Valentina Orazzini: Stop TTIP, il trattato Europa/Stati Uniti su commercio e investimenti

| 21 Aprile 2015 | Comments (0)

 

Diffondiamo da Fiom Cgil nazionale del 17 e del 18 aprile 2015

 

1. Valentina Orazzini (responsabile Europa Fiom Cgil nazionale): TTIP, ovvero il mercato come sovrano assoluto

Fiom Cgil nazionale 17 aprile 2015

Volevano tenerli segreti e invece il 18 aprile approderanno in milioni di piazze in tutto il mondo: sono i trattati transatlantici tra Commissione Europa e Stati Uniti: il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) il Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti.

Nati per promuovere investimenti e la creazione di posti di lavoro sembrano l’avamposto post democratico con cui le multinazionali hanno finalmente conquistato lo scettro delle sovranità nazionali per difendere i loro interessi economici.

Custoditi in una sala della commissione cui si accede solo orevia perquisizione che renda impossibile qualsiasi appunto personale in fase di consultazione, come denunciato da un parlamentare spagnolo, i trattati sembrano nella loro completezza sconosciuti anche ai governi dell’Unione.

Nessun percorso quindi d’informazione e consultazione per governi e società civili quando

a oggi voci ufficiali parlano di ben 590 incontri che si sarebbero svolti tra la Commissione e le lobby senza che nessun dibattito democratico sia stato ancora avviato.

I testi secretati potrebbero approdare in commissione in un formato voluminoso (solo il Ceta per esempio ha 1500 pagine) non emendabili, quindi con l’opzione del prendere o lasciare, su cui il Parlamento, non senza pressioni, dovrebbe pronunciarsi.

Presentati come un’opportunità per investimenti e creazione di posti di lavoro, dovrebbero contribuire a produrre a regime, quindi nel 2027, un aumento del Pil di circa lo 0,5 %.

In un contesto in cui le barriere tariffarie sono ormai esigue i trattati interverrebbero su quelle cosiddette “non tariffarie”, che altro non sono se non leggi, regolamenti, procedure oggi definite liberamente da ciascun Paese, dall’Unione Europea e dal Congresso statunitense.

Il rischio è la completa deregolamentazione con l’ottica di facilitare gli scambi mettendo in discussione norme ambientali, sicurezza dei prodotti alimentare, norme sull’efficienza energetica, sulla mobilità dei lavoratori e sulle norme legate al lavoro, insomma l’autonomia delle autorità locali e nazionali per fare spazio al diktat degli interessi di mercato.

Per garantire tutto ciò due elementi importanti: l’introduzione di una giustizia parallela con la creazione di un arbitrato detto Isds (Investor-State Dispute Settlement) e un Consiglio per la Cooperazione Regolativa, Rcc (Regulatory Cooperation Council).

Il tribunale parallelo, l’Isds, deciderebbe in via definitiva, senza possibilità di appello non applicando quindi un regolamento compatibile con i principi di uno stato di diritto e sarebbe la strada attraverso la quale le multinazionali potrebbero portare in causa i governi nel caso in cui decisioni prese negli interessi dei cittadini influissero negativamente sugli investimenti preventivati in quel paese prima che tali norme andassero in vigore come nel caso della impresa energetica svedese Vattenfall, che attualmente ha in corso un contenzioso con la Repubblica Federale Tedesca per l’importo di 3,7 miliardi di euro di risarcimento per il distacco dalla rete elettrica di due vetuste centrali nucleari, in seguito alla decisione del governo di abbandonare il nucleare o come del caso dell’Egitto che deve rispondere a una richiesta di danni per aver deciso l’aumento del salario minimo.

Ma i pericoli per la democrazie non si fermano all’Isds, il consiglio per la Cooperazione Regolativa prevederebbe una forma permanente di consultazione preventiva: è infatti previsto che le multinazionali siano interpellate già nella fase preliminare dell’elaborazione di norme e leggi se si presume che possano essere toccati i loro interessi economici.

Il rischio è che i trattati intervengano pesantemente sulla libertà e l’autonomia degli stati, di fatto legittimando pressioni affinché vengano ammesse tecnologie pericolose, abbassati gli standard di sicurezza, avviati pesanti processi di privatizzazione, deregolamentate ancora di più le norme sul lavoro e sulla mobilità dei lavoratori.

Per questo la Fiom ritiene fondamentale e si ritiene impegnata nella mobilitazione promossa dai comitati e la raccolta delle firme per il blocco dei trattati inseriti nella campagna STOP TTIP

 

Firma e fai firmare la petizione online contro TTIP E CETA su https://stop-ttip.org/firma/

 

 

 

2. FIOM CGIL nazionale: Il mondo si mobilita contro il TTIP

Fiom Cgil nazionale del 18 aprile 2015

 

18 aprile: il mondo si mobilita contro TTIP e trattati di libero scambio Saranno 200 nel nostro Paese, migliaia in tutto il mondo. Le organizzazioni in difesa dell’ambiente e della società civile si troveranno nelle piazze di più continenti, per esigere il blocco degli accordi internazionali sul commercio e gli investimenti. L’Europa e l’Italia, insieme agli Stati Uniti, chiederanno l’arresto delle trattative sul TTIP.


Sabato 18 aprile cittadini e movimenti della società civile scenderanno nelle piazze di oltre 300 città in tutto il mondo (saranno decine in Italia), per chiedere di fermare i trattati di libero scambio con uno slogan comune:

“Le persone e il pianeta prima dei profitti”. Il più importante per lo scacchiere geopolitico globale è il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), che gli Stati Uniti stanno discutendo in sostanziale segreto con l’Unione Europea. L’accordo prevede l’abbattimento di tutte le barriere non tariffarie al commercio, ossia normative e regolamenti a protezione di beni comuni e servizi pubblici, che le grandi compagnie multinazionali che spingono per la chiusura dell’accordo ambiscono a monetizzare. In cambio di un abbassamento degli standard qualitativi, nonostante le promesse dei promotori, gli studi più ottimistici prevedono nel caso improbabile in cui tutte le condizioni fossero soddisfatte un aumento del PIL europeo appena dello 0.5%, a partire dal 2027. Quelli meno ottimistici, una perdita di posti di lavoro in UE di minimo 600 mila unità.

Stime che non tengono conto dell’aleatorietà delle ipotesi, considerato che solo per l’Italia e per le sue politiche economiche degli ultimi anni,  recenti studi della CGIL hanno mostrato scostamenti tra l’ipotizzato e il reale di più del 14%.

L’approvazione del TTIP costituirebbe l’architrave di un cambio di sistema economico che presenta forti rischi per la sostenibilità sociale e ambientale, già in pericolosa deriva. L’Italia potrebbe veder travolti i suoi settori fondamentali: agricolo, industriale, dei servizi pubblici. Più che un
volano per le piccole imprese, il trattato transatlantico è la loro più grave minaccia di finire rapidamente fuori mercato. Per questo, le oltre 200 organizzazioni nazionali che hanno aderito alla Campagna Stop TTIP Italia parteciperanno alla giornata di azione globale con circa 30 iniziative in tutto il Paese. Vi saranno manifestazioni e flash mob nelle grandi città – da Roma a Milano, da Torino a Napoli, fino a Firenze – e in molti centri
minori.

Sarà l’occasione per unire le voci ed esprimere un netto rifiuto nei confronti di un modello di architettura sociale che deve segnare il passo.

Lo dimostra il grande movimento che si è addensato a livello comunitario, unito e deciso nel chiedere maggiore trasparenza alla Commissione Europea nel processo negoziale. E anche nel denunciare i rischi di un abbattimento dei regolamenti che si tradurrebbe in un degrado dei livelli di salute dell’ecosistema, assistenza sanitaria, accesso all’istruzione e al mondo del lavoro. In una parola, di democrazia. Oltre un milione e 700 mila cittadini europei hanno sottoscritto la petizione per chiedere alla Commissione l’immediato arresto delle trattative sul TTIP. Una raccolta di firme che prosegue intercettando il crescente consenso dell’opinione pubblica sul tema, con l’intento di tagliare il traguardo dei 2 milioni ad ottobre.

L’intenzione dei due blocchi, USA e UE, è convergere su una bozza di accordo entro quest’anno, ma la forza dell’opposizione sociale e la richiesta di maggiore trasparenza sta rallentando le decisioni. Una parte del Parlamento Europeo si è detta contraria a un’armonizzazione delle normative con quelle degli Stati Uniti, perché i rischi sono troppo alti e il processo irreversibile.

Il TTIP può e deve essere fermato, come sta chiedendo da più di un anno la società civile globale e il 18 Aprile è un’altra decisiva tappa del percorso di opposizione sociale ai trattati di libero scambio.

 

 

Category: Lavoro e Sindacato, Osservatorio Europa, Osservatorio internazionale

About Valentina Orazzini: Valentina Orazzini ha fatto parte del Direttivo Fisac, Cgil Lazio e attualmente è Responsabile Ufficio Europa per la Fiom Cgil Nazionale. Ha scritto per www.inchiestaonline.it (rubrica "Lavoro e sindacato") un pezzo su Stop TTPP (21 aprile 2015), un articolo insieme a Michele De Palma sulla contestazione della BCE a Francoforte (23 marzo 2015) e il suo intervento alla Conferenza dei quadri Cgil del 13 ottobre 2014.

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