Elena Re Garbagnati: I nativi digitali sono mentalmente evoluti ma pigri

| 15 Dicembre 2012 | Comments (1)

 

 

 

Su segnalazione di Massimo Vettoretti pubblichiamo questo testo di Elena Re Garbagnati che fa parte del gruppo IctBusiness. Il testo è stato pubblicato nel sito www.tomshw.it il 12 dicembre 2012

 

I nativi digitali, ossia i bambini nati dopo l’anno 2000, sono mentalmente più rapidi e più multitasking dei genitori. Lo sostiene lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di psicologia dello sviluppo alla Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma). Non solo, ”l’era digitale rappresenta per la specie umana un vero e proprio salto evolutivo. Siamo di fronte a una rivoluzione storica pari solo a quella dell’invenzione della scrittura” spiega il professore.

“Studi condotti in Asia hanno mostrato che siamo di fronte a una mutazione, una sorta di evoluzione dell’umanità, diventata mentalmente più rapida e davvero multitasking. Parliamo di ragazzini cresciuti a latte e tablet, in grado fin da piccoli di integrare meglio realtà e tecnologie, dominandole e rischiando molto meno rispetto agli altri di sviluppare una dipendenza da Internet, chat e giochi online” assicura Cantelmi, tranquillizzando i genitori che sono in apprensione per le insidie della Rete.

Per i nativi digitali la tecnologia è la normalità

Insomma l’informatizzazione dalla nascita sta portando il genere umano a evolversi. I ragazzi nati dopo l’anno 2000 sono anche dotati di un cervello più percettivo e meno simbolico rispetto a quello dei loro genitori. Secondo Maria Beatrice Toro della Lumsa l’informatizzazione ha portato progressivamente al passaggio dall’Homo sapiens sapiens all’Homo 2.0.

Il cervello dei nativi digitali è diverso da quello degli immigrati digitali (noi tutti) perché sfrutta le informazioni in modo diverso. “La mente da analogica sta diventando tecnoliquida, cioè dotata di modalità di funzionamento alternative, che tenderanno a soppiantare quelle tradizionali”.

La prima conseguenza è che per questi ragazzi sarà diverso il sistema di apprendimento. La mediazione simbolica fra lettura e scrittura si cui si basava un tempo sono state in buona parte soppiantate dal touchscreen, con una differenza sostanziale: non è più necessario fantasticare o ipotizzare, piuttosto bisogna manipolare velocemente le icone. Inoltre “i nativi imparano solo attraverso il gioco. La fatica e il proverbiale sudore della fronte non sono più accettabili: tutto deve essere veloce e divertente”.

E in questo i bambini di oggi sono piccoli maghi: la mente e le mani volano sui dispositivi touch e per loro la tecnologia è una cosa talmente ordinaria che difficilmente cadranno nella trappola della tecnodipendenza, che invece riguarda il 10 percento degli immigrati digitali.

Un vantaggio è che questi bambini sono in grado già da piccoli di distribuire l’attenzione su 4 o 5 dispostivi differenti contemporaneamente, con un livello di multitasking in passato impensabile. Non sono rari i casi in cui un ragazzino studia mentre ascolta musica, risponde agli SMS e aggiorna Facebook il tutto, assicura Cantelmi, senza nessuna difficoltà.

I genitori faranno fatica a capirli perché la loro mente è fatta in modo differente

Oltre ai vantaggi ovviamente questo status ha anche degli svantaggi: come spiega la dottoressa Toro sta cambiando anche l’approccio affettivo e relazionale. “La continua immersione digitale renderà difficile raggiungere la dimensione della separatezza e dell’autonomia, data l’abitudine alla condivisione estrema di pensieri, parole, emozioni, e l’esercizio della costruzione di sè sembrerà un’impresa difficilissima”.

biando anche l’approccio affettivo e relazionale. ”La continua immersione digitale renderà difficile raggiungere la dimensione della separatezza e dell’autonomia, data l’abitudine I primi a subirne le conseguenze saranno i genitori, che “non li capiscono proprio perché la loro mente è fatta in modo differente” spiega Cantelmi. Il distacco secondo Cantelmi sarà sempre più accentuato, tanto che si sta definendo anche la categoria dei predigitali, coloro che usano il telefonino solo per fare chiamate, leggono gli SMS ma non sanno scriverli, usano il computer di rado e sono monotasking. Secondo il professore sono destinati ad essere disadattati in un futuro sempre più digitale.

 

 


 

Category: Nuovi media

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Comments (1)

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  1. e.r. ha detto:

    Un articolo come quello sopra non me lo sarei aspettato su Inchiesta. Con tutto il rispetto per l’autrice e per lo studioso che viene tirato nel discorso, credo che sia un poco frettoloso affermare cose del tipo “I ragazzi nati dopo l’anno 2000 sono anche dotati di un cervello più percettivo”. E questo sulla base di generici studi condotti in Asia.
    L’articolo è interessante, forse. Ma la sensazione è quella di chi mette in guardia da pericoli che in probabilmente non lo sono e che comunque non sono quantificati. E la cosa non è di poco conto: la vita è piena di rischi, ma quello che ci serve sapere è quanto siano probabili, altrimenti tanto vale scendere.
    Il problema è sempre il solito e non riguarda solo gli psicologi o un gruppo di giornalisti: è un atteggiamento diffuso. Ma possiamo permetterci questo atteggiamento di sospetto (che proviene soprattutto da parte di chi nel vecchio sistema dei media aveva o ha ancora posizioni di controllo) se consideriamo il complessivo ritardo del nostro paese nella adozione di tecnologie di rete, di soluzioni che avvicinino il cittadino alle informazioni e alla conoscenza? Davvero il problema è il rischio di dipendenza da internet se siamo in fondo alla classifica dei paesi europei per numero di connessioni, frequenza e abilità nell’uso della rete? E come la mettiamo col fatto che nello stesso tempo retrocediamo anche nell’apprendimento scolastico e e nella lettura di libri? Mentre nei paesi con una diffusa cittadinanza nella rete si moltiplicano le occasioni culturali, di sviluppo umano e economico, dentro e fuori della rete?

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