Massimo Cacciari: Paolo Prodi. Un indagine serrata sulle origini del nostro presente.

| 19 Dicembre 2016 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da Repubblica del 19 dicembre 2016

Il destino ha voluto che l’ultimo saggio di Paolo Prodi venisse quest’anno pubblicato insieme a un mio breve lavoro, entrambi dedicati al dramma su cui si era andata concentrando la sua analisi, il dramma del tramonto di quell’intreccio formidabile di spirito profetico e potenza tecnica, di utopia di giustizia e diritto positivo, di organizzazione burocratica e rivoluzione, che ha costituito storia e destino dell’Europa. Avevo conosciuto Prodi in un seminario veneziano, diretto da un altro grande storico, Marino Berengo, sul suo libro del 1992 Il sacramento del potere, e da allora l’ammirazione per la sua opera non è andata che crescendo. È un’opera di valore straordinario, che dovrà essere ora integralmente riletta, scientificamente ristudiata in tutti i suoi dettagli e intrecci, un’opera paragonabile soltanto a quella dei più grandi, per restare in Italia ai Cantimori e agli Chabod (non per le tesi che vi vengono sostenute, ovviamente, ma per l’eccezionale vastità di interessi, per la penetrazione critica dei temi, per la lucidità e chiarezza dell’esposizione).


Un trittico monumentale, a mio avviso, domina la vastissima produzione scientifica di Paolo Prodi: il già citato Il sacramento del potere, e poi Una storia della giustizia, del 2000, e Settimo non rubare, del 2009 (un libro, quest’ultimo, che analizza in modo originalissimo l’affermarsi della realtà e dell’ideologia del mercato, le cui tesi vennero riprese in un prezioso volumetto contenente anche un saggio di Guido Rossi, nella collana dei “Comandamenti”che coordinai per il Mulino, Non rubare, del 2010). Impossibile dar conto in una pagina della ricchezza di queste indagini; vi si spazia dalla civiltà classica agli inizi dell’Evo cristiano, dalla storia medievale della Chiesa e dalle origini della moderna forma-Stato fino alla sua crisi attuale. La tesi di fondo è tanto argomentata e sostenuta a forza di documenti, quanto provocante e inquietante: la modernizzazione, processo rivoluzionario, sconvolgente gli assetti sociali e la stessa forma mentis precedenti, è tuttavia insita nel cristianesimo occidentale. È illusione quella di un “potere puro” che non cerchi di inglobare in sé anche l’“interiorità” dell’uomo. Che non cerchi di imporgli di giurare sul proprio Stato. Ed è altrettanto illusione pensare non continui a corrodere la forza di un tale “laico” giuramento la grande riserva escatologica dell’evangelico “non giurare”.


Così si intrecciano anche dimensione giuridica positiva e idea di giustizia, la dimensione della norma e quella morale, e in quest’ultima l’idea di colpa con quella di peccato. È un complesso irriducibile che ogni volta, in termini storicamente determinati, occorre analizzare e distinguere nei suoi momenti, senza cadere nel pregiudizio di una modernizzazione sinonimo di secolarizzazione completa, piena, capace di ridurre a uno spazio- tempo equivalente in tutti i suoi punti gli aspetti contraddittori della storia dell’Occidente.
Il problema, alla fine, che Paolo Prodi affronta, sintetizzato magistralmente in opere come Storia moderna o genesi della modernità? e Cristianesimo e potere, entrambe del 2012 , torna sempre ad essere quello “classico” weberiano: perché scienza e tecnica, perché organizzazione razionale di Stato e impresa, perché capitalismo sono prodotti esclusivi dell’Occidente? E in che forma oggi dominano il pianeta? Forse in una forma che li
sradica completamente da quella terra di “rivoluzione permanente”, di contrasto- rapporto, di polemos, tra teologia e politica, tra diritto e giustizia, che è stata l’Europa? Che comporta la totale desacralizzazione dello Stato e del giuramento? Che comporta un’etica senza Chiesa, o meglio, forse, una Chiesa ridotta a predicazione morale?

Ma, mi accorgo, erano queste piuttosto le mie domande a Paolo Prodi, domande per la cui semplice formulazione le sue opere risultano indispensabili. La sua è una ricerca storica e filologica di cura assoluta, ma nient’affatto soddisfatta nei limiti della propria straordinaria erudizione. Quest’opera indaga la genesi del nostro presente e delle sue tragedie, con una chiarezza pari soltanto alla passione che la anima, passione intellettuale, civile, politica, che dalla storia vuole attingere energia per presagire il futuro. Senza alcuna presunzione, certo, con quella sobrietà e quel disincanto, che sono espressioni di radicata, inestirpabile civilitas.

Category: Editoriali, Paolo Prodi e la rivista "Inchiesta", Storia della scienza e filosofia

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