Aulo Crisma: Settimio Ferrazzetta. Vita e pensiero di un frate francescano, primo Vescovo della Guinea Bissau

| 13 Novembre 2020 | Comments (0)

 

 

 

Padre Settimio Ferrazzetta era un umile frate francescano diventato il primo vescovo della Guinea Bissau. Un volumetto, “ARTURO SETTIMIO FERRAZZETTA – VESCOVO IN GUINEA BISSAU”di autori vari, edito da Rete Guinea Bissau, racconta in quaranta pagine la vita straordinaria di un montanaro divenuto bissauguineano (nella Guinea Bissau dicevano di lui che era uno di loro nato per sbaglio in Italia). Era nato nella contrada Bernardi di Selva di Progno, provincia di Verona nel 1924. Fin da piccolo aveva avuto l’idea di farsi frate e missionario. Non aveva ancora tredici anni quando, accompagnato dal papà, da una sorella e una cugina, raggiunge Chiampo, dove c’è il collegio serafico, dopo sette ore di cammino scavalcando la montagna che separa la Val d’Illasi da quella di Chiampo. Altre lunghe camminate attraverso paludi e foreste lo avrebbero atteso in Guinea Bissau, il più povero stato dell’Africa, ancora colonia portoghese nel 1955. Insieme a fra Giuseppe Andreatta e fra Epifanio Cardin si porta nel lebbrosario di Cumura, a dieci chilometri da Bissau. Qui incontrano i più poveri dei poveri che vivono abbandonati nelle peggiori condizioni igienico sanitarie . Prima di raggiungere l’Africa si era fermato per sei mesi a Lisbona per imparare il portoghese, lingua ufficiale della Guinea Bissau. E qui si impadronisce del creolo, la più diffusa lingua locale, che gli consente di avere rapporti immediati con la popolazione. Il lavoro non manca. Si tratta di costruire dal nulla la missione. Dopo qualche anno un nuovo lebbrosario sostituisce le fatiscenti capanne. E con l’aiuto dei lebbrosi sorge anche l’abitazione dei frati che un po’ alla volta vengono accettati ed apprezzati dai bissauguineani, che prima si tenevano alla larga per non contaminarsi. L’assistenza ai malati e ai più miseri è il problema più urgente da affrontare. Alla medicazione delle ferite viene riservata la mattinata. Nelle altre ore della giornata l’impegno è rivolto all’assistenza sociale e spirituale. Arrivano altri frati e in seguito anche le suore. Altri centri missionari sorgono nel vasto territorio.

 

 

Quando nel marzo del 1977 il papa Paolo VI lo nomina vescovo, padre Settimio è il primo a stupirsi. Pensa di non essere lui il destinatario della lettera recatagli dal segretario della Nunziatura apostolica di Dakar. A malincuore, per obbedienza, accetta l’incarico. Ottiene però di rinviare fino alla metà di maggio la comunicazione ufficiale. Il motivo è che deve portare a termine la costruzione delle casette per gli ex lebbrosi anziani rifiutati dalle loro famiglie. Padre Settimio ha un profondo rispetto per i guineani. Instaura un rapporto di reciproca stima con tutti. Siano essi di fede animista, la maggior parte, o di fede musulmana o cristiana, li tratta con la stessa attenzione. Diventato vescovo, padre Settimio rimane l’umile frate sempre pronto ad aiutare i più bisognosi. Ad un volontario che doveva recarsi lontano nella foresta alzandosi prima dell’alba ha preparato il caffè e gli ha messo in mano una bottiglia di cognac dicendo: “Questa in caso avessi bisogno”. Un altro fatterello è stato raccontato dal comandante di una nave che aveva portato materiale per la Missione. Domanda ad un uomo in braghette corte e canottiera seduto su un ceppo dove può trovare il vescovo. “Sono io” risponde padre Settimio che, invitato a pranzo sulla nave, mangia la pastasciutta e, come i montanari di una volta, l’accompagna con il pane. Manda a studiare in Italia decine di guineani e guineane. Con l’assistenza dei volontari, in particolare di Vittorio Bicego che è il braccio destro di padre Ferrazzetta, i giovani imparano a coltivare gli anacardi e a confezionarli sul posto nel rispetto di tutte le norme igienico sanitarie, pronti per l’esportazione e il consumo. Alcuni suoi compaesani passano le ferie a fare l’idraulico, l’elettricista, il muratore. Una non più giovane compaesana trascorre per molti anni l’estate a far la cuoca nella Missione.

Quando nel giugno del 1998 scoppia la guerra civile, mons. Settimio si prodiga per pacificare i contendenti. Nonostante i suoi settantaquattro anni e la salute precaria attraversa più volte la palude per convincere i capi delle due fazioni a concludere un accordo che, anche per la sua opera, viene raggiunto ai primi di novembre dello stesso anno. Ormai alla conclusione dei suoi giorni, addolorato per la guerra fratricida, dice: “Come Chiesa abbiamo sbagliato tutto. Abbiamo costruito tante cose: scuole. ospedali, strade, chiese… ma non siamo riusciti a (ri)costruire il cuore della gente”.

 

 

Il libro “Monsignor SETTIMIO ARTURO FERRAZZETTA, Testimone di pace in Guinea Bissau (1924-1999) di Filomeno Lopes, edito da L’Harmatan Italia srl, 2013 – rist. 2020, riporta una lunga intervista “a puntate” durata due anni che il Vescovo ha rilasciato quando ritornava in Italia per brevi periodi. Sentendosi prossimo alla fine della vita, approfittando della convalescenza dopo un intervento chirurgico, ha voluto concludere il dialogo con Filomeno Lopes. E’ quasi un testamento spirituale che contiene indicazioni sulla via da percorrere per raggiungere una vera e duratura pacificazione. L’emblematica foto di copertina lo mostra stremato in cammino sulla palude. Consuma la poca energia che gli resta per convincere le opposte fazioni ad accordarsi. Con le braccia spalancate sulle spalle dei giovani che lo sorreggono, il capo reclinato sul petto, sembra l’icona di Cristo in croce. Filomeno Lopes è uno dei tanti bissauguineani mandati in Italia a studiare. Si è laureato in Filosofia e Comunicazione presso l’università Gregoriana di Roma. Lavora come giornalista alla Radio Vaticana. Nell’introduzione del libro mette in luce l’opera poderosa che mons. Ferrazzetta ha svolto per la Guinea Bissau e per l’Africa in generale. Alle puntuali domande rivoltegli il Vescovo risponde con un linguaggio lineare, semplice ma di elevato significato. Ha idee chiare anche sulla colonizzazione che è stata abolita ma è ritornata di fatto a sfruttare la terra e il popolo dell’Africa. E sostiene che la Chiesa, accanto all’opera di evangelizzazione, deve promuovere lo sviluppo culturale, sociale ed economico della gente.

Alla fine della conversazione si augura che la Chiesa di Guinea Bissau “cresca in numero e qualità, per diventare presenza importante in mezzo alla società civile”. Alle sue esequie, protratte più volte a causa del ritorno delle ostilità, partecipano migliaia e migliaia di bissauguineani di entrambe le fazioni e di ogni fede religiosa. Il presidente della Guinea Bissau conferisce alla memoria del Vescovo la “Medaglia Amilcar Cabral”, la più alta onorificenza dello Stato, consegnandola al fratello Carlo giunto dall’Italia per essere presente ai funerali. Nel luglio del 1999 il nostro Presidente della Repubblica gli conferisce la medaglia d’oro al Merito Civile. Selva di Progno, il paese natale, con il gruppo missionario, erige un monumento nello spiazzo che porta il suo nome. La sua casa nella contrada Bernardi è diventata un museo. All’inaugurazione avvenuta a vent’anni dalla morte nel giugno del 2019, era presente mons. Josè Càmnate Na Bissign, vescovo di Bissau Un grande tronco di abete scortecciato attraversa i tre vani sovrapposti che nella scarna semplicità sono in sintonia con la grande umiltà di mons. Settimio.

Category: Aulo Crisma e la rivista "inchiesta", Culture e Religioni, Osservatorio comunità montane, Osservatorio internazionale

About Aulo Crisma: Aulo Crisma è nato a Parenzo nel 1927. Nel 1945 ha conseguito il diploma magistrale.Nel 1946 ha lasciato l'Istria come esule. Ha fatto il maestro elementare prima a Giazza, dove si è sposato con la collega Maria Dal Bosco, e poi a Selva di Progno. E' stato un attivo animatore culturale dirigendo il locale Centro di lettura, divenuto poi Centro sociale di educazione permanente. E' stato per molti anni corrispondente del quotidiano L'Arena di Verona. Ha condotto numerosi lavori di ricerca e documentazione sulla storia dei Cimbri, una popolazione di origine tedesca che si era insediata sui Monti Lessini verso la fine del XIII secolo, che ancora manteneva vivo nell'enclave di Giazza ,l'antico idioma alto tedesco.Ha fatto parte del Direttivo provinciale del Sinascel, sindacato nazionale della scuola elementare. Ha pubblicato "Guardie e contrabbandieri sui Monti Lessini" (con Remo Pozzerle), Ed. Taucias Gareida, Giazza-Verona, 1990; "Lessinia, una montagna espropriata" (con Remo Pozzerle), HIT Edizioni, San Martino Buonalbergo, 1999; "Bar lirnan tauc': Noi impariamo il cimbro, Ed. Curatorium Cimbricum Veronense,, Verona, 2001; "Parenzo, gente, luoghi, memoria" Ed. Itinerari educativi, Comune di Venezia, 2012. Attualmente vive con la moglie a Tencarola, in provincia di Padova, e collabora alla rivista Inchiesta.

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