Con la scomparsa di Aris Accornero perdiamo uno dei più eminenti sociologi del lavoro del nostro paese. Una figura ricca ed eclettica che ha contribuito, attraverso i diversi ruoli del suo percorso scientifico,  a rendere la ricerca sul lavoro e sui lavoratori un’attività affascinante e sistematica : rendendola da artigianale che era in origine un costrutto finemente strutturato.

Accornero ha dedicato la sua vita, e la sua intera biografia intellettuale, a studiare il mondo del lavoro e le sue trasformazioni. Ma mai partendo da assunti astratti o da approcci deduttivi. La sua è stata una fitta e continua ricerca sul campo, nella quale l’attenzione e la cura verso il dato – il più possibile perfetto – e il fatto  erano il punto di partenza necessario, senza il quale erano impraticabili elaborazioni e chiavi analitiche più larghe,  cui si approdava per gradi: in un intreccio che rendeva le sue tesi più solide e suggestive.

Una biografia che si è conclusa nel mondo accademico e nel lungo insegnamento nella cattedra di Sociologia industriale della “Sapienza”, cui era approdato nel 1980. Ma i suoi studi sulla ‘sociologia industriale’ vengono da lontano. E trovano le prime radici nella sua esperienza di giovane operaio, poi licenziato a metà degli anni cinquanta a causa delle sue idee politiche e sindacali di membro del Pci e della Cgil.

E questi studi, e le prime ricerche egli le sviluppa – insieme all’ appassionata partecipazione al dibattito intellettuale – all’interno delle organizzazioni del ‘Movimento operaio’ , il partito e il sindacato, che ne costituiranno l’anima e il lievito fino al suo ingresso nell’Università. Dapprima all’interno della Cgil, dove non solo dirige, ma inventa i “Quaderni di Rassegna Sindacale”, la rivista che ha accompagnato l’ascesa del nuovo sindacalismo a cavallo del 1969, e ha fornito ad esso le gambe scientifiche per contribuire al miglioramento della condizione lavorativa. Il volume che suggella idealmente questa fase è il grande Annale Feltrinelli , edito nel 1976, da lui ideato e curato, e  apparso con il titolo evocativo , che racchiude un intero ciclo,  “Problemi del movimento sindacale in Italia 1943-73”.

Successivamente, dirigendo la Sezione Ricerca sociale del Cespe (il prestigioso Istituto di studi economici costituito da Pci), Accornero ha continuano la sua opera di scavo, di promotore e coordinatore delle principali ricerche italiane in materia di lavoro, da una posizione più prossima a quella del partito e della sfera politica. Di questa fase intensa si possono ricordare, tra l’altro, la ricerca su “I tre tipi di operai alla Fiat” ( frutto di una più ampia indagine basata sulla raccolta di migliaia di questionari) e il volume “Il Lavoro come ideologia”, che segnala il passaggio ad una identità sociale del lavoro fuori da mito e  che non racchiudeva tutta l’esistenza .

Negli anni successivi la sua attività non rallenta e viene nominato anche , grazie alla felice intuizione relativa alla “terziarizzazione del conflitto”, nella prima Commissione di Garanzia dello sciopero nei servizi essenziali (1990-96). Anche nel suo periodo di vita universitaria le sue riflessioni si concentrano sui nuovi profili del lavoro e culminano nel volume “Era il secolo del Lavoro” (1997): in cui è descritto il passaggio al nuovo secolo, caratterizzato da lavori più minuscoli e frammentati, anche se talvolta di maggiore qualità.

Sarebbe troppo lungo enumerare tutti i suoi scritti e le ricerche prodotte in oltre cinquanta anni di carriera. Ricordiamo però che la sua figura ha avuto un impatto ed  una risonanza che va oltre il mondo dei sociologi. L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano nel ricordarlo lo ha definito un maestro. Massimo Mascini, direttore del “Diario del lavoro”, ne ricorda lo spirito libero e la sua capacità di essere  l’interprete più grande  delle gioie e delle disgrazie del mondo del lavoro.