Valentina Orazzini: Pour que le jour se leve. Perché il giorno si levi

| 4 Maggio 2016 | Comments (0)

 

 

 

 

Diffondiamo da portale della Fiom-cgil del 4 maggio 2016. Su ciò che sta avvenendo a Parigi abbiamo pubblicato l’articolo di Bruno Giorgini  “La Francia in piazza, ma sarà un nuovo maggio?” del 5 aprile 2016 su questa rivista.

In sciopero di giorno e in piedi la notte, questo l’auspicio dei molti che si stanno mobilitando in Francia da ormai quasi due mesi, alla rincorsa dell’unione tra il giorno e la notte perché la necessità è quella di mettere un granello di sabbia dappertutto « Il faut mettre des grains de sable partout. », per bloccare tutto, per cambiare tutto.

Dall’annuncio della riforma del lavoro così detta El Khourmi in Francia (che potete leggere qui in pillole) è stata subito risposta d’agitazione, organizzata e spontanea. E’ partito un appello on line- che trovate qui- che ha raccolto più di un milione di firme in due settimane e che ha dato subito al governo il senso del crollo di un’opinione pubblica già non favorevole (a oggi circa il 70% dei francesi si dichiara contro la riforma); sono partiti i sindacati con manifestazioni e scioperi (quello del 28 aprile è stato il quarto), si sono fermate spontaneamente le scuole, le università, i precari, si è creata una frattura non solo tra governo e lavoratori ma soprattutto tra governo e giovani che sono scesi in piazza sotto i cartelli con scritto: “saremo noi i lavoratori precari di domani” “on vaut mieux que ça! vogliamo più di questo”.

Nei mesi precedenti alla riforma François Ruffin ha girato un film dal titolo “Merci Patron!”, ora nelle sale in Francia, che racconta la vertenza positiva condotta contro Bernard Arnault proprietario di LVMH (il “polo” del lusso francese) conclusa con un indennizzo di 40.000€ a un lavoratore ingiustamente licenziato e a seguito della vertenza riassunto a tempo indeterminato.

Il regista vicino a un collettivo che si raccoglie nella pubblicazione di un giornale bimestrale chiamato Fakir (link) si rende conto a ogni presentazione del film alla quale partecipa che la narrazione di una vertenza positiva libera energia tra le persone, che tutti si trovano vicini nella voglia di provare a sfidare l’esistente rinforzati dal fatto che “la lotta paga” e che però se ne vanno tutti dalla sala chiedendosi dove portare quell’energia che si libera. Da lì l’idea di lanciare la sera della manifestazione nazionale del 31 marzo a Parigi a Place de la Republique: una proiezione pubblica del film unita a un appello (qui), “stasera non rientriamo a casa”. La proiezione si trasforma in un’assemblea che decide di prendersi la piazza e di cambiare il corso degli eventi. Dal 31 marzo Place de la Republique è diventa Piazza della Comune, come l’hanno ribattezzata gli attivisti che da allora siedono li tutti i pomeriggi in gruppi di lavoro e tutte le sere in assemblee generali orizzontali dove chiunque è libero di alzarsi e prendere la parola. Dal 31 marzo il corso del tempo ha virato, la piazza ha proclamato infatti che quel marzo non si sarebbe arreso, “non sarebbe mai finito” inaugurando un nuovo calendario: 32 marzo, 33 marzo, 34 marzo…. mentre stiamo scrivendo siamo arrivati al 63 marzo.

Parlare di Nuit Debout non è facile, l’impressione nell’attraversare la piazza e le discussioni che li si tengono è che sia tutto animato da molto spontaneismo: si passa da un gruppo che discute di antispecismo alla radio della piazza, dalla commissione sciopero generale alle femministe, dagli agricoltori, ai gruppi di supporto tecnico a chi riscrive la costituzione a chi discute di Ttip (il contestato – e pessimo – trattato commerciale transatlantico). Le anime in piazza sono molteplici e non necessariamente riconoscibili in realtà organizzate, la piazza è strutturata in maniera orizzontale ognuno prende liberamente parola, un linguaggio di segni comuni per gestire l’assemblea che tutti i giorni si tiene dalle 18h del pomeriggio in poi. Attorno alla piazza gravitano dagli Intermittenti e precari dello spettacolo1 senza esserne parte integrante, il collettivo Fakir, i liceali e gli universitari studenti e professori (tra cui Frédéric Lordon uno dei fondatori degli économistes atterrés).

Oltre lo spontaneismo la piazza sembra però catalizzare energie che arrivano da molto più lontano e che li sono maturate perché a mio parere quello che sta accadendo in Francia, al di là della lodevole resistenza alla riforma, è un fatto molto importante: il rivelarsi la consapevolezza dei giovani, degli studenti che si dichiarano già i lavoratori precari del domani. C’è un’intera generazione – che in realtà non è semplicemente delimitata da un fattore anagrafico – che si fa costituente, che si fa portatrice di un processo di ri-sindacalizzazione della società, che cerca di opporsi a un modello che ha schiacciato tutti, operai, intellettuali, studenti nel precariato selvaggio che il capitalismo utilizza per servire al meglio i propri azionisti.

Nelle giornate precedenti lo sciopero del 28 marzo un’assemblea promossa alla Bourse du Travail spinge la discussione in avanti: come strutturarsi per poter durare, quali obiettivi, quale il passo successivo? Il movimento si trova spinto in avanti in una discussione che guarda al sindacato come principale soggetto con cui realizzare la convergenza delle lotte che capeggia su tutte le assemblee di Nuit Debout.

L’interlocuzione non è facile, da un lato il timore che il sindacato possa mettere sulla piazza un cappello, verticalizzare e ingessare la discussione; dall’altra l’apertura fatta dalla Cgt le viene fatta scontare tutta al congresso di Marsiglia, durante il quale la stampa usa contro il primo sindacato francese il poster che la federazione della comunicazione fa a sostegno degli attivisti e contro la polizia che reprime ad ogni occasione la protesta tra lacrimogeni e cariche.

Tuttavia in vista del 28 il segretario generale della Cgt incontra il movimento e dopo la manifestazione decide di accettare l’invito ad andare a place de la Republique.

La Fiom in quei giorni ha deciso di esserci inviando una delegazione (qui nota stampa) per incontrare il sindacato francese, prendere parte alla manifestazione e all’assemblea di Nuit Debout.

Una “missione” decisa in primo luogo perché in Francia con grande retorica si sta utilizzando il Jobs Act italiano come metro positivo di paragone della riforma di cui noi invece conosciamo bene gli esiti, perché quello che accade oltralpe è uno dei tanti fronti aperti in Europa sul quale bisognerebbe capire come far si che il sindacato europeo dia una risposta generale e di sistema; e poi perché la composizione di un fronte allargato e di un’alleanza tra lavoratori garantiti e non garantiti e con i giovani ha molto da insegnare a tutti nelle pratiche prima ancora che nella teoria. In questi giorni ho sentito spesso critiche sul fatto che i migranti e le periferie, le banlieu, non fossero centrali nella discussione, tuttavia viene da pensare che per quanto classico sia il binomio che accumuna contemporaneamente (insieme è un’altra cosa) studenti e operai nelle strade, la consapevolezza che ne emerge è quella di una generazione che non vuole continuare a fare da carne da macello e che reclama per stessa, e non solo, un mondo diverso, è proprio quello che mette in discussione il paradigma neoliberista dentro al quale Tina impera (There Is No Alternative non ci sono alternative) e che porta con se l’irrigidimento di tutto il resto.

Dal mio parziale punto di vista che è quello di una sindacalista che segue l’Europa, perché questa grandissima mobilitazione riesca nell’impossibile compito di mettere insieme il giorno e la notte, perché la forza di resistenza diventi dilagante e incessante e travolga la riforma ma sia anche capace di andare oltre – oltre lo stato d’urgenza imposto dopo gli attentati, oltre le politiche di austerità, oltre la crisi della classe politica francese, oltre il nazionalismo redivivo dalle elezioni appena scorse – facendosi forza resistente e costituente, serve un passo ulteriore. Questo passo, che rischia di essere fragile e perciò preziosissimo potrebbe mettere insieme i lavoratori (e il sindacato nei posti di lavoro), i liceali che occupano le scuole (alcune insieme ai migranti), i precari, i lavoratori intermittenti dello spettacolo, gli atenei in blocco e i movimenti sociali. Il 28 aprile con tutto questo ha fatto le prove generali di discussione mettendo molti di questi soggetti davanti a un microfono e seduti in piazza.

Il primo obiettivo è stato almeno nominare i reciproci sospetti e alcune delle domande raccolte a maggioranza e rivolte al sindacato lo dimostrano: “i valori della Cgt sono compatibili con Nuit Debout?”, “ci sono problemi di corruzione nel sindacato?”.

Alla discussione prendono parte la Cgt con numerosi esponenti di varie categorie, Solidaire, Sud Commerce e molti delegati: Air France, i macchinisti, lavoratori del Mac Donald, intermittenti dello spettacolo – che chiedono supporto alla piazza nelle occupazioni dei vari teatri tra cui l’Odeon effettuate a Parigi negli stessi giorni -, tassisti, lavoratori della sanità, e molti altri.

I lavoratori della comunicazione e dell’informatica della Cgt mettono a disposizione le proprie competenze al movimento mentre gli studenti si mettono a disposizione degli scioperi e chiedono aiuto a riattivare la partecipazione dopo le vacanze (in Francia in queste settimane i licei erano in congedo e le Università erano impegnate nella sessione esami).

Dalla piazza ripetutamente in un crescendo che arriva fino all’intervento finale di Philippe Martinez, il segretario generale della Cgt, si leva un coro che interroga il sindacato e lo sfida sullo sciopero generale: “tous ensemble tous ensemble greve general”.

Il sindacato si offre al confronto: “C’è bisogno di voi – dice Martinez – c’è bisogno di movimenti cittadini dappertutto perché la convergenza delle lotte deve portarci a riscrivere la cittadinanza a rivendicare una sua piena applicazione: nei posti di lavoro, in tutto il paese. Dobbiamo allargare lo sciopero e discutere di come, di come possiamo andare tutti insieme anche nelle aziende dove i militanti sono repressi perché scioperano. Noi siamo pronti ad andare avanti, non ci fermeremo fino alla fine senza ambiguità perché siamo per la convergenza delle lotte andando a discutere con i nostri lavoratori, creando fiducia e le condizioni perché la prospettiva al di là di questa legge sia la trasformazione della società e il progresso sociale”.

La piazza li sfida a tornare e sulla riuscita di questo asse si gioca molto della reciproca efficacia.

Due i punti che da sindacalista vedo da Parigi. Il primo, portare a casa l’obiettivo comune: il ritiro della legge El Khourmi per dimostrare che è possibile e che insieme si può andare avanti fino a rimettere in discussione tutto, fino a cambiare paradigma, trasformando la società come dicono in piazza e come dice il segretario confederale, risindacalizzandola anche, dando delle risposte ai lavoratori spremuti dalla crisi e ai giovani che reclamano il diritto all’avvenire. Il secondo, ancora più difficile del primo: estendere il dominio della coalizione, se è vero che la Francia è uno dei fronti aperti allora non resta che mettere insieme una battaglia comune, una rivendicazione comune: Nuit Debout l’ha capito subito e il 7 e l’8 maggio ha già lanciato un appello per un’assemblea internazionale a Place de la Republique. A mio avviso anche il sindacato europeo ha la possibilità e la responsabilità di mettere insieme la mobilitazione francese con quella italiana, finlandese e con i lavoratori greci che chiedono il diritto alla contrattazione collettiva.

 


1 i lavoratori intermittenti dello spettacolo in Francia sono i lavoratori che lavorano nello spettacolo, nella fotografia nel cinema, hanno uno statuto che disciplina il loro trattamento che è rimesso in discussione dalla legge El Khourmi che interviene su questa materia nei suoi annessi; per lavoratori dello spettacolo non s’intendono solo gli attori o i registi ma anche tutto ciò che a questo gravita attorno, come per esempio i tecnici luci, suoni etc. Un settore che va da se non può avere un ciclo di produzione continua poiché banalmente la creatività non può essere un’attività continua così come tutti coloro che gravitano attorno a questo settore sono legati a tempi intermittenti di chiamata al lavoro. Poiché il lavoro è intermittente ma la vita no, i lavoratori dello spettacolo francesi con lunghe lotte nei decenni scorsi sono riusciti ad ottenere uno statuto che assicura loro – nel caso in cui svolgano almeno 507ore di lavoro in 10 mesi (adesso 12 dopo l’accordo sindacale della notte del 27 aprile) un reddito annuale che dia loro la possibilità di sostenere i propri bisogni dignitosamente anche nei periodi appunto d’intermittenza.

 

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Category: Lavoro e Sindacato, Osservatorio Europa

About Valentina Orazzini: Valentina Orazzini ha fatto parte del Direttivo Fisac, Cgil Lazio e attualmente è Responsabile Ufficio Europa per la Fiom Cgil Nazionale. Ha scritto per www.inchiestaonline.it (rubrica "Lavoro e sindacato") un pezzo su Stop TTPP (21 aprile 2015), un articolo insieme a Michele De Palma sulla contestazione della BCE a Francoforte (23 marzo 2015) e il suo intervento alla Conferenza dei quadri Cgil del 13 ottobre 2014.

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