Gianni Rinaldini: La confederalità e il futuro del sindacato

| 5 Aprile 2013 | Comments (0)

 

 

18. Pubblichiamo integralmente gli atti del seminario C’è un futuro per il sindacato? Quale futuro? organizzato dalla Fondazione Claudio Sabattini e tenuto a Roma il 5 aprile 2013. La numerazione degli interventi corrisponde all’ordine in cui sono stati fatti.

 

Credo che il materiale di questa discussione sia utile per la riflessione che vogliamo favorire e sviluppare sul futuro del sindacato. Le iniziative che abbiamo previsto anche nei prossimi mesi sono il modo migliore per ricordare Claudio Sabattini.

Continuo il racconto che stava facendo Sergio Cofferati: nel 2002 quando arrivò la notizia che nella consultazione in Sicilia non aveva superato il 50% dei consensi, Claudio si recò in Cgil per ritirare la propria disponibilità a procedere con il voto segreto. Mentre stavamo rientrando in Fiom gli dico che a questo punto non avremmo chiesto alla Cgil altre proposte e gli propongo di restare in Fiom. Ricordo il sorriso di Claudio, che non solo accetta, ma mi propone di andare in Sicilia a fare il Segretario della Fiom.

Rosario Rappa, che è qui presente e che allora, ricopriva il ruolo di Segretario Generale della Fiom siciliana, ricevette una telefonata e si mise subito a disposizione dell’Organizzazione. Il Comitato Direttivo della Fiom Siciliana vota all’unanimità la elezione di Claudio Sabattini. Nei mesi successivi ci sarà la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori di Termini Imerese, tre mesi di presidio e blocco dello stabilimento Fiat che coinvolgerà l’intera Sicilia e che, in quella fase, si concluse positivamente. Questo per dire che oltre ai riconoscimenti che ci sono stati voglio sottolineare un aspetto di Claudio Sabattini, quello del combattente che cercava anche nelle situazioni più complicate il punto da cui ripartire.

Un divenire nel rapporto con le dinamiche sociali e politiche a partire da alcuni punti fermi, come quello dell’autonomia, dell’indipendenza del sindacato come espressione democratica di un altro punto di vista quello del lavoro dipendente. Per questa ragione Claudio nell’ultimo periodo mi disse che non era più in grado di darmi consigli perché non aveva mai visto una situazione cosi “chiusa” sul piano nazionale ed internazionale.

Sono trascorsi dieci anni da quando Claudio disse al Comitato Centrale della Fiom che se la Cgil non assumeva la questione democratica come aspetto centrale della vita del paese a partire dal lavoro…“ la legittimità democratica delle Organizzazioni sociali e dei lavoratori come soggetti delle proprie decisioni…… arriveremo inevitabilmente a una società autoritaria” e riferito al Sindacato … “priorità assoluta perché senza questa si diventerà pura burocrazia”. Questo passaggio avvenne nel ’94 con la vertenza nello stabilimento Fiat di Termoli.

Gabriele Polo se lo ricorda bene perché era presente quando Claudio, da poche settimane eletto Segretario Generale FIOM, andò a Termoli a svolgere assemblee infuocate, perché le Organizzazioni sindacali Fiom Fim e Uilm avevano firmato un accordo sull’estensione dei turni respinto dalle lavoratrici e dai lavoratori con il referendum.

Una vertenza che aveva assunto gli onori della cronaca nazionale per le accuse di corporativismo nei confronti dei lavoratori da parte delle istituzioni locali, della chiesa e perfino di un corteo di studenti, in nome del lavoro. Claudio riuscì con leggere modifiche e 4 assemblee molto complicate a fare passare quell’accordo, ma lo strappo fu molto pesante, tutt’altro che rimarginato. Tornando da Termoli dichiarò “ mai più un accordo firmato senza il voto delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. Da quel momento prese il via sulla democrazia e sull’indipendenza la ricostruzione di un profilo della Fiom e del confronto della Cgil.

Non voglio dilungarmi sulle ragioni profonde della crisi dei sindacati e aggiungo di tutte le forme di rappresentanza sociale compresa la Confindustria, perché ineriscono il nuovo assetto sociale, istituzionali e politico che si sta costruendo nel nostro paese e in Europa.

Ciò che appare grottesco è la negazione di questa crisi dove le nostre discussioni sindacali nella loro imperturbabile routine appaiono surreali rispetto alla situazione sociale. Non passa giorno che questa divaricazione sia resa sempre più evidente.

Penso al recente accordo separato, in uno stabilimento dell’indotto Fiat nel Veneto, firmato dalla Fim Cisl che viene applicato soltanto agli iscritti di questa Organizzazione e a tutti i lavoratori che versano duecento euro, cioè l’equivalente dell’iscrizione alla Fim per un anno.

E’ di questi giorni la circolare applicativa dell’accordo sulla produttività, cioè del fatto che attraverso la legge con il consenso sindacale, si interviene su forme e modalità dei premi di produttività aziendali variabili, per accedere alla detassazione compreso gli straordinari e una diversa distribuzione dell’orario annuale.

Non possiamo fare finta di non sapere che esiste un contratto nazionale del gruppo Fiat che riguarda circa 100 mila lavoratrici e lavoratori dove la Fiom Cgil espulsa dagli stabilimenti nel silenzio assordante a livello politico e sindacale. La Fiom Cgil viene esclusa dal tavolo negoziale della Federmeccanica per il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici e proseguono normalmente i rapporti tra le Confederazioni Sindacali.

Il quadro viene completato con il vigente art. 8 sostenuto da Confindustria e Cisl Uil che prevede che attraverso gli accordi aziendali è possibile peggiorare tutti gli aspetti della condizione lavorativa compreso alcuni diritti universali. Diritti, tutele, contrattazione sono state in questo modo devastati e piegati, con il ricatto occupazionale, a pura funzione rispetto alle esigenze di ogni singola impresa in nome del libero mercato. Del resto questo non è un fenomeno soltanto del nostro Paese ma riguarda l’Europa, la stessa Germania, dove ormai il Contratto Nazionale copre poco più del 50% dei metalmeccanici ed il potente sindacato tedesco, IG-Metal, si pone l’obiettivo del salario minimo garantito.

E’ un percorso senza fine e vede oggi la Confindustria proporre con il documento presentato alle forze politiche, durante la recente campagna elettorale, un aumento dell’orario di lavoro di 40 ore annuali – il passaggio da 4 a 3 settimane di ferie – e la riduzione di undici punti di oneri sociali compresa la fiscalizzazione di una parte di oneri previdenziali.

Potrei continuare nell’elenco, ma ciò che voglio sottolineare è il processo di affermazione, pezzo per pezzo, del sistema di relazioni sociali degli Stati Uniti nel nostro paese e in Europa. Questo è reso possibile perché a differenza del passato in questi ultimi decenni è diventato egemone, su base globale, un solo punto di vista, quello del capitale industriale e finanziario. Nel nome del superamento delle ideologie si è affermata una sola ideologia, quella del neo liberismo, del mercato come regolatore delle relazioni sociali. Spesso si dice che è finita un epoca quella che vedeva confrontarsi e confliggere diverse visioni del mondo e della società. Questo è vero, ma si è conclusa con l’affermazione di una sola visione del mondo e della società, quella del capitale industriale e finanziario.

Se questa è la situazione, il Sindacato Confederale come espressione democratica di un altro punto di vista, ha ancora un senso ed un futuro? Oppure è destinato a declinare in una delle tante articolazioni del funzionamento della società !?

Nella storia della Cgil, la confederalità nasce non a caso per iniziativa di alcuni sindacati di categoria e Camere del Lavoro Territoriali che ne segnano l’originalità nella storia del sindacalismo europeo. La confederalità esiste come sintesi democratica tra categorie e territori, di un progetto di cambiamento della società che non può più essere neanche indirettamente mutuato da una articolazione politica che appartiene al passato. Supplire a questa assenza, a questo vuoto strategico con una confederalità che si difende e si auto riproduce come struttura gerarchica e piramidale nell’affannosa ricerca di riconoscimento istituzionali non porta da nessuna parte.

Anche questa è una ipotesi in campo sul futuro del sindacato, quella della subalternità aziendale che sostituisce il negoziato con l’adattamento, del Contratto Nazionale leggero, dicasi contratto cornice, degli Enti bilaterali che gestiscono materie sempre più rilevanti, della confederalità come ente regolatore e decisionale della macchina burocratica.

Non credo di dire cose lontane dalla realtà, perché è sempre più difficile capire come sia possibile tenere insieme, diritti sociali universali, come il diritto alla salute, con il dilagare di accordi aziendali e territoriali sul welfare aziendale, compresa la sanità. Trovo per altro del tutto comprensibile che le lavoratrici e i lavoratori a fronte della costante riduzione di un sistema universale, in assenza di una iniziativa sindacale, accedano ad ipotesi di questa natura.

La stessa cosa si può dire sul fatto paradossale che, dal versante occupazionale, si parla di un piano del lavoro e si possano contemporaneamente incentivare e favorire gli straordinari attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche. Come dire, da una parte la propaganda e dall’altra la reale pratica sindacale.

Nella contrattazione sta succedendo di tutto, ben oltre quello che ci raccontiamo nelle discussioni sindacali. Per l’insieme di queste ragioni il sindacato, la Cgil ha la necessità vitale di aprire una discussione ed un confronto a tutto campo sulle scelte strategiche, sulla contrattazione e sulla democrazia.

Il mondo del lavoro dipendente è cambiato profondamente, la precarietà, la insicurezza sociale come condizione di vita e di lavoro, richiedono anche nuove forme organizzative e nuove rivendicazioni sindacali. Leggo in questo modo anche il risultato delle recenti elezioni politiche. Il sistema politico, compreso le istanze intermedie delle rappresentanze sociali, sono state individuate, in particolare dalle nuove generazioni, come responsabili di questo massacro sociale, e trovo ridicolo affermare che non hanno capito, oppure che non abbiamo comunicato bene il nostro messaggio di opposizione al governo.

Nel concludere voglio dire una ultima cosa su Claudio, perché la ritengo doverosa. A differenza di quello che generalmente si pensa, la sua scomparsa avvenne in un periodo di profonda amarezza nei rapporti con il gruppo dirigente della Fiom Nazionale. Era passato troppo poco tempo da una riunione un po’ tempestosa del Comitato Centrale Fiom, dove eravamo, di fatto, andati sotto sulla proposta del Congresso straordinario. Ma non era questa la questione, perché fa parte della democrazia andare in minoranza, l’amarezza derivava dalle accuse di formulare quella proposta per rientrare nei ranghi della Cgil, senza dirlo esplicitamente. Era vero esattamente il contrario.

Rimango tuttora convinto che aprire allora uno scontro politico che coinvolgeva l’intera Cgil, dopo il biennio 2001-2002, a partire dalla democrazia fosse altra cosa della situazione attuale, perché nel frattempo nella pratica rivendicativa e nello stesso assetto del gruppo dirigente, la Cgil è profondamente cambiata. Anche la soluzione migliore sulla democrazia sindacale oggi, del tutto auspicabile, è cosa molto diversa, perché nel frattempo il lavoro di distruzione di diritti, tutele e contrattazione è stato in gran parte compiuto.

Finisco qui, ribadendo che questa come le altre iniziative previste, rappresentano l’inizio di una discussione, di un confronto che auspico possa coinvolgere l’insieme della Cgil.

 

 

 

Category: Fondazione Claudio Sabattini, Lavoro e Sindacato

About Gianni Rinaldini: Gianni Rinaldini (1951) ha iniziato la sua esperienza sindacale come delegato alle Ceramiche Rubiera, divenendo successivamente Segretario della Filcea (il sindacato chimici della Cgil). Entrato poi a far parte della segreteria della Camera del lavoro di Reggio Emilia, viene eletto Segretario generale nel 1989. Successivamente, è stato Segretario generale della Cgil dell'Emilia Romagna e, dal 2002 al 2010, ha ricoperto la carica di Segretario nazionale della Fiom. Attualmente è coordinatore dell’area programmatica «La Cgil che vogliamo» e presidente del Centro studi per l’Alternativa Comune, il cui manifesto politico-culturale è stato presentato a Roma nel settembre del 2011. «Inchiesta» ha pubblicato numerose sue interviste e interventi.

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