Un padrone a Fermo aveva licenza di uccidere i due operai che volevano farsi pagare?

| 16 Settembre 2014 | Comments (0)


 

Diffondiamo dalla stampa on line le prime  notizie e valutazioni sul gravissimo episodio avvenuto a Fermo nelle Marche. Un padrone di una impresa edile Gianluca Ciferri di 48 anni ha ucciso a colpi di pistola  Mustafa Neomedim di 38 anni, padre di tre figli, e Avdyli Valdet, 26 anni, entrambi provenienti del Kosovo, operai edili, che si sono recati nella sua villa per chiedere che fossero pagati i salari arretrati ( si parla di 16mila euro complessivi) i due operai avevano affrontato l’imprenditore con una piccozza.

 

1. Alessandro Fulloni : Imprenditore spara a due operai 
e li uccide: volevano farsi pagare

www.corriere.it del 14 dicembre 2014

E’ successo a Fermo, nelle Marche. Le vittime sono du slavi che, armati di piccone, avevano chiesto saldo di lavoro svolto mesi fa. Cgil: tragedia simbolo di grave tensione.

Chiedono il pagamento di un lavoro svolto mesi fa presentandosi con un piccone. Il costruttore prende una pistola e li ammazza. È successo nella mattinata di lunedì a Fermo, nelle Marche. Due i morti, uno slavo e un kossovaro di 38 e 26 anni, suoi ex dipendenti, che per avere la somma (mensilità e liquidazione) avevano anche fatto causa. Dopo il duplice delitto a casa dell’imprenditore è giunta la moglie. Sotto choc, sconvolta alla vista di uno dei due cadaveri sul pavimento. L’hanno sentita mentre continuava a gridare: «Come hai potuto…». Al di fuori della villa c’era un’altra donna, la compagna di uno dei due operai. Sin lì li aveva accompagnati lei. E pur avendo sentito i colpi di arma da fuoco non si era resa conto che il marito fosse stato ucciso. Glielo hanno detto i carabinieri.

Le vittime sono due extracomunitari

A sparare agli operai, Mustafa Neomedim, 38 anni, kossovaro, e Avdyli Valdet, 26 anni (non è nota la nazionalità), è stato il loro ex datore di lavoro, Gianluca Ciferri, 48 anni, titolare di un’impresa edile a Fermo. I due lo avevano affrontato armati di piccone per farsi consegnare i soldi che chiedevano da tempo. Ciferri, accusato di duplice omicidio, è in carcere. È stato lui a chiamare il 112. I carabinieri non escludono comunque l’ipotesi dell’estorsione.

I due avevano fatto causa al costruttore

Ci sono alcune prestazioni lavorative non pagate, diverse mensilità e una liquidazione che le due vittime rivendicavano da tempo, dietro la sparatoria. Una vicenda di cui era informata anche la Camera del Lavoro territoriale di Fermo. Neomedim è stato infatti iscritto alla Cgil. Tanto che alla Fillea l’uomo aveva raccontato le sue tribolazioni. Inizialmente non voleva avviare una vertenza, evidentemente per non arroventare il rapporto con Ciferri – al quale telefonava periodicamente per chiedere le spettanze – confidando in una soluzione positiva. Poi aveva cambiato idea, anche dopo il sopraggiunto licenziamento. Si era poi rivolto alla Uil che aveva avviato un’ingiunzione di pagamento.

La colluttazione, poi gli spari

Secondo una prima ricostruzione i due operai avrebbero raggiunto la villetta con giardino dove Ciferri vive con la moglie e tre figli. Avevano con sé un piccone. Avrebbero chiesto soldi per l’ennesima volta, e presto i tre sarebbero venuti alle mani. Una colluttazione violenta, al culmine della quale Ciferri avrebbe preso la pistola (che teneva regolarmente in casa assieme ad altre armi da caccia) e avrebbe fatto fuoco ad altezza d’uomo: uno dei due operai è morto subito, l’altro ha tentato di mettersi in salvo, prima cercando riparo sotto un tavolo e poi fuggendo al di fuori dell’abitazione. I soccorritori l’hanno ritrovato agonizzante in un campo di girasoli: poco dopo il ricovero, la morte.

«Ho dovuto difendermi da un’aggressione»

Il costruttore ha detto ai carabinieri di essersi dovuto difendere da un’aggressione, un vero e proprio agguato. Ciferri era solo in casa, ha detto. Stava facendo dei lavori all’esterno della villetta di famiglia e sarebbe stato sorpreso, è la sua versione, alle spalle dai due ex operai. L’imprenditore avrebbe tentato una reazione, poi si è diretto in garage, dove teneva le armi sequestrate più tardi dagli investigatori. Attimi di terribile concitazione, seguiti dall’esplosione di cinque o sei colpi. Due dei quali hanno centrato mortalmente i suoi ex dipendenti.

«Ho visto quel ragazzo accasciarsi davanti a me»

«Ciferri? Non lo conoscevo bene, sapevo che lavorava sempre, ma mi era da sempre parsa una persona tranquilla – racconta un vicino di casa del costruttore, Primo Frollo -. Il ragazzo colpito dal proiettile è passato proprio di fronte a me, che stavo lavorando nei campi, ma non sembrava stesse così male. Dopo due secondi, si è accasciato nel prato davanti casa mia».

La Cgil: «Tragedia sintomo di tensione sociale»

«Una tragedia che per modalità e dinamica è il sintomo delle tensioni sociali, presenti anche in questo territorio attorno al mondo del lavoro» dice a caldo Maurizio Di Cosmo, segretario della Cgil provinciale. «Il lavoro è precario, non viene nemmeno pagato… Al di là delle responsabilità penali dell’accaduto – osserva il sindacalista – è evidente la drammatica urgenza di dare risposte, reddito, tutela ai lavoratori». Storie come quella accaduta a Fermo alla Cgil ne ascoltano tante. «Se pretendi i soldi, e soprattutto se sei un extracomunitario, è facile che il datore di lavoro ti accolga tirando fuori la pistola dal cassetto – racconta un dirigente Fillea -. E a quel punto te ne vai, senza niente in mano. Non chiami neanche più per avere quel che ti spetta di diritto»

Due operai affrontano imprenditore con piccozza. Lui spara e li uccide

Il fatto a Molino Girola, in provincia di Fermo. Secondo le prime ricostruzioni le due vittime, Mustafa Neomedim, 38 anni, e Avdyli Valdet, 26 anni, sono andate a casa di Gianluca Ciferri per rivendicare somme non saldate e lo hanno affrontato con una piccozza. L’uomo, che sostiene di essersi soltanto difeso, è stato arrestato per duplice omicidio

 

 

2. Due operai affrontano imprenditore con piccozza. Lui spara e li uccide

Redazione Il fatto quotidiano 15 settembre 2014

Loro erano armati di piccone, lui gli ha sparato e li ha uccisi. Sono due operai edili stranieri le vittime della sparatoria avvenuta a Molino Girola (Fermo). Secondo le prime ricostruzioni, i due uomini sarebbero andati nella casa dove l’imprenditore Gianluca Ciferri vive con moglie e tre figli per discutere di conti non saldati. I due operai, Mustafa Neomedim, 38 anni, e Avdyli Valdet, 26 anni, kosovaro, lo hanno affrontato armati di piccozza probabilmente per farsi consegnare del denaro. Ciferri ha sparato e ora si trova ora nella caserma dei carabinieri. Alla base della lite ci sarebbero state alcune prestazioni lavorative non pagate, una somma di denaro che le due vittime rivendicavano da tempo.

Sarebbe stato lo stesso Ciferri, dopo la sparatoria, a chiamare i soccorsi e i carabinieri. Secondo il suo racconto, i due ex dipendenti sono arrivati a casa sua, in un’area residenziale a ridosso di alcuni capannoni delle imprese calzaturiere del comprensorio fermano, e lo hanno affrontato brandendo una piccozza per ottenere del denaro per un lavoro fatto. La discussione è presto degenerata in una colluttazione, e a quel punto l’imprenditore avrebbe impugnato la pistola, regolarmente detenuta, ed esploso vari colpi. Uno degli operai è morto sul colpo, l’altro ha cercato riparo ma è stramazzato a terra agonizzante: il decesso poco dopo il ricovero in ospedale. I due sarebbero stati colpiti da un colpo ciascuno, ma i proiettili sparati sarebbero cinque o sei.

I due operai, entrambi incensurati e con un regolare permesso di soggiorno, si erano rivolti ad un giudice dopo il licenziamento avvenuto in estate: rivendicavano una somma di denaro non corrisposta, anche se i carabinieri non escludono neppure un tentativo di estorsione nei confronti da Ciferri, che afferma di aver sparato per legittima difesa e che è stato arrestato per duplice omicidio. Al momento della sparatoria Ciferri era solo in casa: stava facendo dei lavori all’esterno della villetta di famiglia e sarebbe stato sorpreso alle spalle dai due ex operai. L’imprenditore avrebbe raccontato ai militari di aver tentato una reazione, e di essersi poi diretto in garage, dove teneva la pistola. Attimi di concitazione, seguiti dalla raffica di colpi, che non ha lasciato scampo ai due lavoratori.

Le richieste dei due lavoratori erano state diverse, reiterate e non ascoltate“. È il commento del segretario provinciale della Cgil Maurizio Di Cosmo, che ha aggiunto che i due “rivendicavano mensilità arretrate, un problema comune a molte piccole aziende edili, mentre la crisi sta sconquassando la tenuta sociale dei territori”. Uno dei due operai, Mustafa Neomedim, fino a pochi mesi fa era iscritto alla Fillea Cgil, ma da quando aveva perso il lavoro non aveva rinnovato la tessera. Si era rivolto alla Uil, che pare avesse avviato l’iter per un’ingiunzione di pagamento a carico di Ciferri. La vicenda insomma era nota ai sindacati. Secondo Di Cosmo, Mustafa e Avdyli Valdet “non riuscivano più a mettere insieme neppure i soldi per mangiare“.

 

 

3. Loris Campetti : Marche, dove la lotta di classe muore e gli imprenditori regolano i conti alla vecchia maniera

Il Manifesto bologna 15 settembre 2014

“La pistola era regolarmente detenuta”, dicono le prime notizie d’agenzia battute poco dopo la sparatoria. Dunque, tutto regolare: due immigrati kosovari arrivano a casa di uno specchiato cittadino di Fermo, Gianluca Ciferri, armati di piccone per chiedere soldi, lui mette mano alla rivoltella e li ammazza tutti e due. Se la sono cercata, Mustafa e Avdyli.

Poi si scopre che l’edile pistolero era il datore di lavoro di quei due poveri cristi che probabilmente, riferiscono sempre le cronache a caldo, volevano farsi dare il compenso pattuito per il lavoro fatto e, evidentemente, mai retribuito. Se le cose stessero davvero così, si tratterebbe di un duplice omicidio di un padrone che ammazza due suoi operai troppo pretenziosi, per di più armati di piccone.

Così, nelle democratiche Marche dove la lotta di classe è morta e operai e padroni vanno d’amore e d’accordo perché sono sulla stessa barca, stando a quando dicono gli imprenditori democratici Della Valle e Merloni, si torna a regolare i conti tra imprenditori e dipendenti come ai vecchi tempi, quando non c’erano lacci e lacciuoli a frenare l’ordine naturale delle cose, regolato dagli spiriti animali del capitalismo.

Ma in fondo, Mustafa e Avdyli non erano che due muratori. Kosovari. Armati di piccone.

 

4.  Sergio Sinigaglia: Fermo: Diritti negati a morte. Storie di macelleria sociale

Il manifesto bologna 16 settembre 2014

Con il passare delle ore il quadro del duplice omicidio di ieri nel fermano diventa sempre più chiaro. Mustafa Neomedim 38 anni, padre di tre figli e Avdyli Valdet, 26 anni, entrambi provenienti del Kosovo, operai edili, si sono recati nella villa del costruttore Gianluca Ciferri di 48 anni per chiedere che fossero pagati i salari arretrati. Si parla di 16mila euro complessivi, di cui 10mila dovevano essere saldati a Mustafa. Quest’ultimo, iscritto fino a poco tempo fa alla Filleaa Cgil, da mesi, insieme al collega più giovane, chiedeva inutilmente di poter ricevere le retribuzioni non pagate. I due rimasti erano stati licenziati questa estate e erano quasi alla fame. Campavano con lavoretti saltuari in uni stati di grevi difficoltà.

La discussione si è fatta accesa. Si parla di un presunto piccone in mano a uno dei due. Fatto sta che Ciferri ha impugnato una pistola e ha iniziato a sparare. Neomedim si è subito accasciato colpito mortalmente, Valdet ha cercato la fuga ma è stato colpito alle spalle in prossimità del cancello della villa. A dimostrazione della volontà di uccidere. L’assassino ha parlato di “legittima difesa di fronte all’aggressione”, ma è evidente che sia una tesi pretestuosa. I giornali, le stesse organizzazioni sindacali parlano di “tragedia della crisi”.

Ma non siamo di fronte a un incidente automobilistico, ma ad una vero atto omicida contro due lavoratori che rivendicavano il diritto di vedersi saldato il frutto del proprio lavoro. Del resto ormai l’arroganza padronale non ha più freni. Sono innumerevoli i casi di lavoratori che devono ricorrere alle vie legali per cercare di farsi pagare. Lo affermano anche i rappresentanti della Fillea, i quali ricordano come in tanti “rivendicano mensilità arretrate” in un comparto dove dal 2009 nelle Marche sono spariti dodicimila posti di lavoro e hanno chiuso tremila imprese.

In questo scenario le organizzazioni sindacali si barcamenano, per usare un eufemismo, la classe politica si mette sull’attenti davanti ai diktat della Troika e i lavoratori vengono massacrati dalla macelleria sociale in atto. E ora anche sparati a morte. Fino a quando si andrà avanti cosi?

 

 

 

 

Category: Lavoro e Sindacato

About Loris Campetti: Nato a Macerata nel 1948, ha conseguito la laurea in Chimica nel 1972 e ha insegnato per anni nella scuola media. Entra nel mondo del giornalismo sul finire degli anni '70, dirigendo per circa dieci anni la redazione torinese de il Manifesto. Negli anni successivi per lo stesso quotidiano è inviato per le questioni europee, caposervizio dell'economia e caporedattore. Ha fatto parte del comitato di gestione de il Manifesto. Esperto di relazioni industriali i suoi articoli e libri sono dedicati a questioni sindacali.Ha pubblicato il libro Non Fiat (Cooper , Castevecchi 2002) e Ilva connection. Inchiesta sulla ragnatela di corruzioni, omissioni, colpevole negligenza, sui Riva e le istituzioni (Editore Manni 2013)

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