrori, inenarrabili colpe, sordide, omertose connivenze. Strani personaggi si muovono dietro le quinte, vengono da improbabili luoghi, inaccertabili ruoli, con complicità che non sveleranno mai. Come uno scontro tra giganti, mossi dalla molla della vendetta, dalle più vergognose delle perversioni, dall’impunibilità del potere più assoluto, dalla inscalfibilità di ogni vera onnipotenza. Oggetti delle torpide fantasie dell’orco – che a suo piacere può attuare, quando e come vuole – vittime scarificali di poteri che antepongono a tutto il petrolio, il gas, i metalli preziosi, come possono sentirsi questa madre e questa bambina?

Tutta la storia è troppo sporca, impastata di interessate bugie, inconfessabili intereressi; gronda troppo putridume, perché possa essere perdonata.E l’orco cosa sta facendo loro? In che gabbia le tiene? Come le interroga, le accusa? Ma, soprattutto, come starà godendo del suo pieno possesso su di loro, della irrimarginabile ferita che ha inferto al suo peggiore nemico.  E noi cosa possiamo fare? Chiedere l’immediata, incondizionata liberazione di madre e figlia. Davvero crediamo che tutti i poteri forti che condannano questo esecrabile crimine etico-politico non abbiano la capacità, la forza, per attaccare l’orco, annullarlo, seppellirlo sotto montagne di accuse, sanzioni economiche e penali, credibili minacce? Non permettiamo che la ragion di stato seppellisca le vite di una donna e una bambina innocenti.

Paolo Tranchina è uno psicologo analista di Firenze il testo è stato pubblicati da LucidaMente ( anno VIII, n. 91, luglio 2013) diffuso in rete il 20 luglio 2013

 


 

2.  Alberto Sofia: Alma Shalabayeva e le torture che rischia in Kazakistan

La donna si trova nella sua casa ad Almaty insieme alla figlia e non può lasciare il paese. Il pericolo? Carcere e pestaggi

Dopo il pasticcio kazako, il governo Letta aveva deciso di revocare l’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente Ablyazov, e precisato che sarebbe potuta rientrare in Italia. Come se nulla fosse successo. Un’ipotesi improbabile, come avevano già sottolineato diversi quotidiani, compreso il Fatto. Anzi, la donna rischia di subire adesso pestaggi e torture, oltre finire in carcere, come ha denunciato l’International Bureau for Human Rights, una delle più importanti organizzazioni non governative del Paese.


ALMA SHALABAYEVA E I PERICOLI IN KAZAKISTAN – A chiarire le condizioni della moglie di Ablyazov era stata ieri anche Amnesty International, che aveva chiesto conto all’Italia per l’espulsione definita “illegale”. Lo scorso 7 giugno, dopo essere stata allontanata dal nostro territorio, Alma Shalabayeva era stata incriminata per aver falsificato un documento d’identità kazako. “Un reato punito secondo la legge kazaka con una pena da due a quattro anni di carcere”, spiega Amnesty. Adesso la donna si trova ad Almaty insieme alla figlia. Spiega l’ong:

E’ ora nelle mani del governo del Kazakistan, tristemente noto per fabbricare accuse contro gli oppositori politici e le persone a loro associate e che vanta una lunga storia di torture, maltrattamenti e processi clamorosamente iniqui. Qualsiasi funzionario o esponente politico italiano coinvolto nell’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia, poste dunque a rischio di subire tali violazioni dei diritti umani, dovrebbe essere chiamato a risponderne”

Ha concluso John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International

Ma se Amnesty ha invitato il governo Letta a rispondere, Angelino Alfano si è ieri difeso in Aula, spiegando di “non essere stato informato”. Né lui, né nessun collega del governo e nemmeno lo stesso premier: tutti a loro insaputa. Tanto che, dall’opposizione, Sel – che ha depositato la mozione di sfiducia al ministro dell’Interno e segretario del Pdl, insieme al M5S – ha attaccato: ”Delle due l’una: o non ha vigilato sui Servizi o non ha detto ciò che sapeva. In America per molto meno i politici vanno a casa”, ha spiegato Gennaro Migliore.

COSA RISCHIA – Ma se in Italia a pagare sono soltanto i funzionari come Giuseppe Procaccini e Valeri, mentre la politica si auto-discolpa, scaricando le sue responsabilità, in Kazakistan Shalabayeva potrebbe rischiare molto, come ha svelato l’International Bureau for Human Rights. “Rientro in Italia? E’ praticamente impossibile che il governo kazako lo conceda. Anzi, farà di tutto per impedirlo”, ha spiegato Andrey Grishin della ong. Ma non solo: si spiega come la donna sarà perseguitata da pesanti accuse, di finire in carcere e di essere utilizzata come ostaggio. Il motivo? Serve al presidente dittatore Nursultan Nazarbayev per far rientrare in patria anche im marito, ovvero proprio il dissidente Mukhtar Ablyazov. Fuggito dal suo Paese nel 2009 perché inviso al presidente e residente a Londra, dove ha ottenuto asilo politico. Per ora Alma e la figlia Alua di 6 anni sono nella loro abitazione, ma non possono lasciare il Paese kazako. Secondo Andrey Grishin, “il presidente kazako Nazarbayev ha avuto un ruolo determinante nella vicenda” che ha imbarazzato il governo Letta e fatto fare una figuraccia internazionale all’Italia.

INFLUENZE – Secondo la ong l’Italia sarebbe stata influenzata dal “grande business del petrolio”, considerato che sono “molti gli interessi che l’Italia ha in Kazakistan in materia di risorse naturali”. L’accusa è pesante: per Grishin l’Italia “ha tralasciato la tutela dei diritti umani a scapito degli interessi economici”. Nemmeno Grishin crede ad Alfano in versione “a sua insaputa”: “E’ praticamente impossibile che il ministro dell’Interno italiano non fosse al corrente di questo tipo di operazione che ha coinvolto numerosi agenti e un aereo speciale”, ricordando anche l’enorme dispiegamento di mezzi e risorse utilizzate in occasione del blitz di fine maggio nella villa romana di Casal Palocco.

PERICOLO CARCERE – Per l’International Bureau for Human Rights del Kazakistan, dove le condizioni carcerarie sono tutt’altro che rispettose della dignità e dei diritti dei detenuti, Shalabayeva rischia ora di finire in carcere. In un paese dove non è permesso “incontrare né familiari né avvocati e dove si viene pestati dagli agenti penitenziari”, spiega Grishin. E dove la libertà politica resta un miraggio, con gli oppositori che finiscono spesso in galera. Forse l’attenzione dell’Occidente potrebbe mitigare il comportamento delle guardie e delle autorità locali, ma i precedenti non fanno ben sperare. Si pensi al caso dello scrittore scrittore dissidente Aron Atabek: condannato a 18 anni di carcere, trascorse i primi due in totale isolamento, per poi “essere trasferito nella peggiore prigione del Paese kazako”.

Testo diffuso in rete in www.giornalettismo.com il 17 luglio 2013

 

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Category: Donne, lavoro, femminismi, Osservatorio internazionale

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