Amina Crisma: Bibbia e condizione umana. “Abitare la fragilità” nella “Teologia per tempi incerti” di Brunetto Salvarani

| 16 Luglio 2018 | Comments (1)

Ha qualcosa da dirci oggi il testo biblico? Un libro che invita a interrogarlo in una prospettiva inconsueta, cercandovi domande piuttosto che rassicuranti risposte, a partire dalla nozione cruciale della fragilità, sullo sfondo di questo nostro problematico presente.

A ben vedere, non di rado è uno statuto a dir poco ambivalente a configurare da noi la notorietà della Bibbia. All’omaggio scontato che si rende abitualmente alla sua riconosciuta importanza come Grande Codice spesso non corrisponde affatto un’effettiva pratica di lettura. Non c’è aspetto della nostra cultura, marxismo compreso, che non sia stato influenzato dai libri e dai linguaggi che ne compongono la multiforme e non univoca pluralità: il Cantico dei Cantici rappresenta una inestinguibile e sfolgorante radice di visioni, d’arte, di poesia, dal dolce stil novo a Marc Chagall; al disincantato linguaggio del Qohelet attinge ogni tematizzazione radicale della condizione dell’esistenza umana sotto il sole, come la laica riflessione di Giacomo Leopardi; la narrazione dell’Esodo, come ci rammenta fra l’altro un recente libro di Jan Assmann (Verso l’unico dio. Da Ekhnaton a Mosè, Il Mulino 2018) costituisce la matrice di ogni laico discorso di emancipazione (“go down Moses” recita lo spiritual reso celebre da Louis Armstrong, e nato fra gli schiavi della Virginia al tempo della Guerra di Secessione); al linguaggio della profezia si sono ispirati, oltre che le vibranti invettive dantesche, i movimenti di trasformazione della società che hanno incessantemente animato la storia dell’Occidente, come ci ricorda nei suoi ultimi scritti Paolo Prodi. E tuttavia, l’ignoranza della Bibbia caratterizza nel nostro Paese un pubblico assai vasto, che include spesso, in crescente misura e non per colpa loro, quelli che dovrebbero essere lettori per eccellenza, ossia gli studenti, come mi è capitato di constatare durante tutta la mia esperienza di insegnamento, sia al liceo che all’università.

Varrebbe la pena di interrogarsi sulle cause di questo curioso atteggiamento, che appare così diffuso in Italia, e forse anzi va addirittura aumentando, verso il Libro per antonomasia: Libro universalmente noto di nome e pressoché altrettanto generalmente ignorato di fatto. Fra l’altro, penso che a originarlo non sia stato del tutto estraneo il tipo di comportamento descritto da Luigi Meneghello in un episodio del libro autobiografico Libera nos a Malo (1963): nel Veneto cattolico della sua infanzia, negli anni Venti e Trenta, se arrivava qualche protestante a portare nelle case la Bibbia se ne accettava, per buona creanza verso il visitatore, la consegna, ma poi, nella convinzione che una lettura diretta, non mediata dall’autorità ecclesiastica, costituisse una sacrilega profanazione, si procedeva immediatamente a bruciarla nel camino.

A un rinnovato confronto con il testo biblico ci invita ora Teologia per tempi incerti (Laterza 2018) di Brunetto Salvarani, docente alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e all’Istituto di Scienze Religiose di Modena, conduttore radiofonico a Uomini e profeti di RadioTre, giornalista e scrittore, autore fra l’altro de La Bibbia di De André (Claudiana 2015). I tempi incerti a cui il titolo allude sono questo nostro presente “ansioso e ansiogeno, incline a populismi più o meno manierati, sottoposto a un inedito disordine mondiale continuamente da decifrare, depresso, depressivo, denso di ricorrenti paure individuali ma anche collettive, di rancori risorgenti da stagioni ancestrali, di passioni tristi e tensioni autodistruttive”.

Su questo sfondo confuso e turbato si formula un invito ad aprire la Bibbia, rivolto soprattutto a quelli convinti che sia “roba da preti” che non li riguarderebbe in alcun modo, non tanto per cercarvi consolazioni, rassicurazioni e certezze, quanto piuttosto per riaprire un’interrogazione profonda su se stessi e sul mondo a cui l’antica sapienza scritturale è in grado di offrire fresche e vitali risorse. E’ dunque una prospettiva di lettura sapienziale che qui viene proposta, e che assume come centrale la nozione di fragilità: la fragilità come cifra cruciale della condizione umana, di cui si evocano gli aspetti diversi attraverso le figure di Giona, di Noè, di Giacobbe, di Giobbe, di Qohelet/Salomone. E ancora, è una fragilità di Dio che si espone all’alterità dell’uomo a esser chiamata in causa. E inoltre, fragilità è la parola chiave su cui si impernia la rappresentazione dell’umanità di Gesù, e la chance di un cristianesimo fragile è additata, infine, come fertile potenzialità opposta a un cristianesimo reificato, ridotto a impianto dottrinale, come via di testimonianza antitetica rispetto a una concezione di Chiesa intesa come istituzione detentrice di dogmi da insegnare al mondo.

Ricordandoci che “la forza si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9) – convinzione paradossale che, notiamo en passant, suona singolarmente affine a celebri enunciati del Laozi, il grande classico della Cina antica caro a Tolstoj e a Simone Weil – il libro di Salvarani ha il merito di additarci orizzonti notevolmente distanti e dissonanti rispetto alle chiassose e tronfie ostentazioni muscolari che occupano di questi tempi, non soltanto in Italia, la pubblica scena. “Abitare la fragilità” è il suo motto pregnante, che credo ben si attagli non solo a definire l’impegno di coloro che sono credenti, ma che a mio avviso andrebbe attentamente meditato, recepito e tradotto in pratica da una cultura laica risoluta a non farsi soverchiare e fagocitare dalle fragorose retoriche oggi imperanti, e capace di coltivare nonostante tutto l’umile, coraggiosa e tenace virtù della speranza: “Abitare la fragilità significa raccogliere la sfida insita in questa fase di permanente transizione eletta a orizzonte vitale; capire e amare questa condizione, ivi incluse le potenzialità e le risorse che porta con sé, accettando che sia finita un’epoca e che la nostra condizione sia irriconoscibile rispetto alle forme ereditate dal passato, anche recente. Senza alcuna certezza da vantare. E chissà che, alla fine, non si riveli un kairòs, un tempo di straordinarie e sorprendenti opportunità”.

Category: Culture e Religioni, Libri e librerie

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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