Adonis: L’infernale illusione delle armi

| 5 Settembre 2013 | Comments (0)

 

 

 

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Diffondiamo l’intervento del poeta siriano  Adonis pubblicato su la Repubblica del 5 settembre 2013. Adonis, pseudonimo di Ali’Esber,  vive esule a Parigi ed è considerato da Tahar Ben Jelloun e da numerosi altri intellettuali il maggior poeta arabo dei nostri tempi. Candidato al Nobel per la letteratura ha vinto il Premio Goethe e nel 1913 il Premio internazionale Capri. Di lui pubblichiamo anche un articolo scritto per La Repubblica due anni fa.

L’intervento americano in Siria nasce nell’illusione di una “guerra lampo”, di “colpi limitati, chirurgici, mirati”. Rischia invece di sfuggire di mano, di aizzare il conflitto e di ripetere il peccato mortale in cui sono scivolati sia l’opposizione armata sia il regime siriano. Potrebbe involontariamente trasformarsi in una forma di sterminio simile a quello dei nativi del continente nordamericano.

Continente chiamato ora “Stati Uniti d’America”. O allo sterminio perpetrato dalla Turchia all’inizio del ventesimo secolo contro il popolo armeno e le altre minoranze storiche di cristiani, siriaci, caldei ed assiri. Infatti, l’operazione militare avviene in un contesto complesso, confuso, anzi, cieco.

1. Se si trattasse davvero di una questione umanitaria e di difesa dei diritti fondamentali degli arabi, il mandato di chi se ne fa carico dovrebbe estendersi al di là della sola Siria. L’America dovrebbe fare i conti con la violazione di quei diritti, sia da parte degli Stati arabi alleati, sia da parte del suo principale alleato Israele.

2. Il conflitto siriano si consuma in un clima caotico, ambiguo, ingarbugliato. È indispensabile considerarne la dimensione religiosa, prima di un intervento militare. Gli Stati Uniti conoscono il significato delle guerre di religione oggi ed è evidente che non entrano nel conflitto come arbitri imparziali, bensì come partecipanti. Schierarsi a tal punto serve forse al progresso o all’uomo e ai suoi diritti? Serve alla pace e alla libertà?

In realtà, l’America, con questo intervento, viola i diritti umani in nome della loro difesa. Qui non si tratta di difendere il regime che, ho detto e ribadisco, deve cambiare, ma di difendere la Siria dell’Alfabeto, della Storia antica, del popolo siriano e dei grandi principi umani.

3. Ricordiamoci che gli Stati Uniti nel 2003 hanno dichiarato guerra all’Iraq. Quali sono state le conseguenze per lo Stato iracheno? Che ne è delle centinaia di migliaia di vittime innocenti, dell’avvelenamento ambientale? E dove sono le armi di distruzione di massa? È probabile che molti dei perseguitati da Saddam Hussein ora rimpiangano il regime che non c’è più. Naturalmente quel regime doveva finire, ma con altri mezzi.

Gli Stati Uniti sanno (o forse no) che la storia arabo-islamica è intrisa di sangue fin dal primo Stato islamico. La maggior parte delle pagine di questa storia sono state scritte dai conflitti confessionali mescolati alla lotta per il potere. Alimentare questo conflitto e entrare a farne parte serve forse alla pace, alla giustizia, alla libertà e ai diritti umani?

Chi conosce la storia sa che le più lunghe mediazioni sono più corte di qualsiasi guerra. Parlare di una guerra lampo e di colpi limitati “chirurgici, mirati” è un’illusione fuorviante. Quando comincia una guerra, il campo, le sue trasformazioni, le sue sorprese ne decidono le sorti.

4. Gli Stati Uniti continuano a ignorare gli oppositori democratici pacifici siriani, nonostante questi siano numerosi sia dentro, sia fuori dalla Siria. L’America ascolta i gruppi che parlano di violenza e non ascolta gli esponenti dell’opposizione pacifica neppure per scoprire quel che hanno da dire, per capirne il punto di vista. Chissà: potrebbero avere soluzioni più umane e quindi più efficaci a causare meno vittime e distruzioni.

Il rifiuto di trattare con l’opposizione pacifica è sorprendente, e io chiedo al presidente Obama, non come presidente ma come uomo di pensiero, se egli rispetta davvero una rivoluzione nazionale i cui leader  –  come nel caso dell’opposizione all’estero sostenuta dall’America  –  chiedono un intervento militare di forze straniere per colpire il proprio Paese e consegnarlo loro.

Fin dall’antichità, il pensiero e i valori attinenti alla guerra e al combattimento –  cioè uccidere  –  non si sono evoluti. La guerra è ancora considerata una pozione magica per risolvere i problemi e registrare gesta eroiche. La guerra si combatte e così si uccide anche per la pace. Uccidere! Questa è la cura magica per tutti.

Come è assetata di sangue la pace!

L’antica saggezza araba dice “curami con ciò che ha causato il male”: è una saggezza fatale in guerra. Ma com’è contorta una logica che scivola verso quella attrazione demoniaca: la guerra! Forse diremo anche: com’è assetata di sangue la giustizia.

Per esempio, il presidente Obama, nonostante le sue buone intenzioni, è riuscito a controllare l’uso delle armi in America? Le armi sono diventate parte della tradizione americana moderna.

Infatti, come dice un nostro adagio, “la gente segue la religione del suo re”. Uccidere non è forse diventato un “mito” dei nostri tempi (innanzitutto in America), non soltanto nei film, ma nella vita quotidiana?

5. Sembra quindi che il pensiero umano riguardo alla soluzione dei conflitti non si sia evoluto. Annientare le parti in lotta è ancora la via concretamente seguita per spianare i contrasti. Non v’è stato alcun progresso, tranne lo sviluppo delle armi e la loro capacità sempre maggiore di distruggere e avvelenare il pianeta Terra, nostra unica casa. Le armi si sono enormemente evolute. Ancora le definizioni di eroismo più raffinate e onorevoli hanno nomi riferiti all’uccisione e al combattimento, non alla saggezza e alla virtù del dialogo, alla creazione di soluzioni pacifiche e alla salvezza degli uomini e della loro sacra Terra.

Più un guerriero è “campione” nelle arti di uccidere, più è coperto di gloria e di medaglie e entra nella storia.

L’America ricordi, e lo ricordino i suoi alleati, che ha dichiarato guerra all’Iraq per eliminare il presidente baathista e la sua squadra al governo: ma, così facendo, ha fomentato il conflitto confessionale (che ancora provoca morti quotidianamente), conflitto che ha sconvolto gli equilibri e le intese religiose in una direzione che fa comodo al suo nuovo antagonista (l’Iran) e che contraddice gli interessi degli alleati. I calcoli della guerra spesso non producono i risultati voluti da chi la dichiara.

Ricordi l’America, e lo ricordi il presidente venuto in nome della pace e della concordia, che la guerra che non uccide innocenti non esiste nella storia. Quanti innocenti hanno ucciso quei colpi limitati, programmati, chirurgici inferti in Iraq o contro al Qaida in Afghanistan?

Il discorso utopistico non cambia la realtà infernale.

6. Quindi domando al presidente Obama “ambasciatore” di esperienze storiche amare, non soltanto vittoriose, portatore di promesse a favore dei diseredati, come farà a combattere in nome della giustizia e della pace in Siria senza vedere, allo stesso tempo, l’aggressione storica quotidiana contro i palestinesi, la terra palestinese e contro le leggi e il diritto internazionale? Non vede Obama la violazione dei diritti umani nei Paesi suoi alleati?

Preferire un’azione militare contro la Siria anziché un negoziato politico a Ginevra favorisce una soluzione di forza e fa cadere il principio che dovrebbe essere adottato, in base alle regole delle Nazioni Unite, tramite il Consiglio di sicurezza. Anzi, è l’affermazione del principio delle soluzioni militari.

L’opzione bellica è il peccato mortale in cui sono scivolati sia l’opposizione armata, sia il regime siriano.

La verità è che i grandi Stati, e per primi gli Stati Uniti, benedicono e promuovono la scelta militare, ignorano l’esistenza dell’opposizione democratica pacifica siriana o non la prendono neppure in considerazione, mentre sostenendo l’opposizione armata si invischiano in un ginepraio militare.

7. È comprensibile che l’America difenda alcuni regimi arabi, in quanto Paesi di importanza vitale per le risorse energetiche. Però, come comprendere che la grande nazione americana accetti, e faccia propri, i progetti di regimi tribali, familiari, sempre pronti a combattere con le armi chiunque sia considerato un nemico? Come può l’America accettare di essere a fianco di questi regimi nelle loro guerre?

Così facendo l’America apparirà parte del gioco politico, tribale, confessionale in Medio Oriente: complice fondamentale nell’ostacolarne la liberazione, nell’impedire la costruzione di una società moderna, di un uomo moderno, di una cultura moderna. In altre parole, la più importante forza mondiale verrà considerata come il paese che fonda e difende tirannia e schiavitù, intento a proteggere i regimi che su tirannia e schiavitù si reggono, a cominciare dai regimi arabi islamici. Se non ne prendono coscienza, gli Stati Uniti diventeranno uno strumento al servizio dei tiranni in Medio Oriente.

 

 

 

Adonis : Lettera a Assad, “Ascolti il popolo che inventò l’alfabeto”

[La Repubblica 6 luglio 2011]

 

Signor  Presidente Bashar Al Assad, nessuno crede, non sarebbe realistico, che la democrazia possa realizzarsi in Siria immediatamente dopo la caduta dell`attuale regime. Ma al confronto, è incredibile e irrealistico che prosegua in Siria la violenza sistematica per ristabilire l`ordine, ed è questo il problema: da una parte, in Siria, la democrazia non potrà nascere se non nell`ambito di condizioni e principi inderogabili. Ma occorre gettarne le basi, fin dall`inizio, ora e non domani. D`altro canto, senza la democrazia ci sarà soltanto arretramento, fino a giungere al baratro.

È superfluo dire che gli arabi, politicamente, nella loro storia recente come in quella antica, non hanno conosciuto la democrazia. Essa è estranea al loro patrimonio culturale. Questo non significa che sia impossibile lavorare per fondarla, tale lavoro coraggiosohapresoilviadaglialbori dell`indipendenza. Significa, invece, che è un`opera che richiede condizioni politiche basilari.

La prima di queste condizioni èil passaggio della società, politico e culturale, dal «tempo del cielo, collettivo e divino» al «tempo terreno, individuale e umano», altrimenti detto: unatotale separazione tra ciò che è religioso, e ciò che è politico, sociale e culturale. Per questo hanno lottato, dai primi secoli della fondazione dello Stato arabo islamico fino a oggi, molti pensatori e poeti arabi che non soltanto hanno fallito, ma sono stati scherniti, uccisi e accusati di apostasia. La religione istituzionale è stata quella vincente, e tuttora continua a vincere. Mischiare il religioso al politico è ancora alle basi della concezione e della pratica nella vita arabo-islamica. È il principio con cui viene legalmente ucciso l`uomo: a volte come pensiero, a volte fisicamente, a causa dell`interpretazione del Testo. Come può nascere una democraziainunclima chenontiene conto della libertà individuale, rifiutando l`altro, il diverso, uccidendolo o accusandolo di apostasia, e non vede lavita, la cultura e le civiltà dell`uomo se non attraverso lo specchio della sua lettura delTesto, che è, come sappiamo, varia? Fondamentalmente non vi è democrazia nella religione, nel senso comune come noto in ambito culturale greco occidentale.

La religione è per natura l`appartenenza al cielo, la terra è vincolata al cielo, come gli uomini ai Testi.

Fondare la democrazia presuppone quindi la totale separazione di ciò che è religioso da una parte, e ciò che è politico, sociale e culturale dall`altra. Questo è quanto il partito arabo socialista Baath non hafatto. Anzi al contrario, ha indossato i vecchi panni: ha dominato l`arena del vecchio «gioco» e governato con la vecchia mentalità. Così nella prassi si è trasformato in un partito semi «razzista» per tutto quello che riguarda le etnie non arabe, specialmente i curdi. Tutti gli esperti concordano nel dire che l`esperienza partitica ideologica nella vita araba ha fallito su tutti i fronti, e ha fallito anche il suo modello comunista. Il partito arabo socialista Baath è parte di questo fallimento. Non è riuscito a mantenere il controllo sulla Siria con la forza dell`ideologia bensì con il pugno di ferro. Ma l`esperienza storica conferma che il pugno, cheèstato saldo, non può assicurare il dominio se non per un breve periodo e non può offrire al popolo che lo smembramento e l`arretramento oltre all`umiliazione della dignità umana.

Signor presidente, il partito non ha fondato nulla che si possa considerare nuovo e importante, in nessun settore, anzi, esso nella pratica e sul piano culturale è un partito tradizionale, reazionario e in molti casi religioso, specie nell`istruzione. Non ha dato alcuna importanza all`uomo in quanto tale, al di là delle sue appartenenze. Non ha costruito una sola istituzione modello del sapere. E statauna sorta di associazione «religiosa»: ha ostacolato lo sviluppo di una libera cultura urbana, minato la moralitàdegliuomini, valutandola cultura in base alla fedeltà e considerando nemici i suoi nemici.

Il difetto delle autorità del partito consiste nell`aver fatto proprio un contesto vecchio confermandone logiche e metodi. Si sono inserite in un Testo politico e religioso che poteva solo fagocitare chi vi entra. Così si è prodottala cultura dei favori, dell`esclusione, delle accuse, oltre alla cultura tribale, confessionale, di clan. Il partito ha fatto proprio tutto ciò per un solo obiettivo: detenere il potere. Era interessato più al potere che alla costruzione di una società nuova, una cultura nuova, un uomo nuovo. Così il suo potere si è trasformato in potere reazionario che non richiede una rivoluzione per abbatterlo perché esso porta in sé il seme della sua caduta.

Nessuno mette in dubbio che rivendicare la democrazia non implica necessariamente che chi la rivendica sia veramente democratico. La democrazia si realizza soltanto con due fattori: appartenere in quanto cittadino alla società quale unità indivisibile, prima di appartenere a una religione o a un`etnia; riconoscere l`altro, il diverso in quanto, come me, membro di questa società, con gli stessi miei diritti. E corretto che il pensiero orienti, ma non governi.

Per questo il pensiero dell`opposizione deve essere anch`esso chiaro. Nel momento in cui l`opposizione, o parte di essa, in Siria rivendica la caduta del regime, dovrà esplicitare i suoi obiettivi per il dopo regime. Ma qual è l`opposizione oggi? Ci sono «voci», pensatori, scrittori, artisti, intellettuali, giovani, che hanno punti di vista e aspirazioni nobili e giuste, ma non accomunati daun documento che chiariscai loro obiettivi. Una voce che non si concretizza rimane voce ma non entra necessariamente nel tessuto pratico della realtà, ne rimane al di sotto o al di sopra.

Signor presidente, la sfida che ha di fronte è duplice. Primo, che lei svolga la sua attività oggi non in quanto presidente di un partito ma di un popolo. È necessario, in qualità di presidente eletto, preparare il terreno per l`alternanza di governo in base a elezioni libere. Secondo: osservare la situazione siriana con una prospettiva che vada oltre i limiti della sicurezza e che comprenda che la permanenza del partito come guidanon convince più la maggioranza dei siriani. Cosìlaquesti onenon è più di salvaguardia del regime, la questione è salvare la Siria, popolo e terra. Diversamente, sarà il partito il primo a contribuire non solo alla propria distruzione ma anche a quella dell`intera Siria.

Signor presidente, la Siria ha bisogno oggi più che mai di inventare per gli arabi un abbecedario politico per completare ciò che aveva inventato in passato in molti campi. Tale abbecedario si regge sul rifiuto dell`identificazione trapatria e partito, tra leader e popolo. Quest`identificazione è propria solo dei tiranni.

Il califfo Omar non l`aveva praticata e nemmeno l`imam Ali. Lei oraèinvitato a smantellare quest`identi ficazione tra Siria e partito arabo socialista al-Baath. La Siria è più vasta, più ricca, più grande per essere riassunta in questo o qualsiasi altro partito. Lei è invitato, quindi, umanamente e civilmente, a essere dalla parte della Siria, non dalla parte del partito. L`esperienza confermail suo totale fallimento. È inutile l`arroganza. La forza o la violenza serviranno solo a confermare il contrario. Le prigioni possono contenere gli individui ma non possono contenere i popoli. Le prigioni politiche indicano soltanto il fallimento. Anzi il partito nella sua gestione del potere in tutto questo periodo ha molto danneggiato l`identità culturale siriana. Ha privilegiato l`appartenenza alla razza e alla religione anziché alla lingua e alla cultura, fondando così una culturaauna sola dimensione, prodotta da una società a una sola dimensione. Una cultura ristretta, nostalgica, basata sulla contrapposizione: accusare il diverso di tradimento e apostasia, rifiutarlo. Un panarabismo che ha preso il posto della teologia.

Signor presidente, occorre una revisione radicale, anche se il partito riuscisse a fermare la rivoluzione. Senza questo, sarà esso stesso un elemento fondamentale nel crollo totale: spingere la Siria verso una lunga guerra civile che potrebbe essere più pericolosa di quanto successo in Iraq, perché porterebbe alla lacerazione di questa terra singolare chiamata Siria. Spingerà di conseguenza tuttii suoi abitanti, inventori dell`alfabeto, avagarenelle lati tudini di una terra che promette solo cavalli di angeli che volano con le ali dei sette cieli.

 



Category: Osservatorio internazionale

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