Aulo Crisma: Da profughi ad esuli

| 22 Luglio 2019 | Comments (0)

Chi volesse avere una visione storica e particolareggiata dell’esodo degli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, avvenuta alla fine della seconda guerra mondiale in seguito all’occupazione jugoslava, legga la approfondita e ampia ricerca di una genovese, Petra Di Laghi, che su quella vicenda ha elaborato la sua tesi di laurea. Il libro che ha tratto, “Da profughi ad esuli” con sottotitolo “L’esodo giuliano-dalmata fra cronaca e memoria”, Edizioni Accademiche Italiane, racconta, in successione cronologica, a partire dall’autunno 1943, lo sconvolgimento della regione innescato dall’armistizio dell’8 settembre, la dissoluzione dell’esercito italiano, la calata dei partigiani jugoslavi e i primi infoibamenti.

La discesa in Istria di una divisione corazzata tedesca costringe gli slavi a ritornare nei boschi. Alla fine della guerra, scomparsi i tedeschi, l’esercito jugoslavo il 1° maggio entra a Gorizia, Monfalcone e Trieste, precedendo di un giorno l’arrivo dei neozelandesi. A Trieste resta per quaranta giorni. Quel periodo viene ricordato dai triestini come la quaresima titina. Nei giorni successivi, con la presa di Fiume e Pola, l’occupazione dell’intera Venezia Giulia è completa. I titini si considerano i nuovi padroni e celebrano l’annessione con manifestazioni di giubilo in tutta la regione. Ma gli alleati non accettano l’atto compiuto. Una Commissione formata dai delegati di Francia, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti, nel 1946, delinea i nuovi confini tra Italia e Jugoslavia. Con il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 viene istituito il Territorio Libero di Trieste, dividendolo in due parti: la Zona A e la Zona B. La prima, che si estende a nord del capoluogo giuliano in una stretta fascia costiera che arriva fin quasi a Monfalcone e a sud fino ad includere Muggia, passa all’amministrazione degli angloamericani, che si riservano pure l’enclave di Pola. A sud di Trieste la Zona B, da Capodistria a Cittanova si estende anche all’interno dell’Istria ed è amministrata dall’esercito jugoslavo. Andando avanti nella lettura si viene a capire perché oltre trecentomila persone abbandonano in massa le loro case, i loro beni. Preferiscono andare incontro all’ignoto per continuare ad essere italiani, per non dover sentirsi estranei nei loro paesi, per non sottostare ad un regime dittatoriale che li priva della libertà, e potrebbe privarli della vita stessa, come avvenne per alcune migliaia di persone fatte scomparire, per lo più nelle foibe, le voragini carsiche un tempo usate dai contadini istriani come inghiottitoi per gli animali morti.

La storia della definizione del confine orientale dell’Italia, esposta nel susseguirsi delle varie discussioni in seno alla commissione interalleata, si conclude penalizzando il nostro Paese, vinto, togliendogli un vasto territorio della Venezia Giulia e la Dalmazia per consegnarli a Tito, il vincitore. L’esodo, che avveniva per iniziativa dei singoli o di singole famiglie, diventa di massa quando da Pola, dove è ancora presente l’autorità angloamericana, nell’inverno del 1947 sulle motonavi “Toscana” e “Grado” si imbarcano circa 28.000 abitanti per raggiungere, un viaggio dopo l’altro, l’altra sponda dell’Adriatico. Hanno con sé qualche misera masserizia fiduciosi di collocarla altrove in una nuova abitazione. A Venezia ed Ancona vengono considerati fascisti ed accolti con fischi e insulti dai comunisti. Qualche migliaio di operai del cantiere di Monfalcone intanto fa un controesodo per andare a Fiume, dove il potere è in mano al proletariato. Almeno così credono. Quando l’eretico Tito si stacca da Mosca considera nemici i compagni monfalconesi che rimangono fedeli al comunismo internazionalista. Questi, delusi, devono superare numerose difficoltà per ritornare liberi. Dopo queste mie considerazioni, ritorniamo al contenuto del libro.

Nel capitolo terzo viene descritta l’imposizione della società socialista anche nella Zona B dall’autunno del 1947, che provoca un sovvertimento totale di ruoli, di valori, di comportamenti. La comunità italiana avverte un sentimento di insicurezza. Un articolo del Trattato di pace firmato dall’Italia introduce il diritto di opzione: il cittadino residente nei territori ceduti a un altro Stato può scegliere di mantenere la cittadinanza italiana. Lo Stato subentrato può esigere che si trasferisca in Italia. Il sistema delle opzioni contribuì ad accrescere il numero dei profughi. Viene descritto con ricchezza di particolari lo svuotamento della città di Pola. II capitolo quarto, La via dell’esilio, analizza questi argomenti: Il viaggio e la prima accoglienza, I Centri raccolta profughi italiani e la via dell’emigrazione, Profughi per legge, L’inserimento dei profughi nella società italiana e i borghi giuliani. Il quinto capitolo, L’esodo fra stampa e memoria, tratta La liberazione della Venezia Giulia e le vicende della zona B tra notizie internazionali e stampa clandestina, La propaganda filo italiana e filojugoslava a Pola e la commissione interalleata per la definizione dei confini, L’esodo fra contestazione e stupore, La voce dei rimasti.

L’ultimo capitolo, L’assistenza e accoglienza dei profughi giuliano-dalmati: ll caso di Genova, riporta i seguenti argomenti: L’arrivo dei profughi a Genova e il posto di ristoro di Principe, Una sistemazione precaria, L’ex albergo “Fiorenza” di Rapallo, Il Centro raccolta profughi n° 72 di Chiavari, Iniziative di solidarietà e inserimento nel mondo lavorativo genovese, Il problema degli alloggi. Nel 1954 a Londra tra Italia, Jugoslavia, Gran Bretagna e Stati Uniti venne firmato il Memorandum d’Intesa con il quale venne sancita la fine del Territorio Libero di Trieste: la zona A ritorna all’amministrazione italiana e la zona B rimane all’amministrazione jugoslava. Per gli italiani di questa zona svanì quell’esile filo di speranza che fino ad allora li aveva tenuti legati alle loro case pur subendo soprusi ed angherie. E iniziò un nuovo massiccio abbandono. Ci sono voluti anni perché l’esodo venisse compreso nella sua tragica realtà. Soltanto nel 2004 fu istituito con legge dello Stato il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio. Nella stessa data, nel 1947, fu firmato il Trattato di Pace a Parigi che stabiliva la cessione alla Jugoslavia delle intere province di Pola, Fiume, Zara, di gran parte di quelle di Trieste e Gorizia. Il 10 febbraio di ogni anno il Presidente della Repubblica riceve le delegazioni dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. In tutta Italia le amministrazioni comunali invitano gli esuli ancora vivi a dare testimonianza della loro triste vicenda, che anche il libro di Petra Draghi contribuisce a non dimenticare.

 

Category: Aulo Crisma e la rivista "inchiesta", Guardare indietro per guardare avanti, Libri e librerie, Politica

About Aulo Crisma: Aulo Crisma è nato a Parenzo nel 1927. Nel 1945 ha conseguito il diploma magistrale.Nel 1946 ha lasciato l'Istria come esule. Ha fatto il maestro elementare prima a Giazza, dove si è sposato con la collega Maria Dal Bosco, e poi a Selva di Progno. E' stato un attivo animatore culturale dirigendo il locale Centro di lettura, divenuto poi Centro sociale di educazione permanente. E' stato per molti anni corrispondente del quotidiano L'Arena di Verona. Ha condotto numerosi lavori di ricerca e documentazione sulla storia dei Cimbri, una popolazione di origine tedesca che si era insediata sui Monti Lessini verso la fine del XIII secolo, che ancora manteneva vivo nell'enclave di Giazza ,l'antico idioma alto tedesco.Ha fatto parte del Direttivo provinciale del Sinascel, sindacato nazionale della scuola elementare. Ha pubblicato "Guardie e contrabbandieri sui Monti Lessini" (con Remo Pozzerle), Ed. Taucias Gareida, Giazza-Verona, 1990; "Lessinia, una montagna espropriata" (con Remo Pozzerle), HIT Edizioni, San Martino Buonalbergo, 1999; "Bar lirnan tauc': Noi impariamo il cimbro, Ed. Curatorium Cimbricum Veronense,, Verona, 2001; "Parenzo, gente, luoghi, memoria" Ed. Itinerari educativi, Comune di Venezia, 2012. Attualmente vive con la moglie a Tencarola, in provincia di Padova, e collabora alla rivista Inchiesta.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.