Bruno Papignani: Rinnovo CCNL e contrarietà alla riforma costituzionale: Le prossime mosse dei metalmeccanici

| 8 Novembre 2016 | Comments (0)


Diffondiamo da “Inchiesta” luglio settembre 2016 l’intervista di Tommaso Cerusici a Bruno Papignani, Segretario generale della Fiom –Cgil Emilia Romagna.

 

Tommaso Cerusici. Negli ultimi mesi hai seguito la vicenda del rinnovo del contratto in Fincantieri, una vertenza lunga e non senza momenti di scontro con l’azienda, che però si è conclusa con un accordo approvato dal 58% dei lavoratori. Come valuti questo accordo nel suo complesso?

Bruno Papignani. L’accordo del 24 giugno – votato poi a luglio – ha avuto certamente un iter complicato, a partire dal fatto che la trattativa è durata oltre un anno e abbiamo assistito ad atteggiamenti non sempre comprensibili da parte dell’azienda. Insomma, si è creato un clima che poi lascia il segno quando c’è da fare una mediazione. In questo caso parliamo anche di un’azienda dove il tanto lavoro rischia di creare dei problemi di “indigestione”, perché non sappiamo se le commesse acquisite hanno dei margini di guadagno sufficienti.

In merito all’accordo posso dire che sicuramente fa dei piccoli passi avanti – penso ad esempio al tema degli appalti – anche se molto parziali. In particolare su questo punto dobbiamo dirci però che non abbiamo sfondato, grazie anche a un Governo che si è dimostrato sordo e che, anzi, ha legiferato in senso opposto. Abbiamo ottenuto delle prime regole in materia di appalti ma non si tratta assolutamente di una soluzione adeguata, soprattutto per un’azienda dove il rapporto è uno a cinque tra lavoratori diretti e quelli degli appalti.

Abbiamo però evitato di fare dei pasticci: non abbiamo concesso mano libera sugli orari di lavoro e non abbiamo accettato regole di esigibilità che limitavano il diritto di sciopero. Diciamo che si tratta di un accordo con punti molto delicati, che però non prevede scambi particolari; quindi è un accordo trasparente.

Il punto di sofferenza maggiore con i lavoratori è stato sicuramente il welfare. Quando si fa scegliere ai lavoratori se prendere i soldi o utilizzare il welfare aziendale – e non parlo di previdenza o sanità integrative – questo viene apprezzato e alla fine si vede anche che i lavoratori scelgono spesso il welfare perché è detassabile. Dove, invece, viene proposto come welfare secco e non si può trasformarlo in soldi giustamente vengono fuori dei problemi. Questo ha penalizzato anche l’esito del referendum, perché l’accordo è passato ma con grandi sofferenze.

Diciamo che Fincantieri rappresenta un po’ la discussione che potremmo trovarci di fronte anche nel rinnovo del contratto nazionale di lavoro. C’è un elemento che ormai è molto diffuso: si presentano diverse piattaforme – spesso separate – ma non si discutono più quelle sindacali e si rischia sempre di rimanere ingabbiati in un’impostazione che è data dalla controparte. Questo è successo in Fincantieri e questo, di fatto, è quello che sta succedendo in Federmeccanica.

Da questo punto di vista si comprende bene come quello in Fincantieri sia stato un accordo assolutamente necessario. Adesso però bisogna saperlo gestire perché può rappresentare un risultato importante per i lavoratori, in un settore molto complicato come quello della cantieristica.

Il mio unico rammarico è che forse non eravamo davvero pronti alla gestione di questa discussione con i lavoratori. Tant’è che mi sto interrogando se anche sul contratto nazionale, prima di procedere ulteriormente, vada fatta una consultazione tra gli iscritti, in modo tale che si sappia che gli argomenti che stiamo discutendo – e che speriamo trovino riscontro in un accordo – non sono propriamente solo quelli della nostra piattaforma.

 

Tommaso Cerusici. Hai già nominato la vertenza che vede impegnata tutta la categoria: quella del rinnovo del CCNL dei metalmeccanici. A che punto siamo rispetto a questa vicenda?

Bruno Papignani. Sul contratto nazionale di lavoro bisogna sciogliere due nodi. In primo luogo bisogna chiarire che il contratto non preveda assorbimenti a chi fa la contrattazione di secondo livello, altrimenti non c’è più il contratto. Se così non fosse, chi certamente farà la contrattazione di secondo livello, non vedo perché debba sostenere un contratto che non gli porta nessun vantaggio. In secondo luogo il contratto nazionale di lavoro, una volta tolti di mezzo gli assorbimenti, non può prevedere una disciplina che recupera solo l’inflazione – che resta comunque un aspetto molto importante – ma deve lasciare aperta una possibilità, se ci saranno gli spazi poi, di discutere di produttività del sistema nelle verifiche annuali.

C’è poi un ulteriore problema: è evidente ch se viene recuperata l’inflazione – e parlo del salario – noi dobbiamo pensare che stavolta Federmeccanica la darà a posteriori. Allora, se così sarà, dobbiamo già da ora pensare a come recuperare gli arretrati per non penalizzare i lavoratori. Penso poi che verrà posto il tema del welfare – proprio come in Fincantieri – perché è evidente che il Governo sta facendo leggi che vanno solo in quella direzione. Detto questo però, i lavoratori oggi sono tutti consapevoli dell’importanza del CCNL e che il suo valore passi da una riconquista finalmente unitaria. Se non dovessimo avere la capacità di mantenerci tutti uniti in questa battaglia non avremmo più il contratto nazionale. Di questo ne sono convinto.

 

Tommaso Cerusici. Veniamo alla Cgil. La confederazione negli ultimi mesi ha raccolto e depositato le firme per i referendum contro il Jobs Act e la Fiom è stata fin da subito promotrice di questa iniziativa. Pensi che si poteva fare di più per contrastare le politiche del Governo in merito al mercato del lavoro? E adesso i referendum promossi dalla Cgil possono essere uno strumento utile per riprendere quella battaglia?

Bruno Papignani. Mi pare che tutto parta dall’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione e da quella brutta conferenza stampa estiva di qualche anno fa. È da quel momento che si è incominciato a giustificare tutto quello che chiedeva l’Europa, fino ad accettare una serie di governi non eletti da nessuno, che applicano alla lettera l’ideologia neoliberista e che fanno gli interessi solo del grande capitale finanziario. La stessa ideologia che sta distruggendo il sogno europeo.

Sul Jobs Act, come Cgil, abbiamo fatto troppo poco. Tra l’altro non dobbiamo mai scordarci che ad approvare questo provvedimento è stato un parlamento dichiarato illegittimo dalla stessa Corte costituzionale. Senza parlare poi delle sorprese, anche personali: penso, ad esempio, a un ex segretario generale della Cgil che ha votato il Jobs Act! Questo vuol dire che ormai la politica è diventata un elemento di tristezza anche solo a osservarla dell’esterno.

Oggi però la Cgil ha raccolto più di un milione di firme – anche a seguito di una lunga discussione interna – per abrogare il Jobs Act in alcune sue parti fondamentali. Questo mi pare un dato significativo.  Penso che questa battaglia vada combattuta fino in fondo, senza però dare per scontato che si vinca, perché sul tema del rinnovamento, come sindacato, siamo troppo in difficoltà. Dobbiamo dire con forza che il rinnovamento di questo Governo significa solo tornare a cose vecchie…e invece balbettiamo e sembriamo noi a voler difendere un passato che non è difendibile.  Dobbiamo avere il coraggio di dire invece le cose che non vanno: il controllo a distanza, l’abolizione dell’articolo 18, la precarietà diffusa e tutto l’impianto del Jobs Act. È importante che si inizi per davvero a lavorare per vincere questo referendum!

 

Tommaso Cerusici. In queste settimane sta entrando nel vivo il dibattito sul riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi. La Cgil ha espresso una posizione critica sulla riforma mentre la Fiom è apertamente schierata per il no insieme a diverse associazioni come Anpi e Arci, personalità della cultura e costituzionalisti. Pensi che anche la Cgil debba schierarsi apertamente per il no e fare campagna in tal senso?

Bruno Papignani Si fa una gran discussione – penso all’Anpi ma anche alla Cgil – sul tema della libertà di coscienza e io penso che questa debba sempre essere salvaguardata. Però una cosa è il semplice iscritto e un’altra è il dirigente. Se un’organizzazione – dopo una discussione interna democratica – ha preso una posizione pubblica è sacrosanto che il proprio gruppo dirigente si impegni in tal senso. Quindi, come nell’Anpi e nella Fiom, penso che anche in Cgil il gruppo dirigente debba votare no a questa riforma della costituzione. Per me sarebbe una cosa utile. Poi sul dibattito se entrare o meno nei “Comitati per il no” non voglio esprimermi, perché sono anche scelte personali dei singoli compagni. L’importante però è avere un orientamento politico chiaro.

Io voterò con convinzione per il no. Sono tante le ragioni di questa mia scelta ma una le racchiude tutte: questa riforma costituzionale serve solo a rafforzare i poteri del Governo, che deve adeguarsi sempre più ai diktat europei, mettere in difficoltà le autonomie locali e diminuire i diritti dei lavoratori, come ci ha dimostrato col Jobs Act. Insomma, si tratta solo di un’operazione di potere che nulla ha a che vedere con i problemi reali del paese. Qualcuno mi dovrebbe spiegare se con la riforma della Costituzione si abbatte l’evasione fiscale, si migliora la sanità pubblica, si danno più risorse alla scuola, si finanzia la cultura? Ovvio che non è così!

Ripeto: è solo un’operazione di potere ed è il primo motivo che mi fa dire che bisogna votare no. Perché quando si cambiano in maniera unilaterale i rapporti di potere – come vuole fare Renzi – vuol dire che si sta mettendo a rischio anche la democrazia stessa.

 

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Category: Lavoro e Sindacato

About Bruno Papignani: Nato a Vergato (BO) nel 1954, fino al 1975 abita a Baigno sull'appennino Tosco Emiliano. Si trasferisce a Bologna e lavora presso la Menarini Autobus come operaio e viene eletto subito delegato, contemporaneamente iscritto al PCI ricopre il ruolo di segretario di sezione. Nel 1980 entra a fare parte dell'esecutivo Nazionale della FLM e per la Fiom ricopre il ruolo di coordinatore nazionale delle aziende costruttrici di autobus. È fra i protagonisti degli autoconvocati negli anni 83-84. Nel 1989 è operatore Fiom a tempo pieno, prima nella zona Roveri poi fino al 2004 a S. Viola e segue le vertenze delle aziende più importanti, dal 2002 fa parte della segreteria Fiom Bologna. Nel novembre 2004 viene eletto segretario generale della FIOM di Bologna, incarico che lascia in aprile del 2012 quando viene eletto segretario generale della FIOM Emilia Romagna, incarico che ricopre tuttora. È membro della direzione nazionale della FIOM, responsabile nazionale delle Cooperative Metalmeccaniche, coordinatore nazionale per la Fiom del Gruppo FINCANTIERI e segue alcuni altri Gruppi nazionali fra cui WARTSILA' e SCM, è membro del direttivo della CGIL Emilia Romagna.

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