Salvatore Cannavò: Ripartire dal mutuo soccorso

| 9 Luglio 2015 | Comments (0)

 

La sconfitta del movimento operaio alle nostre spalle è profonda, più di quanto si creda o si voglia ammettere. Tutto quello che accade autorizza a ritenere concluso un ciclo storico, quello lungo apertosi con la formazione stessa del movimento operaio, delle sue strutture, partiti, sindacati, associazioni, per un nuovo periodo contrassegnato dall’ignoto. La fase attuale, inoltre, si nutre di un’altra crisi profonda, quella della democrazia parlamentare e rappresentativa divelta dalla ricerca del massimo profitto e dal suo bisogno di velocizzare le decisioni e aggirare il dibattito. Matteo Renzi è frutto di questa necessità così come il bisogno di uomini forti e di nuovi populismi.

La fase attuale assomiglia così alla seconda metà dell’800, agli albori del movimento operaio perché oggi  il problema di fondo non è più solo ricostruire le forme rappresentative sconfitte – ad esempio, una fantomatica sinistra – ma gli ingredienti essenziali che formano un nuovo movimento del lavoro e del non lavoro. Si tratta di ricominciare e quindi di rifarsi alla metodologia che portò alla formazione del vecchio movimento operaio. Ricostruire la solidarietà, a partire dal Mutuo soccorso non come surrogato del welfare in crisi ma come filo di sutura delle fratture sociali; ricostruire una dimensione vertenziale, non come conflitto rappresentato o mediatico ma come piccole vittorie da accumulare; ricostruire una dimensione internazionale per stare all’altezza della globalizzazione del nostro tempo.

Quello che può sorreggerci è la riscoperta dell’esperienza esemplare. La fine del vecchio movimento operaio si porta dietro anche la fine dei suoi modelli. Non più il “modello tedesco” in cui si strutturano nazionalmente e in maniera possente, grandi sindacati, grandi partiti, grandi strutture di organizzazione sociale. E’ piuttosto il tempo di eperienze esemplari che, con la loro realtà materiale, rendano credibile un nuovo racconto. Emergency è una esperienza esemplare così come il recupero dei centri sequestrati alla mafia da parte di Libera o la fabbrica recuperata Rimaflow che allude, chiaramente, a un’altra idea di economia e di solidarietà operaia. L’esempio permette di conferire nuova legittimità a idee che, altrimenti, verrebbero strozzate dalla retorica propagandistica. L’esperienza esemplare del mutuo soccorso, ad esempio, può servire a ricostruire un’idea moderna del sindacato fondata sulle origini, sulla solidarietà di classe, sulla centralità degli iscritti contro gli apparati e l’istituzionalizzazione cui ha portato, appunto, il “modello tedesco”.

Il mutualismo, in particolare, può essere oggi non solo la forma che “lenisce” le rotture sistematiche del welfare state e quindi la progressiva perdita dei diritti sociali e di cittadinanza. Questa funzione, pure utile, lo rende più consono a una cultura della carità cristiana, sicuramente più avanzata delle culture politiche dominanti, ma alla lunga non sufficiente a progettare un’idea di trasformazione sociale.

Il mutuo soccorso, per essere davvero inscritto in una prospettiva progressiva, deve contenere coniugarsi a una conflittualità, avere obiettivi esigibili. Recuperare una fabbrica per chiedere sostegno a un lavoro di riqualificazione ecologica delle città e dell’economia; costruire una filiera di autoproduzione alimentare per affermare il lavoro con dignità e pienezza di diritti, a paratire da quello migrante (si pensi all’esperienza di SoS Rosarno o a Netzanet); costruire banche del tempo o, di nuovo, casse di mutuo soccorso per sostenere lotte in difesa del lavoro o della qualità della vita, contro progetti inquinanti.

Oltre a una funzione di mobilitazione sociale, però, il mutuo soccorso può intervenire positivamente per dare una veste concreta alla soggettività che dovrebbe incarnare il “comune”, la riappropriazione di beni pubblici a finalità sociale. Chi sono i soggetti depositari di una nuova idea della collettività se non quelle strutture che hanno già dimostrato sul campo la capacità di coniugare democrazia, partecipazione e finalità sociale del proprio agire. La discussione va oltre lo spazio di un articolo ma il potenziale democratico di forme nuove di mutualismo oggi è pari al suo potenziale sociale.

Infine, se davvero siamo al tempo della ricostruzione di fili e connessioni per un nuovo movimento di emancipazione, occorre coltivare gli spazi in cui far vivere quelle relazioni. Gli spazi di mutuo soccorso possono essere una formidabile traduzione concreta dell’idea di Coalizione sociale lanciata dalla Fiom e darne un volto immediatamente raggiungibile, frequentabile, abbordabile. Un luogo utile anche per un nuovo sindacato che, se davvero vuole giocare la sfida della ricostruzione, fare i conti con la sua impasse e il rischio di marginalità che oggi lo pervade, deve ampliare la propria dimensione “sociale” frequentando la contraddizione di classe non solo dentro al luogo di lavoro ma anche al di fuori di esso, nelle varie forme in cui si esplicita. Nell’esperienza multiforme e drammatica del sindacalismo statunitense è esistita la pratica dell’adozione di lotte: Adotta una lotta non è stata solo la pratica dell’IWW agli inizi del Novecento ma è stata riproposta negli anni 90 dall’associazione Jobs with Justice. Anche in questo modo si fa mutuo soccorso.

Il punto di partenza imposto dalle sconfitte rende questi percorsi vitali per ricostruire fiducia e solidarietà di classe. “Case del mutuo soccorso” in analogia con le Case del popolo in cui si redigevano i primi statuti del mutualismo operaio: oggi è cambiato il tempo e il contesto e il mutualismo deve incorporare una dose necessaria di 2.0. Ma il meccanismo che sta alla base del mutuo riconoscimento è lo stesso.

 

Category: Economia solidale, cooperativa, terzo settore, Lavoro e Sindacato, Precariato

About Salvatore Cannavò: Giornalista, nato nel 1964, ho lavorato per tredici anni al quotidiano Liberazione in cui sono stato vicedirettore con Sandro Curzi. Dal 2006 al 2008 sono stato anche deputato. Dopo aver lasciato gran parte della vita precedente, e un periodo di disoccupazione, ho ripreso a fare il giornalista a il Fatto Quotidiano dove dal 2010 mi occupo di economia e di tutto quello che riguarda il lavoro. Nel 2012 ho partecipato, volentieri, alla fondazione de il Fatto del lunedì. Dirigo la casa editrice Edizioni Alegre e faccio parte della rivista Letteraria. Ho scritto, Porto Alegre, capitale dei movimenti (manifestolibri, 2002), La rifondazione mancata (Edizioni Alegre, 2009), Altre Sanguisughe, l’Italia derubata (Aliberti, 2011), C’era una volta la Fiat (Edizioni Alegre, 2014).

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