Massimo Canella: Invito alla lettura 4. Giulio Sapelli. Nella storia mondiale. Stato Mercati Guerre

| 7 Aprile 2021 | Comments (0)

 

 

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Invito alla lettura 4 – Giulio Sapelli: “Nella storia mondiale. Stato Mercati Guerre”, Editore Guerini Associati , Milano, 2021

L’ultimo esito della fecondissima produzione libraria e mediatica del professore di economia Giulio Sapelli, che ha riguardato un numero considerevole di ambiti disciplinari e le loro possibili intersezioni, è un volume di 338 pagine edito nel gennaio 2021 da Guerini e Associati, intitolato: “Nella storia mondiale. Stati Mercati Guerre”. L’autore ringrazia per la condivisione dei suoi sforzi non solo “l’amata Claudia Sonnino, la quale sempre corregge con la sua inflessibile acribia di studiosa le mie cavalcate disordinate”, ma anche un gruppo di amici “senza il quale perderei la bussola più spesso di quanto da sempre non mi accada nella ricerca e nelle curiosità” (p. 329). Un anno prima, nel gennaio 2020, Sapelli aveva celebrato il suo matrimonio con la signora Sonnino, germanista, nella chiesa di San Marco a Brera. Fra i presenti la rivista Firstonline segnala: Domenico Siniscalco, già ministro con Berlusconi e country manager per l’Italia di Morgan Stanley; Giorgio Vittadini, Comunione e Liberazione, presidente del Fondo di Sussidiarietà; Alessandro Grumier, responsabile della Global Banking di Societé Generale; Alessandra Gerico, cfo di Leonardo; Davide Assael, presidente dell’Associazione Lech Lecha. Non dimentico di essere da lungo tempo consigliere di amministrazione dell’Eni e ricercatore della Fondazione Mattei, il professore ha dichiarato nell’occasione che “l’Olivetti, l’Eni e Claudia sono state le tre grandi passioni della sua vita”.

Dal gossip provengono spesso le indicazioni che possono orientare in un primo approccio. Alcune caratteristiche esteriori dell’autore, che ne fa motivo di elegante ironia, non incrinano evidentemente la considerazione e la pur prudente attenzione di cui vengono fatte oggetto le sue riflessioni, spesso definite “profonde”, in ambienti che contano. Del resto l’ampiezza onnivora dei suoi interessi si coniuga con un curriculum molto complesso, che oltre ai successi accademici e alla permanenza all’Eni registra la sua chiamata da parte del ministro diessino Visco, docente di Scienza delle finanze, per scrivere lo statuto del Monte dei Paschi, la collaborazione per un decennio con Alessandro Profumo in Unicredit, e poi con Finmeccanica, con FFSS, fino al balenio della possibilità di essere indicato come premier del governo giallo-verde nel 2018. In un percorso in cui per Andrea Greco de Il Giornale “eclettismo e multidisciplinarietà sembrano far premio sulla stabilità degli orizzonti e delle cerchie relazionali” (14 maggio 2018), ma gli permettono anche di non autocastigarsi nell’autodisciplina della forma coerente e di esser libero di afferrare senza remore e senza rimozioni fenomeni e nessi nuovi.

Un altro collegamento che le note biografiche permettono di istituire è quello fra i ruoli rivestiti in imprese strategiche e fondamentalmente non multinazionali come Eni o Finmeccanica e lo sviluppo dell’interesse, più che per i modelli, per gli eventi, e quindi per la geopolitica e per tutti i saperi storici filosofici sociologici antropologici tecnologici geografici, eccetera, di cui essa cerca di fare sintesi. Queste esperienze teoriche e pratiche portano l’autore a dare molta importanza all’azione degli Stati e delle loro nazioni e alle leggi che tendenzialmente li regolerebbero, e a svalutare sia le istituzioni sovranazionali (in effetti, come il diritto internazionale insegna, in origine frutti di convenzioni fra Stati), sia le ideologie che più le sostengono, legate sì a interessi particolari, ma al di là di questo in grado di influenzare decisivamente le percezioni e di conseguenza le politiche. Alla globalizzazione, vista come operazione contro natura che svisa i sottostanti conflitti reali e

impedisce ai popoli di difendere i propri interessi (con una forte simpatia, quindi, non per Trump ma per il suo background), Sapelli preferisce teoricamente, ma dato il suo senso storico non raccomanda precipitosamente, un mondo di Stati nazionali quali potevano essere negli anni Cinquanta quelli guidati da un De Gaulle o da un Mac Millan, ognuno con la sovranità sulla propria valuta. Su questo piano il suo transito dalle iniziali simpatie comuniste all’attuale fiancheggiamento critico della Lega pare dotato di una propria coerenza, forse un poco segnata dall’anagrafe, se ci si ricorda della posizione, ora mediamente rimossa, del PCI sul Mec sullo Sme eccetera fino al momento della sua affiliazione al gruppo dei Socialisti europei. Nella Lega egli ravvisa anche la permanenza dei criteri organizzativi dei partiti di massa, che un tempo salvavano gli individui dall’isolamento e dall’afonia, permettendo loro di concorrere in qualche modo alla formazione delle decisioni, come prevede la Costituzione.

Sul piano delle dottrine economiche l’autore, discepolo di Federico Caffè, esprime un rifiuto colpevolizzante dell’economia neoclassica, del marginalismo e delle varie scuole del Novecento da essi derivate, mentre si rifà frequentemente ai classici e anche ai principi e alle analisi di Marx e dei marxisti, rifiutandone l’escatologia rivoluzionaria e il suo travestimento dialettico. Il suo bersaglio polemico principale è “quel nuovo liberismo economico che aveva costruito, nell’ignavia del mondo, il costrutto istituzionale europeo e mondiale fondato su una serie di trattati e sul dominio, in Europa, delle idee dell’ordo-liberismo teutonico e della scuola della regolazione francese. Era la risposta europea al neoliberismo nordamericano, che non si fondava più sul rifiuto dell’azione dello Stato, per lasciar mano libera a un mercato fantasmatico abitato da attori robinsoniani che avrebbero dovuto esistere in natura, come esisteva nell’immaginario fisiocratico e in quello della scuola austriaca in economia, Non esistendo in natura, lo Stato doveva inverarlo” (p. 15). La scuola della regolazione francese, in opposizione ai neoclassici “che considerano le istituzioni una rigidità”, le interpreta “come condizioni spesso facilitanti lo sviluppo. In qualche modo, esse formano la vera ‘mano invisibile’ che dà al mercato una sua coerenza e determinate finalità” (p. 236). Mentre l’Ordo-liberalismus di Walter Eucken e l’economia sociale di mercato di Wilhelm Roepke, alla base dell’approccio tedesco, dan come possibile “uno Stato senza debito e con scarso deficit perennemente, in un mondo senza ciclicità capitalistiche e con uguali livelli di produttività territoriali e nazionali. Se ciò non accade, il destino di tale insediamento umano è quello della perenne subalternità. […] Nella vulgata corrente tutto ciò è denominato come rapporto tra Stati creditori e Stati debitori, dove il feticismo delle merci rappresenta il rapporto interstatuale come una partita doppia” (pp. 255-256). In Europa questa impostazione, corrispondente all’interesse tedesco di realizzare surplus commerciali sempre più elevati e di importare materie a basso costo, avrebbe trovato il modo d’essere tradotta in norme giuridiche secondo la scuola della regolazione e divenire, almeno per una fase, una sorta di suo principio costituente. (Le reazioni dell’UE alla pandemia, successive alla pubblicazione del volume, han fatto peraltro opinare a Sapelli che la Germania potrebbe aver compreso di non poter prescindere dalla filiera del valore di prossimità che la unisce all’Italia settentrionale, cosa che spiegherebbe in buona parte il Next Generation EU e incoraggerebbe il nuovo, per ora molto contradditorio, atteggiamento della Lega nei confronti dell’Europa.)

Naturalmente questi cenni vogliono dar solo un’idea dei temi che il libro tratta sulla base di una bibliografia enorme, divagante e strabiliante. Non è possibile in questa sede parlare del nesso istituito fra ideologia ambientalista, vista con sguardo penetrante da un intellettuale che come amministratore è comunque interessato ai combustibili fossili, e la filosofia di Spinoza, né

dell’excursus che parte dalla dimensione urbana. Non si può però non accennare al tema, largamente, sviluppato, della necessità di un ritorno, non conforme al mainstream economico, all’economia morale, in termini forse non distantissimi dalla dottrina sociale della Chiesa: “Da ogni dove sorge una resilienza al dominio di un capitalismo de-localizzato, disintermediato dall’umana sostanza dell’essere, e tale resilienza invita a spostare l’asse della politica economica dalla prevalenza del consumatore al produttore liberato dall’imperativo del breve termine […] Solo in questo modo si costruirà un nuovo legame tra umanità e natura. Questa deve divenire la buona grammatica della così detta ‘sostenibilità’; la relazione. La relazione è rigenerativa dell’essere che vuole sapere e saper fare. […] Si tratta di conseguenza di abbandonare le ipostizzazioni neoclassiche che costruiscono i tipi ideali della razionalità ottimale e oggi riscoprire Simon e la sua razionalità limitata.” (H. A. Simon era uno studioso di amministrazione e organizzazione aziendale, che veniva pubblicato anche dalle Edizioni Comunità di Olivetti.) “Di qui il mercato considerato non solo da individui, ma da organizzazioni, da costrutti storici come le imprese, che fondano non solo il plusvalore, ma con la loro cultura e innumerevoli assets immateriali, quelle medesime imprese, costrutti storici e sociali” (pp. 292-293) Dalle interviste televisive risulta una propensione, per un futuro poco immediato, verso forme di socialismo fabiano, di sviluppo della cooperazione, di valorizzazione delle esperienze alternative locali. “Sorgerà, se ritroveremo la forza di piegarci sullo studio e sulla meditazione morale metafisica, il concetto stesso di comunità, così come lo intendeva il pensiero sociologico tedesco tra fine Ottocento e inizio Novecento: Gemeinschaft nella Gesellschaft: perché la comunità può sempre ricostruirsi nella società, come ci insegnava anche quel grande economista che era Alfred Marshall” (pp. 303-304).

Grande parte del testo, come si è detto, ruota attorno alle relazioni internazionali, ispirandosi al realismo geopolitico di “un grande Maestro, Henry Kissinger” (p. 51):. Dalla sua opera sul Congresso di Vienna del 1815 Sapelli giunge alla conoscenza del lavoro di Nicholas John Spykman, che nel 1942 riproponeva la teoria non nuova del conflitto fra continente e mondo marittimo come chiave interpretativa delle vicende storiche: aggiornandola ad oggi, si può dire molto all’ingrosso che la forza tellurica, potenzialmente eversiva, del Continente è rappresentata soprattutto dalla Cina, paese retto da un capitalismo di stato terroristico e attuale cuore dell’Heartland, che preme, sia sul lato orientale sia su quello mediterraneo, sulle zone costiere del Rimland, zona di attrito costante con l’Anglosfera padrona dei mari, che per restarlo ha bisogno dell’integrazione coi Paesi del Rimland. Sapelli auspica un’intesa euroatlantica stretta e un accordo fra Stati Uniti e Russia in funzione anticinese: la Cina infatti coltiva un disegno di egemonia globale, mentre la Russia chiede fondamentalmente il rispetto delle sue necessità geopolitiche o addirittura geografiche, come la fascia di sicurezza ai confini di terra e l’accesso ai mari caldi. I capitoli su Russia e Cina (meno edite le considerazioni su questa) meriterebbero un esame a parte. All’interno dell’intesa euroatlantica l’Italia come paese mediterraneo, classicamente, dovrebbe collegarsi con l’Anglosfera anche per contenere la pressione del miniHeartland della Francia e soprattutto della Germania, che è forte economicamente ma non militarmente e quindi incline a giocare spregiudicatamente le proprie carte economiche sulla scacchiera.

Per recuperare i cento spunti ulteriori che il libro suggerisce e non posso menzionare, compresi alcuni che l’autore considera centrali e fondanti, è necessario decidere di leggerlo. Quali siano i giudizi che possano esserne dati, va detto che l’autore è coerente nel credere alla storicità e al flusso diacronico del reale che noi percepiamo, e nel rifiutare l’uso improprio della modellistica. Una citazione non sua, un po’ forzata: “Se mai dirò all’attimo fuggente: arrestati, sei così bello! – allora potete mettermi in ceppi, allora mi perderò volentieri” (Johann W. Goethe, Faust parte prima, versi 1699-1702). 

Category: Economia, Guardare indietro per guardare avanti, Libri e librerie, Osservatorio internazionale, Politica, Storia della scienza e filosofia

About Massimo Canella: Massimo Canella, laureato in Scienze politiche all'Università di Padova, è stato docente a contratto presso l'Università Ca' Foscari di Venezia: "Strumenti giuridici e ruolo delle istituzioni per i beni culturali" al corso di laurea specialistica interateneo fra Padova e Venezia su "Storia e gestione del patrimonio archivistico e bibliografico". Ha coordinato il Servizio Beni librari e archivistici e Musei della Regione del Veneto con particolare riferimento allo sviluppo di reti informatiche e relazionali, e alla Soprintendenza ai beni librari. Ha realizzato progetti pluriennali sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sull'arte contemporanea. Ha partecipato ai Comitati nazionali del Servizio Bibliotecario Nazionale e del Sistema Archivistico Nazionale e al comitato di redazione del Notiziario bibliografico del Veneto. E' autore di numerose pubblicazioni su i beni culturali (vedi elenco nella rete Linkedin a suo nome)

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