Rossella Ercolano: Rappresentare i non rappresentati. Il sindacato studentesco in Italia

| 11 Ottobre 2016 | Comments (0)

 

 

1. Introduzione

Quando in Italia si parla di sindacato ci si riferisce di consueto alle tre Confederazioni sindacali dei lavoratori: la CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), la CISL (Confederazione Italiana Sindacati Liberi) e la UIL (Unione Italiana del Lavoro). Questo saggio invece riguarda un’organizzazione sindacale che non fa parte di questa triade: il sindacato degli studenti universitari italiani, l’Unione degli Universitari, che da vent’anni opera a fianco della CGIL per la difesa dei diritti degli studenti, e con la quale ha stipulato un patto di lavoro.

Nonostante il sindacato studentesco operi nelle università e nelle scuole medie superiori dal 1994, sia stato riconosciuto dalle strutture ministeriali della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica e sia stato interlocutore attivo nella scrittura di alcuni rilevanti testi di legge, dalla sua fondazione ancora non è conosciuto dalla maggior parte degli studenti universitari italiani che spesso non si rendono conto della complessità e della utilità dello strumento della rappresentanza quando adeguatamente utilizzata. Di ciò ne è prova il bassissimo dato di affluenza alle elezioni universitarie nazionali indette nel maggio 2016 per il rinnovo del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU). Il CNSU è l’organo consultivo di rappresentanza degli studenti iscritti ai corsi di laurea, di laurea specialistica, di specializzazione e di dottorato che formula pareri e proposte al ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca[1]; alle ultime elezioni nazionali infatti hanno votato solo circa centosessantamila studenti (dati MIUR 2016)[2] su una popolazione totale di all’incirca un milione e seicentomila aventi diritto (dati MIUR 2015).[3] Ha votato, quindi, solo il 10% degli elettori.

Il sindacato studentesco nasce in Italia nel 1994; prima con l’UDS (l’Unione degli Studenti) presente nelle scuole medie superiori e poi con l’UDU, sindacato studentesco degli studenti universitari; le due organizzazioni, entrambe ispirate al modello dei sindacati studenteschi francesi ed al più importante di questi, l’UNEF (Union National des Etudiants de France), opereranno insieme fin quando, tra il 2006 e il 2009, una serie di scissioni e scontri interni le porterà a separarsi e determinerà  la creazione di un nuovo soggetto sindacale per gli studenti medi e per gli universitari. Tre sono stati gli eventi catalizzatori che, in Italia, hanno determinato la nascita di queste organizzazioni: il primo è stato il movimento del 1985 noto come “I ragazzi dell’Ottantacinque”, il secondo è stato il movimento studentesco “La Pantera”, sorto in opposizione alla proposta di legge dell’allora ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, Antonio Ruberti, sull’autonomia finanziaria degli atenei (Legge n. 341/90), mentre il terzo è il mutamento del quadro politico italiano legato sia alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, sia alla successiva vicenda di “Mani Pulite”. Come ha mostrato un’estesa letteratura sociologica, storiografica e politologica, e come emergerà nel corso di questo lavoro, questi eventi hanno avuto un impatto duraturo su tutta la società italiana. Come è stato precedentemente detto, in Italia la sindacalizzazione delle associazioni studentesche si è ispirata al modello di sindacalizzazione studentesca di altri paesi europei, su tutti la Francia. Se in Italia, infatti, si inizia a ragionare in termini sindacali nell’ambito studentesco solo nel 1994, in Francia i sindacati studenteschi hanno una ben più lunga tradizione e storia. L’UNEF, al quale l’UDU si ispira e col quale ancora oggi condivide vertenze e battaglie sui principali temi di attualità europei, nasce nel 1907 come federazione di associazioni studentesche. L’UNEF è stato per lungo tempo l’unico sindacato esistente ed è ancora oggi il primo sindacato studentesco francese (Lagrange, Oberti 2006, p. 247).

Nel lavoro si cerca di mettere in relazione e capire le pratiche, i fatti, le dinamiche che hanno determinato le vicende del sindacato studentesco nel nostro paese soffermandosi sulla narrazione degli eventi maggiormente rilevanti della storia dell’Unione degli Universitari di portata nazionale.

Per lo spessore assunto dai movimenti che hanno preceduto la fondazione del sindacato studentesco prima di arrivare agli anni Novanta si farà uno “zoom” su questi, in particolare quello dell’Ottantacinque e de “La Pantera” che hanno fatto da premessa alla nascita del sindacato studentesco.

 

2. I primi passi del futuro sindacato studentesco: “I Ragazzi dell’85” e “La Pantera”

Dopo l’ondata di proteste studentesche del “Sessantotto” e del “Movimento del Settantasette” che videro impegnati studenti perlopiù universitari, a riaccendere la contestazione studentesca furono gli studenti medi superiori, nel 1985, con il movimento noto come “I Ragazzi dell’85”. Anche se è passato quasi del tutto inosservato nella storia dei movimenti studenteschi “I Ragazzi dell’85” ha avuto il merito di riportare gli studenti in piazza, nel nostro paese, dopo un lungo periodo di stasi durato circa otto anni.

A scatenare il malcontento tra gli studenti fu la legge finanziaria presentata dal governo Craxi il primo ottobre del 1985 quando a capo del Ministero della Pubblica Istruzione vi era il ministro Franca Falcucci; la legge prevedeva tagli alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse scolastiche nonché l’aumento delle tasse universitarie per gli studenti fuoricorso (Negrello 2004, p. 160).

Gli studenti medi superiori richiedevano la soddisfazione di alcuni bisogni che si potrebbero definire “elementari” senza i quali non era effettivamente possibile studiare. Le condizioni della scuola pubblica erano precarie, anche in termini di edilizia scolastica, mancavano infatti le sedi e le aule per poter svolgere la normale attività didattica; in alcune scuole, soprattutto al sud dove la situazione era addirittura peggiore rispetto a quella del nord, gli studenti erano costretti a fare i doppi turni a scuola.

La protesta studentesca sfociò, così, nelle due grandi manifestazioni del 9 e del 16 novembre 1985: la prima vide la partecipazione di centottanta città italiane e di un milione di studenti; la seconda manifestazione di carattere nazionale si tenne invece a Roma e vide la partecipazione di circa duecentomila studenti provenienti da tutta Italia (Siciliani De Cumis, Fersini 1986, pp.13-14).

Attraverso gli slogan lanciati durante la manifestazione di Roma del 16 novembre gli studenti rivendicavano il diritto allo studio e contestando il ministro Falcucci richiedevano migliori condizioni di studio: “Se non ci son le aule / a scuola non ci andiamo!”; “La scuola è a pezzi sta per crollare / ministro Falcucci te ne devi andare!”.[4]

Gli studenti che hanno animato il movimento “I Ragazzi dell’85”, anche se hanno riportato la contestazione studentesca dentro e fuori le scuole e l’università non hanno avuto lo stesso ruolo da protagonisti che avevano avuto otto anni prima quelli che hanno animato il “Movimento del Settantasette” e ancor prima quelli del “Sessantotto”. Essi, tuttavia, daranno vita in seguito al movimento “La Pantera”.[5]

C’è un collegamento tra i due movimenti: difatti i leader de “La Pantera” provenivano infatti dall’esperienza del movimento “I Ragazzi dell’85” che portarono nelle aule universitarie.

Il movimento de “La Pantera” ebbe origine nel dicembre del 1989 in opposizione alla proposta di legge dell’allora ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, Antonio Ruberti (Legge n. 341/90). “La Pantera” durò solo pochi mesi, fino alla primavera del 1990. La riforma dell’università che aveva scatenato il malcontento tra gli studenti introduceva l’autonomia finanziaria degli atenei e prevedeva l’ingresso dei privati nell’università.[6]

Il movimento riteneva poi che il diritto allo studio era compromesso dall’aumento delle tasse. In merito alla riforma, l’autonomia finanziaria degli atenei che essa introduceva, metteva fine all’università di massa e gerarchizzava gli atenei in quelli ritenuti di eccellenza, da un lato, e di seconda fila dall’altro. Con l’ingresso delle aziende nelle università si dava la possibilità di finanziare i corsi di studio che rispecchiavano maggiormente le esigenze dei loro piani industriali. Secondo il governo, che sarebbe stato l’ultimo guidato da Giulio Andreotti, il contributo delle aziende alleggeriva l’onere contributivo dello Stato nella ricerca. Lo stesso “progetto Ruberti” permetteva alle aziende di entrare nei consigli di amministrazione degli atenei.

Riportando il discorso sull’intenzione di attuare l’autonomia finanziaria delle università,  coloro che vi si opponevano ritenevano che ci sarebbe stato un declassamento della facoltà umanistiche in favore di quelle scientifiche e una svalutazione dei titoli di studio rilasciati da quegli atenei non in grado di reperire i fondi per la ricerca autonomamente; negli organi decisionali, inoltre, gli studenti rimanevano in numero minore rispetto ai docenti.

Vale la pena di notare che praticamente tutti questi provvedimenti sono stati poi confermati o reintrodotti dalla Legge n. 240/2010, la cosiddetta “Riforma Gelmini”, che a sua volta scatenò una forte ondata di contestazione all’atto della sua proposta e approvazione. Nel 1989, comunque, ad occupare per primi furono gli studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo il 6 dicembre del 1989. Essi non protestavano solo contro la Legge Ruberti, ma anche contro le condizioni materiali in cui si trovava la facoltà. Dopo pochi giorni procedevano le occupazioni in altre sette facoltà palermitane. A Palermo, il 20 dicembre, si svolse una grande manifestazione a cui presero parte circa diecimila studenti delle università e delle scuole impegnati, gli studenti medi, nelle proteste contro l’analogo progetto di riforma del ministro della Pubblica Istruzione Galloni.

“La Pantera” dilagò e il 15 gennaio fu occupata anche l’Università di Roma La Sapienza, durante un’assemblea tenutasi la mattina stessa di quel giorno.

La prima assemblea nazionale del movimento, a cui presero parte migliaia di studenti, fu convocata il primo febbraio del 1990. In quell’occasione si propose di allargare l’adesione a “ La Pantera” anche alle altre categorie universitarie: docenti, assegnisti, personale tecnico e amministrativo, anche se alla fine il movimento non fu in grado di andare oltre l’occupazione e trovare altre forme di lotta. Durante le occupazioni si svolgevano seminari autogestiti, corsi in collaborazione con docenti e si creavano biblioteche specifiche relegando in secondo piano il sapere nozionistico in favore della ricerca e dello studio sperimentale. La risposta della politica fu, almeno formalmente, di dialogo: «Il ministro Ruberti annunciò alcuni emendamenti alla legge, che andavano essenzialmente incontro alle richieste degli studenti controccupanti, raccolti dalle sigle delle federazioni giovanili di tutti i partiti, escluso il PCI e Democrazia Proletaria. Questi emendamenti davano una parte di rappresentanza negli organi centrali e rendevano obbligatori i pareri del Consiglio degli Studenti. L’ala “moderata” del movimento, raccolta intorno alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), fu più sensibile a questi emendamenti, che d’altronde erano appoggiati dal PCI».[7] Il primo marzo si tenne, a Firenze, una nuova assemblea nazionale con tutte le Facoltà occupate. L’assemblea sancì la spaccatura del movimento: la prima a smobilitare fu Napoli nel marzo del 1990, mentre l’ultima fu proprio la città in cui era nato il movimento, Palermo, in aprile.[8]

 

3. Lo scioglimento della FGCI

Gli esiti de “La Pantera” sono così sintetizzati dal ricercatore torinese Fabrizio Di Bonaventura: «Di fatto “La Pantera” non raggiunse compiutamente il suo obiettivo, poiché il processo di riforma delle università avviato dal Ministro Ruberti non fu bloccato. Tuttavia quel movimento segnò un punto di svolta nella storia dell’impegno politico studentesco in Italia, poiché convinse le organizzazioni politiche giovanili (su tutte la FGCI) ed una parte dei protagonisti di quella esperienza, a scegliere la strada della sindacalizzazione studentesca senza rinunciare agli strumenti della protesta e del movimento» (Di Bonaventura 2006, p. 73).

In seguito alle vicende de “La Pantera” agli inizi degli anni Novanta i movimenti non esistevano più come fenomeno nazionale. In quegli anni la linea politica nazionale della “Lega degli Studenti Medi” federata alla FGCI aveva tra i suoi obiettivi la costituzione di un sindacato studentesco. Nel 1993, dopo lo scioglimento della FGCI, è nata la “Sinistra Giovanile” un’organizzazione politica dei giovani del PDS. Il progetto della sindacalizzazione studentesca ha dato vita ad “A Sinistra”, una rete di associazioni studentesche all’interno delle scuole, che è andata successivamente a costituire l’UDS (ivi, pp. 74-75).

“La Pantera” chiude, quindi, la sua esperienza con una sconfitta in quanto ciò che essa contestava è stato realizzato; terminata la contestazione de “La Pantera” il “progetto Ruberti” si realizza. Il sindacato studentesco, tuttavia, è collegato con il movimento del 1989 perché all’inizio ha cercato di fare in modo che quelle misure imposte con la Legge Ruberti riuscissero ad avere un impatto meno autoritario, selettivo e che ci fosse una maggiore partecipazione democratica degli studenti nell’università italiana.

 

4. 1994: Nasce il sindacato studentesco

Gli studenti universitari italiani non si rendono conto di quanto possa essere importante la rappresentanza studentesca se ben esercitata. La rappresentanza e la sindacalizzazione delle associazioni studentesche, invece, ha origini più salde e lontane in altri paesi europei dove è molto più sentita, soprattutto in Francia dove esiste l’UNEF. L’UNEF ha un’origine lontana che risale al 1907 e ancora oggi al suo interno raccoglie un numero molto alto di studenti che svolgono attività di rappresentanza studentesca negli atenei francesi.

Questo sindacato ha sempre operato per gli studenti universitari: fino alla Prima Guerra Mondiale la sua attività consisteva principalmente nell’organizzazione di assemblee generali in cui si organizzavano feste conviviali per i giovani borghesi iscritti; mentre dal secondo dopoguerra inizia a rivolgersi allo studente universitario come “un giovane lavoratore intellettuale” di cui è necessario definire diritti e doveri (Lagrange, Oberti 2006, p. 247). È, inoltre, quello il compito principale del sindacato studentesco: definire e difendere i diritti degli studenti occupandosi non soltanto di quello che è il suo percorso universitario.

Si è scelto di fare questa breve premessa sull’UNEF perché esso ha ispirato il sindacato studentesco italiano sin dai suoi inizi; ancora oggi UNEF e UDU condividono campagne e comunicati. Una cosa importante da specificare è che l’ordinamento giuridico francese in materia di diritto sindacale individua i soggetti collettivi legittimati a sedersi al tavolo delle trattative con la controparte datoriale[9] ed anche il sindacato studentesco nasce con questa idea.

Con la sindacalizzazione delle associazioni studentesche è stata fatta una scelta politica mutuata dal modello sindacale che ha alla base la trattativa e la vertenza sindacale: l’idea era quindi quella di poter avere la possibilità di contrattare direttamente con la controparte che, in questo caso, può essere il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica. L’obiettivo era ed è quello di risolvere i problemi che gli studenti si ritrovano ad affrontare durante il loro percorso di studi e migliorare concretamente le condizioni di vita materiali di quest’ultimi. Il fine era avere all’interno degli organi scolastici, con l’UDS per esempio, maggiore rappresentanza e partecipazione degli studenti.

La sindacalizzazione delle associazioni studentesche è avvenuta nel 1994 in seguito alla crisi dei partiti. Mauro Calise, nel suo lavoro Il Partito Personale, infatti, nota l’importanza che i partiti hanno assunto in Italia fino alla vicenda di “Mani Pulite”: «C’è un paradosso nella crisi italiana. Per riconoscimento unanime, il cuore della crisi è rappresentato dal declino dei partiti come architrave del sistema politico. Sino alla fine degli anni Ottanta, l’Italia veniva rappresentata, anche all’estero, come una partitocrazia, vale a dire un regime fondato sui partiti. Al di là dell’accezione denigratoria del termine, il significato era inequivocabile: le principali funzioni del sistema politico venivano svolte, o comunque filtrate e condizionate, dai partiti. Oggi, sappiamo tutti che ciò non è più vero» (Calise 2000, p. 3). A travolgere il sistema politico non hanno contribuito soltanto il debito pubblico e la corruzione politica, ma anche la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Essa si è manifestata a Mosca, in Ungheria, in Cecoslovacchia, in Polonia e nella Repubblica democratica tedesca (Ddr), dove nel 1989, a novembre, è stato abbattuto il Muro di Berlino. L’evento ha sancito la fine della “guerra fredda” ed ha annunciato la disgregazione dell’impero comunista. Questi eventi hanno avuto conseguenze significative anche in Italia, poiché il Partito Comunista Italiano nel 1989 era la seconda forza del sistema politico italiano ed aveva una grandissima influenza, nonostante fosse da più di quarant’anni all’opposizione. Tutto lo scenario politico italiano ha risentito dei grandi mutamenti di quel momento, uno dei quali è stato proprio lo scioglimento del PCI (Colarizi 2007, pp. 172-173). In seguito alla scomparsa del PCI la FGCI, l’organizzazione giovanile del partito, si è sciolta e pochi anni dopo è stato portato avanti e concretizzato il progetto di sindacalizzazione studentesca.

Il sindacato studentesco è nato ufficialmente nel 1994. In quell’anno sono state fondate prima l’UDS, in marzo, e successivamente l’UDU a dicembre. La prima è il sindacato degli studenti medi presente nelle scuole medie superiori, la seconda è il sindacato degli studenti universitari ed è presente nelle università. Di Bonaventura nel suo lavoro La partecipazione politica giovanile mostra le peculiarità dei due sindacati studenteschi: «La caratteristica innovativa di queste organizzazioni, veri e propri sindacati a spiccata propensione movimentista, fu quella di essere riconosciuti dalle strutture ministeriali della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica a guida del Ministro Luigi Berlinguer, nel biennio ’96 – ’98 del Governo Prodi, come interlocutori attivi nella scrittura delle riforme. Infatti gran parte dei temi programmatici dell’UDS […] sono stati recepiti nelle riforme del sistema scolastico ed universitario realizzate da quella compagine governativa» (Di Bonaventura, cit., p. 75).

Le due organizzazioni hanno operato insieme fino al 2006; la prima mobilitazione è stata organizzata a Napoli.

L’origine culturale di quel filone di movimento studentesco che dagli anni Ottanta in poi ha lanciato la sfida della sindacalizzazione può essere rintracciata, tuttavia, nel “Movimento del 1985” di cui si è precedentemente parlato.

In seguito alle vicende dei “Ragazzi dell’85” all’interno della Lega degli Studenti Medi, federata alla FGCI, cominciarono a costruirsi le basi di un’organizzazione di tipo sindacale degli studenti medi. La Lega degli Studenti Medi si rese conto che c’era una generazione che scendeva in piazza per rivendicare i propri diritti, il diritto allo studio e il diritto a poter studiare in strutture adeguate innanzitutto, e che la forma partito delle associazioni studentesche non bastava più a rappresentare quegli interessi. Con il “Movimento dell’85” iniziò a svilupparsi la corrente di pensiero, nell’ambito dei movimenti studenteschi, che riteneva che bisognasse fare il sindacato degli studenti come una forma alta di partecipazione politica e non come “sindacatino” che richiedeva la soddisfazione di alcuni diritti. Una struttura di tipo sindacale assumeva il compito, quindi, di essere la forma di espressione politica degli studenti medi e universitari; si sentiva il bisogno di costruire un potere forte della società organizzata dentro il movimento per fare in modo che il sindacato studentesco riuscisse a svilupparsi ovunque. L’obiettivo era sia quello di costituire uno strumento associativo per raccogliere le istanze studentesche sia un mezzo per assicurare la continuità delle lotte studentesche, anche in fasi di bassa intensità dei movimenti ed evitare il riflusso tra un’ondata movimentista e l’altra.

Nel 1986 la Lega degli Studenti Medi decise di “rinunciare a se stessa” per costruire associazioni vertenziali e di movimento  in molte città; alcune di queste associazioni furono: “l’Unione degli Studenti” di Bologna, “l’Associazione degli Studenti” di Taranto, “l’Unione degli Studenti” di Teramo, “Fuori i lupi dal bosco” di Siena. Con la costruzione di queste associazioni, in cui c’erano comunque i militanti della FGCI a promuoverle, la sinistra studentesca riprese l’egemonia culturale nelle scuole italiane in seguito alla vittoria delle liste di sinistra alle elezioni per il rinnovo degli organi collegiali. In alcune città, invece, le esperienze associative si saldarono con i precedenti movimenti studenteschi di lotta alla criminalità organizzata; è il caso della città di Napoli con “l’Associazione degli studenti napoletani contro la camorra”.

Il processo che ha portato alla costituzione del sindacato studentesco in Italia non è stato, tuttavia, privo di ostacoli in quanto esso era inviso alle organizzazioni giovanili di partito rimaste in vita all’epoca (la Sinistra Giovanile e i collettivi vicini a Rifondazione Comunista); con la nascita di UDS e UDU si decise infatti di costituire associazioni aperte anche a coloro che non erano iscritti ai partiti o al PDS e dargli modo di vivere quest’altro canale di partecipazione politica. A dare il contributo determinante che ha permesso la realizzazione della sindacalizzazione studentesca è stata, invece, la CGIL. Il progetto di sindacalizzazione studentesca è stato sempre ben visto e accolto dalla CGIL e dai suoi dirigenti. L’attrito con le organizzazioni giovanili di partito spinse “A Sinistra”, che avrebbe poi fondato l’UDS, a lasciare Botteghe Oscure, ovvero la sede storica del PCI, per stabilirsi nella sede del sindacato dei musicisti e degli artisti della CGIL, in Via Goito a Roma, e iniziare così la collaborazione con il sindacato dei lavoratori. I fondatori del sindacato studentesco ebbero sin dall’inizio un rapporto diretto con Dario Miraglia, che era il segretario della CGIL scuola, e con il segretario generale della CGIL, Bruno Trentin; insieme cominciarono ad elaborare anche una prima bozza di quello che poi sarebbe diventato il DPR 249/98, ovvero lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria.

La CGIL è sempre stata per il sindacato degli studenti l’organizzazione di riferimento e l’ha sempre finanziato, l’UDU ha sempre visto nella CGIL il luogo dove portare avanti il dibattito strategico sui diritti nel mondo del lavoro, della scuola, dell’università. Quella tra UDU e CGIL è sempre stata un’alleanza di natura strategica. Il sindacato studentesco decise di mantenere un rapporto equidistante dai partiti politici di sinistra, che al momento della sua genesi erano PDS e Rifondazione Comunista; questo derivava dal fatto di sentirsi sindacato indipendente in un rapporto strategico con la CGIL.

Dalla loro fondazione al 2006 UDS e UDU hanno operato insieme attraverso le mobilitazioni e non solo. Nel 2002 UDS, UDU e la CGIL hanno stipulato un patto di lavoro in cui il sindacato dei lavoratori si impegnava a concordare con le due associazioni le risorse necessarie al loro sostegno e queste ultime si impegnavano a rendere partecipe la CGIL delle decisioni prese autonomamente in materia di autofinanziamento;[10] l’UDU ancora oggi viene sostenuta dalla CGIL. Il patto di lavoro è stato sospeso con l’UDS, dalla CGIL, nel 2006.

L’UDU oggi collabora e condivide un patto di lavoro con la CGIL e la Rete degli Studenti Medi, nata nel 2008 in seguito ad una scissione che si è verificata all’interno dell’UDS; anch’essa si caratterizza come sindacato studentesco ed è presente perlopiù al Nord Italia.

Dal 2009 l’UDS collabora con Link Coordinamento Universitario.[11] Le due associazioni, e dunque anche l’UDS che era caratterizzata dal fatto di essere un’organizzazione di stampo sindacale, nata come sindacato studentesco, hanno iniziato ad attuare una linea politica di stampo maggiormente movimentista. Organizzano le mobilitazioni in piazza ponendo meno enfasi sulla vertenzialità nei confronti delle istituzioni, così come fanno invece UDU e Rete degli Studenti Medi.[12]

 

5. L’Unione degli Universitari

Ritornando all’argomento intorno al quale si sviluppa questo lavoro, il sindacato studentesco Unione degli Universitari, è necessario dare di quest’ultimo una chiara definizione, al fine di comprendere meglio come opera nel contesto universitario nazionale.

L’UDU è un sindacato studentesco che si ispira ai sindacati studenteschi francesi, presente in tutto il territorio nazionale; è una confederazione di associazioni studentesche composta di ventidue realtà che svolgono attività negli atenei italiani. Collabora, inoltre, con l’UDU Caserta, Laboratorio Unisa presente nell’Università degli studi di Salerno e con Officina Universitaria di Macerata. Ogni anno vi aderiscono circa diecimila studenti. In Italia è l’unica organizzazione studentesca ad essere membro dell’ESU (European Students’ Union); l’ESU si batte in prima linea per un’istruzione accessibile, libera e gratuita per tutta l’area d’educazione europea. L’UDU da dieci anni è all’interno dell’ESU e dal 2013 ha intensificato la sua presenza ai board meeting e alle convention dell’ESU organizzando anche la ventottesima European Students Convention che si è tenuta a Firenze nel 2014. Nel 2015 ha espresso una propria rappresentante, Chiara Patricolo dell’UDU Forlì, nel gruppo dirigenziale dell’ESU come Human Right and Solidarity Coordinator, grazie all’impegno che l’associazione dedica alle tematiche sociali, per il mandato 2015/2016.

Le principali rivendicazioni dell’associazione sono ispirate alle problematiche sociali e a tutto quello che riguarda lo status di studente in Italia; l’obiettivo è quello di garantire i diritti degli studenti universitari. L’UDU si batte per garantire il diritto allo studio, soprattutto per coloro i quali non dispongono dei mezzi necessari per accedere all’università; mira a garantire un sistema di rappresentanza studentesca volto a promuovere la democrazia e la partecipazione in ogni ateneo. Essa si batte, inoltre, affinché venga aumentato il finanziamento pubblico per la formazione superiore, attraverso l’istituzione di un sistema efficace di sostegno al diritto allo studio; e affinché i giovani dei paesi in via di sviluppo possano studiare in Italia mediante l’ausilio di borse di studio e alloggi a loro appositamente destinati. L’impegno dell’associazione si esprime attraverso la libertà del sapere, infatti una delle sue principali campagne da sempre richiede l’abolizione del numero chiuso e la liberazione dell’accesso a tutti i corsi di laurea; si pone l’obiettivo di riportare la discussione sul sistema d’accesso universitario al centro del dibattito parlamentare. Secondo l’associazione per superare il numero chiuso è necessario prevedere un aumento sostanziale di investimenti economici sull’intero sistema universitario, che si attesti alla media europea così da poter effettuare degli interventi sulle strutture e sull’organico che possano incontrare le esigenze della società.

Come è stato precedentemente detto, l’UDU è composta da realtà confederate e collabora con altre organizzazioni presenti nelle università. La scelta di strutturarsi intorno al modello confederale ha permesso di mettere insieme le diverse esperienze che si sono concretizzate in ogni base associativa e di avere rapporti anche con organizzazioni europee, come si è visto con l’ESU, e con associazioni non appartenenti al mondo universitario. Ogni anno, infatti, viene organizzato il “Revolution Camp”, un campeggio studentesco a cui prendono parte non solo i tesserati dell’UDU e della Rete degli Studenti Medi, ma chiunque voglia parteciparvi. Nel corso del campeggio vengono organizzati dibattiti e workshop con esponenti del mondo politico, come è avvenuto nell’estate 2015 per esempio con l’incontro con il ministro dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca Stefania Giannini e l’europarlamentare Elly Schlein. Del sindacato, ogni anno è presente al campeggio il segretario generale della CGIL, ed esponenti del mondo universitario. In merito alla confederalità, caratteristica principale dell’organizzazione, sempre nell’estate del 2015 è stata coinvolta anche un’altra associazione, l’ArciGay; sono state costruite tre giornate sulla legalità in collaborazione con la CGIL e cinque giorni organizzati in comune con l’ArciGay, per dare spazio anche al dibattito sui diritti civili; argomento a cui l’UDU è da sempre attenta.[13]

 

6. Note conclusive

Anche se la storia dell’UDU è stata spesso travagliata a causa degli eventi di cui si è parlato, il sindacato studentesco degli universitari opera tutt’oggi all’interno delle università italiane ottenendo anche risultati concreti come l’accoglimento dei ricorsi contro il test d’ingresso che ha permesso a circa diecimila studenti di accedere alla Facoltà di Medicina, nell’Anno Accademico 2014/2015. L’Unione degli Universitari il 7 e l’8 marzo del 2015, a Roma, ha celebrato i vent’anni di attività.

“Essere studenti significa avere dei diritti, essere dell’UDU significa difenderli”. Così, con il motto dell’UDU, potrebbe essere sintetizzata la storia del sindacato studentesco in Italia.

Il reticolo di riferimenti incrociati che si è cercato di portare alla luce costituisce il tessuto stesso del sindacato studentesco; il punto di partenza è il fine di quest’ultimo: migliorare le condizioni di vita degli studenti.

Durante i suoi vent’anni di attività il sindacato studentesco è cresciuto e si è rafforzato. Dal primo congresso nazionale, che si è tenuto a Siena nel 1994, dove erano presenti solo le associazioni fondatrici – alcune delle quali erano Roma, Pisa, Pavia, Siena, Padova, Napoli – all’ultimo, il dodicesimo congresso di luglio 2016 di Marina di Massa che ha visto la partecipazione delle ventidue basi all’UDU confederate e la partecipazione di centinaia di ragazzi e ragazze provenienti da tutte le regioni d’Italia. È da vent’anni che l’Unione degli Universitari opera, attraverso l’attività sindacale, all’interno delle università italiane; con lotte, vertenze, battaglie, mobilitazioni per difende i diritti degli studenti e cerca di evitare il processo di “smantellamento” dell’università pubblica italiana che molte delle riforme dell’università che si sono succedute negli anni hanno cercato di attuare. Dalle mobilitazioni per contestare il decreto ministeriale 509/1999 che ha portato ad una manifestazione il 17 novembre 1999; all’ultima contestazione, del 2015, contro il ministro dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca del governo Renzi Stefania Giannini in merito al nuovo calcolo dell’Isee che con la sua attuazione ha già causato una forte diminuzione degli aventi diritto alla borsa di studio, aggravando ulteriormente la situazione di chi vorrebbe frequentare l’università, ma è privo dei mezzi necessari.

Il sindacato studentesco nel nostro paese non ha avuto una storia lineare, anzi essa si è anche caratterizzata per la presenza di forti dissidi al suo interno. L’UDU, tuttavia, ha cercato di superare queste difficoltà e ancora oggi ha un ruolo attivo nell’ambito della rappresentanza studentesca. Vista inoltre la quantità delle proposte fatte in tema di politica universitaria e delle vittorie ottenute nel corso degli anni si può affermare che il sindacato studentesco è un soggetto fondamentale nel panorama accademico e politico italiano.

Senza il sindacato studentesco probabilmente la politica universitaria italiana  sarebbe egemonizzata da una parte da collettivi e movimenti dell’area dell’autonomia, che possono forse avere la capacità di mobilitare gli studenti in piazza, ma non hanno quella capacità di mediazione con le istituzioni tipica di un’organizzazione strutturata e organizzata quale il sindacato; e dall’altra, da forze che si dichiarano indipendenti ma sono sostanzialmente legate ai partiti. Non è un caso che l’UDU, fino ad un certo punto insieme all’UDS, la cui linea politica si è poi avvicinata molto a quella degli autonomi, sia da sempre un interlocutore attivo anche nella scrittura di alcuni testi di legge.

Il sindacato studentesco è nato in Italia con l’obiettivo di rendere presente un attore sociale stabile e duraturo sulla scena politica in difesa dei diritti degli studenti e che non sparisse dopo un’ondata di proteste come è accaduto per i principali movimenti che hanno caratterizzato la storia del nostro paese.

Esso attualmente vive un momento di difficoltà dovuto anche alla problematicità di far arrivare le proprie richieste agli interlocutori istituzionali politici: ad esempio, il ministro Giannini nell’estate 2015  ha partecipato al Revolution Camp, il campeggio studentesco organizzato dall’UDU e dalla Rete degli Studenti Medi  per confrontarsi con gli studenti sul tema della “Buona Scuola” e della “Buona Università”, ma è rimasta ferma sulle proprie posizioni.

Nonostante le difficoltà di dialogo sul piano istituzionale il sindacato studentesco è riuscito ad ottenere importanti vittorie, principalmente in materia di diritto allo studio e di numero chiuso, in quest’ultimo caso anche grazie alla collaborazione dello studio legale Michele Bonetti & Partners. Del resto le difficoltà attuali del sindacato studentesco riflettono la difficile situazione, più generale, del sindacato italiano di rappresentare nuovi soggetti sociali sia all’interno che all’esterno del mondo produttivo (Pirro, Pugliese 2015).

In conclusione, ciò che sembra emergere da questa breve ricostruzione è che l’Unione degli Universitari sia effettivamente stato, e resti tuttora, un attore fondamentale in grado di estendere la sua influenza anche al di fuori del mondo universitario.

Sarebbe opportuno che la ricerca sociologica continuasse ad interessarsi alle vicende del sindacato studentesco, che si è rilevato un’utile lente di ingrandimento sulle modalità aggregative dell’attivismo tra i più giovani. Infine, val la pena di  auspicare che il sindacato studentesco resti, come dice un altro motto dell’UDU, “Sempre dalla stessa parte, quella degli studenti”.

 

 

Bibliografia

 

Calise M. (2010), Il partito personale. I due corpi del leader, Bari, Laterza.

Colarizi S. (2007), Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni 1943-2006, Bari, Laterza.

De Lisa Antonio, Storia dei movimenti studenteschi – “La pantera siamo noi” (1989-1990), http://storiografia.me/2012/12/02/storia-dei-movimenti-studenteschi-la-pantera-siamo-noi-1990/, consultato il 7 dicembre 2015.

Di Bonaventura F. (2006), La partecipazione politica giovanile. Nuove politiche e nuove generazioni a confronto, Brescia, Cavinato.

Lagrange H., Oberti M. (a cura di) (2006), La rivolta delle periferie. Precarietà urbana e protesta giovanile: il caso francese, Milano, Mondadori.

Negrello D. (2004), Il PCI padovano nell’ultimo ‘900. Dissensi e antagonismi politici, Milano, Franco Angeli.

Pirro F., Pugliese E. (a cura di) (2015), Rappresentare i non rappresentati, Roma, Ediesse.

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http://www.cnsu.miur.it/argomenti/il-cnsu.aspx

http://it.issimo.wikia.com/wiki/Patto_di_Lavoro

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http://www.radioradicale.it/scheda/12365/12387-scuola-il-movimento-studentesco

http://statistica.miur.it/scripts/IU/vIU1.asp

http://www.unionedegliuniversitari.it/chi-siamo/

http://www.welfarenetwork.it/rappresentativita-sindacale-alla-francese-20110220/

 

 

 


[1]http://www.cnsu.miur.it/argomenti/il-cnsu.aspx

[2]http://attiministeriali.miur.it/anno-2016/giugno/co-10062016-%281%29.aspx

[3]http://statistica.miur.it/scripts/IU/vIU1.asp

[4]http://www.radioradicale.it/scheda/12365/12387-scuola-il-movimento-studentesco

[5]Il nome del movimento è dovuto a un episodio avvenuto a Roma il 27 dicembre quando fu avvistata per strada una pantera, liberatasi dalla sua cattività. In seguito a quell’evento fu lanciato lo slogan “La Pantera siamo noi!” e fu usato il logo della pantera nera del Black Panther Party americano, organizzazione rivoluzionaria attiva tra gli anni Sessanta del secolo scorso (cfr.: https://storiografia.me/2012/12/02/storia-dei-movimenti-studenteschi-la-pantera-siamo-noi-1990/)

[6]Ibidem

[7] Ibidem

[8]Ibidem

[9]http://www.welfarenetwork.it/rappresentativita-sindacale-alla-francese-20110220/

[10]http://it.issimo.wikia.com/wiki/Patto_di_Lavoro

[11]Link è nata in seguito ad una scissione che si è verificata nell’UDU nel 2009; anche se è stata fondata da persone che hanno svolto attività di rappresentanza studentesca di stampo sindacale con l’UDU questa associazione oggi si riconosce maggiormente con i movimenti, come quello de “L’Onda” del 2008 dal quale afferma di essere nata. Si ritiene autonoma ed autofinanziata (cfr.: http://linkcoordinamentouniversitario.it/chi-siamo/)

[12]Tutte le informazioni riportate si basano su interviste ai fondatori del sindacato studentesco: Francesco Pierri fondatore dell’UDU e Diego Belliazzi fondatore dell’UDS. Francesco Pierri ha fornito, a chi scrive, un documento scritto per ricostruire la storia del sindacato studentesco da lui redatto in occasione del ventennale dell’UDU.

[13]http://www.unionedegliuniversitari.it/chi-siamo/

 

Category: Lavoro e Sindacato, Scuola e Università

About Rossella Ercolano: Rossella Ercolano è una laureata del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Nel febbraio 2016 ha conseguito la Laurea Magistrale in Politiche Sociali e del Territorio presentando una tesi dal titolo: La rappresentanza degli studenti: il Sindacato UDU a Napoli; la sua relatrice è stata la Professoressa Enrica Morlicchio.

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