Bologna: Addio alla Libreria delle Moline. La libreria di Gregorio e Marta

| 5 Gennaio 2015 | Comments (0)

 

 

 

1. Vittorio Capecchi: una poltroncina girevole vicino alla porta

Non avrei mai voluto scrivere questo pezzo. La libreria delle Moline da gennaio è chiusa.  In questa libreria Gregorio mi ha cercato libri difficili da trovare da quelli sulla storia della tecnica a quelli su Philip Dick (è l’ultimo piacere che mi ha fatto pochi mesi prima della morte e conservo ancora il suo foglietto con le indicazioni) e Marta (mia ex studentessa) ha portato avanti la libreria dove negli ultimi anni  ho presentato “Inchiesta” e i libri degli amici. Nella libreria avevo la mia poltroncina girevole in pelle nera, quella vicino alla porta, davanti ai libri di filosofia orientale e nei miei percorsi attraverso Bologna, in particolare quello dal barbiere, non  ho mai mancato di fare una sosta nella “mia” poltrona. Adesso tutto questo viene travolto da una richiesta fatta a Marta di aumento di affitto non sostenibile e dal fatto che le piccole librerie storiche non possono fare gli sconti su i libri appena arrivati fino al 20-25 % che invece le case editrici fanno  alle grandi librerie del centro (ma solo a loro). Non mi resta che dare anche attraverso stampa un saluto affettuoso a Marta con gli auguri di buon anno anche se questo è un duro colpo per lei e per tutti gli affezionati clienti come chi scrive. Per ricordare quanto questa libreria sia stata importante pubblico un pezzo di cronaca, un ricordo di Gregorio scritto da Chiara Cretella nel 2011 quando morì e poi un pezzo che ho trovato in rete di Aldo Cazzullo del 2012 sull’importanza delle piccole librerie storiche e del fatto che sono loro a dare l’identità alle città.

 

 

 

 

2. Marina Amaduzzi, Addio Libreria delle Moline svendita totale e chiusura.

Corriere di Bologna, 29 dicembre 2014

BOLOGNA – Da gennaio Bologna sarà più povera. Si spengono le luci di quella vetrina di via delle Moline che per tanti anni sono state punto di riferimento per studenti, intellettuali, docenti, lettori, artisti. La Libreria delle Moline chiude, e questa volta succede davvero. La vendita straordinaria con sconti dal 30 al 50 per cento su tutti i testi si conclude il 31 dicembre e con essa la vita della libreria aperta dal compianto Gregorio Kapsomenos e dalla sua compagna Marta Montevecchi.

«È un lutto per Bologna», commenta Marinella Manicardi, l’attrice e autrice, fondatrice del teatro delle Moline qualche metro più avanti. «Il problema sa qual è? Che a Bologna le librerie chiudono, ma non se ne aprono di nuove», sono le uniche parole di Marta. Già, la chiusura delle Moline arriva dopo quelle della Feltrinelli International di via Zamboni, nel marzo scorso, e della Veronese di via Foscherari, aperta nel 1888 e chiusa nel 2012, solo per citare due ultimi esempi.

La libreria di Gregorio e Marta è stato a lungo un punto di riferimento per lettori non convenzionali, non solo di Bologna. «Questa è stata la vera libreria, un luogo dove cercare i testi che non trovavi altrove, i fuori catalogo, entravi con l’idea di compare un testo e non è detto che uscivi solo con quello, sarà una grande perdita», confida ancora Manicardi, che ieri cercava testi tra gli scaffali. Un piccolo spazio che non ha nulla a che vedere con i saloni immensi e i meandri delle grandi catene né con le loro vetrine piene di bestseller. Nasce con Grigorios, un greco fuoriuscito dal suo Paese al tempo dei colonnelli. Libertario e antifascista, collaborò con i suoi compagni esuli, ma senza rinunciare alla passione per i libri. Così nasce questo spazio in via delle Moline, che cambia un paio di sedi prima di approdare a quella definitiva al numero 3.

Gregorio, come lo chiamavano tutti, era il librario di via delle Moline. Senza computer, trovava tutto. Per questo era punto di riferimento degli studenti, e dei professori, dell’Alma Mater, quelli di lettere, di storia, di filosofia in particolare, che da lì passavano quotidianamente. Passavano e si fermavano. Perché la libreria delle Moline era un luogo d’incontro, lui ti offriva il caffè, toglieva la polvere da un libro. Poi nel 2011 la morte, un trauma per tanti.

Marta decide di andare avanti da sola. Compito non semplice, se poi arriva la crisi più forte mai vista. E infatti nel 2012 le arriva un avviso di sfratto. Bologna, la Bologna dei professori, si mobilita. È uno dei docenti più affezionati, Raffaele Salinari, che mette in moto una colletta e in poco tempo racimola i soldi che consentono alla libreria di continuare a vivere. Si uniscono attori, musicisti, artisti che con reading e piccoli eventi aggiungono altre piccoli contributi che consentono a Marta di andare avanti. Una lotta ìmpari riuscire a sopravvivere vendendo libri di carta in un mondo sempre più digitalizzato. E infatti Marta ora getta la spugna. E spegne per sempre le luci su quel piccolo grande mondo che ha fatto la storia della comunità delle Moline.

 

 

3. Chiara Cretella: In ricordo di Grigorios Kapsomenos

pubblicato il 12 aprile 2011 in www.carmilla .com

 

[E’ morto nei giorni scorsi Gregorio, titolare della Libreria delle Moline, un caotico e affascinante punto di riferimento per la Bologna non conforme. La parola a una persona che gli fu molto amica. Come alcuni di noi di Carmilla, del resto.]

La prima volta che ho chiesto al mio compagno perché suo figlio portasse un nome così particolare lui mi ha risposto che gliel’aveva dato in onore del suo carissimo amico libraio, una persona coltissima e umana, umile e appassionata.

Grigorios Kapsomenos gestiva, insieme alla sua compagna Marta, la Libreria delle Moline a Bologna. Grigorios è morto venerdì notte, lasciando un grande vuoto dentro tutti noi.

Non solo i suoi amici, ma tutta la città perde qualcosa di importante, una persona speciale, di cultura raffinatissima, l’uomo delicato che sapeva rispondere a qualsiasi domanda con un sorriso e una bibliografia sterminata.

Non aveva bisogno di computer Grigorios, aveva un suo catalogo interiore capace di fare collegamenti tra edizioni, traduzioni, prefazioni, ristampe, reminders.

Ho imparato ad amare, conoscendo Grigorios, il mestiere del libraio, lui era a Bologna uno degli ultimi rappresentanti di questa professione in via di estinzione; così come avevo scoperto un mondo quando avevo conosciuto i pochi, veri bibliotecari, quelli capaci di aprirti le porte di una meravigliosa wunderkammer interiore.

Anche i libri migliori sono in via di estinzione: mi aveva colpito uno di questi bibliotecari, che barattava carta vecchia con testi. Gli addetti allo smaltimento dei libri al macero non comprendevano questo suo accanimento, per loro la carta era sempre e solo carta, ma con il lavoro della talpa, quest’uomo era riuscito a metter in piedi una biblioteca di quindicimila volumi. Non una, bensì la “sua” biblioteca, l’espressione della bellezza che doverono provare gli autori dell’Encyclopédie, un sistema dove la ragione esplode in ramificazioni interconnesse come un sistema linfatico cerebrale o i profumi di un erbario.

L”effetto stupefacente’ dei libri è proprio questa droga lucidamente onirica: che puoi sentirne l’odore e vedere florilegi di esistenze, anche nella bidimensionalità della carta.

Non è solo quello che sai: il tipo di cultura che rappresentano persone come Grigorios è anche l’esercizio di un “teatro della memoria” che abbiamo demandato, nell’era di internet, a protesi informatiche.

È certo dunque, che questa nobile arte se ne và con chi ancora è capace di praticarla con la ricerca di una vita. Il senso profondo della catalogazione non è museificazione del sapere, ma esercizio dinamico, professione di poetica, cosmogonia di un mondo.

Ci si illude di scrivere per lasciare una traccia e Grigorios non ha scritto nulla e non aveva figli. Ma questo non rende più dolorosa la sua mancanza, riconferma invece l’eccezionalità di cosa è stata, per chi ha potuto conoscerlo, la sua insostituibile presenza.

È affascinante comprendere il meccanismo di questa intelligenza, che il più delle volte non trova il suo corrispettivo nella creatività ma può limitarsi alla semplice erudizione. Non era il caso di Grigorios. La sua cultura non era mai sterile nozionismo, né citazione per stupire. La sua dimessa autenticità stava in questa consapevolezza, di aiutare gli altri a cercare “il libro” che aveva in serbo per ognuno. Un giorno seppi che aveva studiato chimica e questo stupore mi confermò la sua brillante capacità di passare attraverso le discipline e le culture, senza sfoggiare mai una nota di saccenza: pensai ad una similitudine tra il suo modo di ragionare e la combinazione osmotica degli elementi.

Con Grigorios se ne và un pezzo di storia della nostra città che ha abdicato alle logiche del mercato e della grande distribuzione. Una delle ultime piccole librerie che devono fare i conti con la spietata concorrenza degli outlet, delle vendite online, nelle edicole o nei supermercati, dei prezzi di gestione degli affitti, dei pochi lettori, delle tendenze di acquisto che vanno verso i best seller, dei libri confezionati ad arte per target specifici, con le loro micro pillole di inutilità.

Ora i grandi magazzini di libri sono negozi multimediali, né le piccole librerie possono permettersi di vendere testi come prima occupazione: devono essere sale da the, caffetterie, posti da aperitivo, internet point, insomma qualunque cosa possa far entrare qualcuno senza avere l’idea che il motivo principale sia comprare un libro.

Chi seguirà l’esempio che Grigorios ci ha lasciato? Ci sarà ancora lo spazio di un dialogo tra il lettore e il suo “spacciatore di libri” o questo sarà solo colui che passa i libri in cassa? Sicuramente Grigorios è stata una figura degna di esser cantata tra i cammei di Spoon River celebrati da De André.

Qualche tempo fa, ho riletto Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli. Non sapevo che avesse frequentato Grigorios, che fossero stati amici, ma l’ho subito riconosciuto nel ritratto che gli aveva dedicato. In quel momento Grigorios stava già male e ritrovarlo in quelle pagine è stato come riscoprire con lui un’intera generazione perduta. Ma noi non vogliamo dimenticarla.

Quando torniamo in Italia ci iscriviamo Gigi e io, all’università, a Bologna. Affittiamo una stanza con uso cucina da una signora anziana che occupa un’altra camera sul lato opposto dell’appartamento, fuori porta Saragozza. Lo stabile è dello Iacipì e la nonna, a rigore, non potrebbe subaffittare visto che la casa ce l’ha gratis, così siamo costretti a contrabbandarci per nipotini suoi con tutti gli inquilini e con l’ispettore del comune. Sullo stesso pianerottolo sta un vecchietto e anche lui ha studenti, il greco Grygoris che fa ingegneria ed è un fuoriuscito che a quei tempi là c’erano ancora i colonnelli. Con Grygoris ci si trova qualche sera che nevica a tirare una briscola, i vecchietti contro noi due, ma se la vincono sempre loro perché il greco è proprio negato a giocare alle carte eppoi c’è il fatto che non vuole imparare tutti quei segni di bocca e strizze di naso e slumate d’occhi per indicare re cavallo regina e fante e non si può mica comunicare senza i segni, cosa che sanno invece benissimo gli avversari che guardarli giocare sembra di stare al cabaret. Così perdiamo una partita sull’altra ma son sconfitte queste, che non lasciano traccia, nemmeno nel portafoglio perché i vecchietti giocano cinquanta lire ogni tre punti e così, se va proprio male, al massimo lasciamo sul tavolo l’equivalente del biglietto dell’autobus. Quando poi i colonnelli vacillano e cascan nella polvere altri patrioti vengono da Gigorys e per molte notti c’è festa grande con tutti gli abitanti dello stabile e si ride e si balla con tutti i fuoriusciti al quintopiano dello Iacipì.

Pier Vittorio Tondelli, Viaggio, in Altri libertini, 1980

 

 

 

4. Aldo Cazzullo: Senza le piccole librerie storiche le città italiane perdono l’identità

Corriere della sera, 25 ottobre 2012

 

Arrivi a Firenze, fai un giro di librerie, e non le trovi più. Nel tempo hanno chiuso Marzocco, Martelli, Le Monnier, la libreria del Porcellino, quella dell’Editrice fiorentina, Seber, Sp44, Aleph, la Cima (la prima ad aprire una caffetteria); e ora sta chiudendo pure Edison. Praticamente la città che ha inventato la lingua e la letteratura italiana è rimasta con due sole librerie «omnibus», rivolte a tutti i lettori: entrambe di catena, per quanto gestite con amore; e una attaccata all’altra.

Arrivi a Napoli, sali al quartiere borghese, il Vomero, e vedi che di librerie non ce ne sono più: chiusa la storica Guida, sta chiudendo pure la Fnac; mentre la Treves ha sbarrato l’antica sede di via Roma per riaprirne un’altra, molto più piccola.

Accade in tutta Italia. A Venezia chiude la libreria di calle Vallaresso, a un passo da San Marco. A Verona chiude la storica Barbato di via Mazzini, la spina dorsale della città, per riaprire in periferia. E gli esempi potrebbero continuare.

Molte librerie indipendenti sono in grande difficoltà. La crisi addenta i Piccoli, anche in questo cruciale settore. Perché non sono a rischio soltanto posti di lavoro e volumi d’affari; sono pezzi di città che svaniscono, luoghi di aggregazione che vanno perduti, un patrimonio di cultura e di storia che si impoverisce. E’ evidente che si deve fare qualcosa.

Il fenomeno non è nuovo. Ma con la crisi sta precipitando. La legge pensata per bloccare gli eccessi di ribasso, vale a dire gli sconti, alla fine si è rivelata controproducente. Perché, se girano meno soldi, e se la promozione diventa più difficile, si vendono meno libri.

Va trovata un’altra soluzione. Che non può consistere nell’andare contro la modernità. L’e-commerce si ricaverà spazi crescenti, proprio come gli e-book (sia pure a ritmi diversi da quelli americani, dove sono messe male pure le grandi catene). L’unico modo per uscire dall’attuale crisi del libro, e per prevenire le crisi prossime venture, è lavorare sia sulla domanda che sull’offerta, sia sul fronte del cliente che su quello del commerciante, sia sul lettore sia sul libraio.

Non c’è dubbio che la cultura della parola scritta — e stampata — stia vacillando, proprio mentre si diffondono l’interesse per la vita pubblica e per il mondo globale, insieme con la consapevolezza che l’informazione e i legami di interdipendenza tra i vari Paesi e i vari mercati condizioneranno sempre di più le nostre vite. Occorre diffondere l’abitudine al libro e il piacere della lettura fin dalla scuola. Non sarebbe male che la televisione dedicasse più spazio ai libri. Ma occorre anche formare meglio i librai.

Come in tutti i mestieri che si tramandano di padre in figlio, può accadere che il talento passi attraverso le generazioni, o si smarrisca. Se qualcuno pensava che il mercato del libro garantisse una rendita, ora ha senz’altro capito di essersi sbagliato. Il mercato è anzi in continua flessione: a settembre di quest’anno faceva segnare meno 9 per cento rispetto al 2011, che pure era stato un anno negativo. A questo si aggiungono il caro-affitti, in particolare per i locali nei centri storici, e le difficoltà nell’accesso al credito. Si spiegano così i fallimenti, le rinunce, le chiusure.

Per fortuna, i librai italiani sono capaci di resistenza e di reazione. Il loro amore per i libri e per il mestiere li salverà. La passione, da sola, non è una condizione sufficiente; ma è necessaria. Il libraio del futuro dovrà sempre di più fare delle scelte. In Italia si pubblicano sin troppi libri. Si tratta di tenere quelli che incontrano il gusto della propria clientela— a costo di non fare entrare novità che l’editore vorrebbe imporre —, e di ritagliare uno spazio per classici ed “evergreen” oggi introvabili. Una via può essere la specializzazione. Ma è importante anche mantenere aperto il canale con il pubblico, continuare o tornare a consigliare il cliente, investire tempo ed energie non solo nelle defatiganti operazioni di esposizione ma anche nel conoscere e suggerire il contenuto dei libri. Salvare le librerie storiche, e i loro librai, è nell’interesse di tutti: di chi i libri li scrive, di chi li pubblica, di chi li compra. E degli italiani consapevoli che una libreria fa parte del paesaggio di una città, concorre a definirne l’identità, ne custodisce un frammento di anima che non deve volare via.

 

 

 

Category: Libri e librerie

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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