Fabrizio Denunzio: La condizione carceraria dei migranti tra scienza e narrazione

| 20 Aprile 2016 | Comments (0)

 

All’inizio tutto è oscuro e confuso, almeno questa è la percezione che si ha di un fenomeno molto specifico come quello della carcerazione dei migranti. Gli agenti sociali in questione scompaiono o sotto il pietismo dei buoni sentimenti di tanta sociologia cattolica o, peggio, sotto il quantofrenismo di altrettanta sociologia tecnocratica. Dal lato della filosofia politica le cose non stanno messe meglio, sembra che basti invocare il Foucault di Sorvegliare e punire col disciplinamento di spazi, corpi e alterità per dare una risposta al problema. A forza di buoni sentimenti, di feticismo del numero e di amore per gli effetti della sovranità penitenziaria, la situazione della popolazione carceraria migrante rimane nell’oscurità e nella confusione.

Poi arriva una ricerca come quella di Sandra Vatrella, Penitenti educati. Migranti in un’etnografia carceraria (prefazione di M. Cardano, Franco Angeli, pp. 231, euro 26) e il fenomeno inizia a farsi chiaro ed evidente. Riferendoci alla tradizione del razionalismo occidentale, diciamo che i diritti del cartesianesimo sono ristabiliti.

Cosa ha fatto Vatrella di così speciale da portare l’analisi del fenomeno dall’oscurità e dalla confusione in cui lo relegano il pietismo, il quantofrenismo e il disciplinamento alla chiarezza e all’evidenza di un discorso razionale?  Una cosa molto semplice: l’ha narrata in prima persona.

L’autrice ha svolto dal marzo 2011 al dicembre 2012 una ricerca sul campo tra i due carceri di Napoli, quello storico di Poggioreale e quello moderno di Secondigliano. Primo gesto teorico importante: Vatrella considera i due penitenziari “come gli estremi di un continuum ideale”, quindi, rispetto alla funzione che esercitano, pur nella diversità strutturale che li distingue (in un primo momento addirittura si era pensato il modello Secondigliano come alternativo a quello di Poggioreale), non si differenziano: “L’ipotesi di un itinerario simbolico che porta dal primo al secondo (…) ciò mi ha consentito di elaborare un racconto etnografico della relazione osservativa che inizia a Poggioreale e si compie a Secondigliano”.

Nel corso di questo soggiorno sul campo l’autrice ha svolto diciotto interviste su di un campione ad alta “variabilità etnica”, gli intervistati provengono da: Marocco, Tunisia, Mali, Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria, Sierra Leone, Colombia, Bulgaria, Romania, Ucraina, Polonia e Italia. L’eterogeneità della popolazione intervistata permette di definire anche il tipo di reati commessi che ricorrono con maggiore frequenza: spaccio, omicidio, rapina, lesioni personali, teppismo, estorsione e favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Il profilo sociale del detenuto è inoltre ricavato da indicatori come titolo di studio, condizione giuridica, stato civile e religione. Secondo gesto teorico importante: la modalità del racconto. Sebbene la narrazione etnografica abbia come limite più radicale quello di fare ricadere l’analisi sotto l’imperio assoluto del coscienzialismo del ricercatore, questo limite è superato da una strategia retorica del tutto nuova nel campo della metodologia utilizzata, il ricorso a nomi ‘mitici’. Vetrella racconta sì in prima persona i risultati della sua ricerca ma lo fa come se il suo fosse un viaggio d’iniziazione ‘mitico’ in un altro mondo dove i direttori di carcere, i guardiani, gli operatori sociali e i detenuti incontrati sono Achille, Agamennone, Atlante, Busiride, Cronos, Dedalo e così via.

Infine, in quello che può essere considerato il cuore del libro, il terzo capitolo, Vatrella compie un terzo gesto teorico, questo ancor più importante: elabora la categoria concettuale con cui ridefinisce completamente la griglia attraverso la quale fino ad oggi si è pensata quella che la letteratura specialistica chiama, in modo paradossale, la “carriera di prigionizzazione”. Se da Donald Clemmer in poi col suo The Prison Community del 1941, il processo di prigionizzazione, ossia il percorso lungo il quale il detenuto si adatta (o cerca di farlo) all’ambiente carcerario e alla sue leggi, era pensato nelle due tappe dell’ingresso nell’istituto e della stabilizzazione progressiva in esso, Vetrella, appoggiandosi solo un po’ ad Asylum di Goffman, allarga la griglia interpretativa includendo come prima tappa quella della vicenda predetentiva, “luogo di confine oltre il quale al migrante non resta più nulla dell’uomo libero. Da questa posizione il ricercatore accede alle rotture biografiche, alle quali il soggetto straniero tipicamente è esposto”.

Raccontato in prima persona con l’ausilio della trasfigurazione mitologica di una realtà degradata, racconto che mai si sottrare alle necessità imposte dalla ricerca scientifica, Penitenti educati restituisce la teoria sociale alla sua vocazione più intima, quella narrativa.

 

Category: Carceri, Libri e librerie, Migrazioni

About Fabrizio Denunzio: Fabrizio Denunzio è nato a Napoli nel 1969. Nel 1992 si è laureato in Scienze Politiche (Università degli Studi di Napoli "Federico II"). Nel 2004 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Scienze della Comunicazione (Università degli Studi di Salerno), svolgendo periodi di studio all'estero (Università Pompeu Fabra di Barcellona e Università Centrale di Barcellona). Dal 2004 al 2006 è stato borsista post-dottorato in Scienze della Comunicazione (Università degli Studi di Salerno). Dal 2007 è Ricercatore in Sociologia dei processi culturali (Università degli Studi di Salerno). Si occupa di industria culturale e di teoria sociale contemporanea. Nel campo dell'industria culturale ha dedicato lavori al cinema (ricezione spettatoriale; sistema dei generi narrativi della science fiction e war movie; teorie di Walter Benjamin e Gilles Deleuze), alla televisione ('Dr. House'; narrativa di Thomas Pynchon), alla radio (modelli di lavoro sviluppati da Walter Benjamin, Theodor W. Adorno ed Elias Canetti; modelli di consumo elaborati da Paul F. Lazarsfeld), al grande immaginario di massa ottocentesco (curando l'edizione italiana del saggio di Pierre Macherey su Jules Verne) e al rapporto tra media, modernità e potere (teoria del fascismo di Walter Benjamin). Nel campo della teoria sociale contemporanea, nella prospettiva del conflitto tra oralità e scrittura, ha curato l'edizione italiana del saggio di Claude Lévi-Strauss, La sociologia francese. Dalle origini al 1945, quella di Pierre Macherey, Geometria dello spazio sociale. Pierre Bourdieu e la filosofia e quella di Raymond Williams, Cinema, dramma e classi popolari.

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