Sistema finanziario e Rivoluzione copernicana

| 26 Settembre 2011 | Comments (0)

The Great Fire of London (1666)Bruciano le città. Libèration titola a grandi caratteri in prima pagina: «Dexia: la banca che ha rovinato 5000 collettività locali». Il giornale pubblica un documento riservato della banca, dove sono censiti i debiti di migliaia di comunità locali ormai al limite del fallimento, con interessi che vanno fino al 20%. In cifre Dexia ha venduto titoli tossici e spazzatura per ben 25 miliardi di euro, con 4 miliardi di euro di interessi che, allo stato attuale, non è ben chiaro chi pagherà. Alcuni sindaci hanno fatto causa alla banca, ipotizzando reati che vanno fino alla truffa, ma per ora si è in alto mare. Va aggiunto che Dexia è l’ex Credit local de France, la storica banca delle comunità locali, poi privatizzata col brillante risultato di oggi, che sta tra la rapina e l’usura. Non per caso Vincent Giret, giornalista di Libèration esperto del campo scrive: «Non si tratta più della Grecia o dell’Italia, del Portogallo o della Spagna, ma di Angouleme, di Asnieres, di Saint-Etienne, della provincia del Rodano ecc… non è più una crisi alle frontiere, ma la crisi sotto casa propria». E i cittadini sono attoniti, alcuni furiosi.  Scrive Solone (640 a. C.): «Sono i cittadini impazziti per la fame dell’oro a distruggere pietra su pietra la forza della città, e quelli che governano il popolo con in cuore grande malizia (…) ormai senza più limiti dentro a una fonda arroganza perché arraffano ammassano e non si contentano più».

La catastrofe è comune? Qualcuno dice che siamo tutti sul Titanic, e quindi via coi sacrifici, lacrime e sangue, macelleria e massacro sociale per non affondare, se no affoghiamo tutti. Epperò quando il Titanic colò a picco, si salvò il 62% dei passeggeri di prima classe, in seconda gli scampati furono il 41% e in terza soltanto il 25%, c’è poi l’equipaggio di 885 marinai e 23 donne, di cui 675 dispersi e 212 salvati (24%). Se si considera il dato disaggregato dei bambini, in prima e seconda classe se ne salva il 100%, mentre in terza soltanto un bimbo su tre riesce a cavarsela (34%): come si vede la salvezza fu tutt’altro che egualitaria (fonte British Parliamentary Papers, Shipping Casualties- Loss of The Steamship “Titanic”). E se forse il Titanic affonda, le grandi banche certamente stanno a galla benissimo: è di pochi giorni fa la notizia che, nel pieno della crisi sedicente “di tutti”, l’Unicredit ha raddoppiato i profitti. Intanto chiude gli sportelli al pubblico e dismette gli addetti, cioè licenzia lavoratrici e lavoratori.

Le diseguaglianze. Berlusconi ha percepito nel 2009 un reddito pari a 11.490 (undicimilaquattrocentonovanta) volte il reddito di un operaio FIAT. Non molto diverso è il divario tra il nostro operaio e il Dott. Marchionne, oggi assai deluso dagli operai americani che minacciano lo sciopero.  Sono due esempi particolarmente scandalosi di un fenomeno generale e mondiale. Amartya Sen a Paul Krugman, premi Nobel dell’economia – insieme a qualcun altro (pochissimi in Italia) -, individuano in queste colossali diseguaglianze il motore più profondo e micidiale dell’attuale crisi. Stupisce che la sinistra invece cincischi, sproloquiando di debito e moneta. Dovrebbe organizzare lotte, resistenze, fare opposizione e proporre alternative creatrici di eguaglianza, ma pare  del tutto incapace di pensare non dico un modello, ma almeno alcuni spunti diversi dalla litania del debito da ridurre. A spese dei soliti noti, cioè tramite macelleria sociale contro e sulle classi lavoratrici manuali e intellettuali con contorno di giovani e anziani, pensionati e precari, che è operazione violenta e oppressiva per gran parte della popolazione, in vista di un fascismo della miseria al peggio, di una democrazia autoritaria al meglio. Nel nome dei mercati.

I mercati, sedicenti. Va detto che non esistono i “mercati”, bensì i mercanti, uomini rapaci e feroci, che si muovono a branchi come cellule cancerogene, ovvero avendo i mercanti liberisti sciolto ogni legame di solidarietà con la specie umana in nome del massimo profitto e dell’avidità più sfrenata, inevitabilmente producono la distruzione del corpo sociale. Allora è necessario in fretta rimettere al centro i bisogni, i desideri, la libera volontà degli esseri umani, fare una Rivoluzione copernicana, sapendo che sarà una dura lotta per ridurre i mercanti alle ragioni della specie degli umani e della convivenza civile, del pianeta che ci ospita, e dell’equilibrio tra noi e la natura. E chi non vorrà piegarsi alla ragione del genere umano, dovrà essere scacciato dal tempio, con le buone o con le cattive.  In breve: i “mercati” sono, o si avviano a essere, una forma di neototalitarismo selvaggio, e brutale contro i quali è cominciata una battaglia vitale per l’umanità intera. I mercati/mercanti di denaro accompagnati e in sintonia con i venditori di armi, con le grandi mafie e petrolieri, nonché nuclearisti al seguito: i grandi nemici dell’umanità.

Il fallimento della scienza economica. L’ipostasi dei mercati come capaci di autoregolarsi spontaneamente, che sta alla base dell’ideologia liberista, ha una delle sue origini pseudoscientifiche nel teorema di Nash, per cui l’autore ebbe il Premio Nobel per l’economia nel 1994. Il teorema afferma che, in un gioco non-cooperativo, ovvero quando ognuno gioca per sé (selfish), con regole trasparenti, senza trucchi, e con un numero fisso di giocatori, dopo un certo tempo il sistema raggiunge un equilibrio stabile, e ognuno dei giocatori ci guadagna. Peccato che il gioco di borsa e dei sedicenti mercati non rispetti nessuna delle ipotesi: il numero dei giocatori non è mai fisso, alcuni giocatori, in specie gli speculatori, si mettono d’accordo preventivamente per agire insieme, le regole sono carta velina di fronte a un tornado, per di più carta velina non trasparente e di colore diverso a seconda della piazza, e nel gioco barare è una consuetudine, anzi una qualità. Vediamo meglio. Dal Nobel a Nash, data simbolica, in poi la scienza economica si popola di modelli matematici e di simulazioni volte solo a pre/vedere la crescita e/o la diminuzione dei titoli, qualunque siano, senza alcuna attenzione al significato, alla composizione, talché i titoli drogati, quelli spazzatura, quelli immaginari, quelli corrispondenti a merci realmente prodotte diventano indistinguibili, hanno tutti lo stesso valore; ovvero conta solo e soltanto il loro valore di scambio simbolico, totalmente sganciato dal valore d’uso, dall’utilità sociale e dal mercato delle merci. Non è più vero, come scriveva Sraffa, che il capitalismo è essenzialmente la produzione di merci a mezzo di merci. Il capitalismo è finanza a mezzo di finanza, fino al delirio: circa 60.000  (sessantamila) miliardi di dollari secondo alcuni, il doppio secondo altri, circolano nel mondo senza avere alcun corrispondente reale, oro o materie prime o merci. E l’economia, avendo rinunciato alla sua anima e ispirazione sociale, ridotta al meglio a un’appendice matematica, tra l’altro praticata da matematici apprendisti e raccogliticci, insegue questo balletto, fornendo supporto ideologico e giustificazioni pseudoscientifiche, quando non pure menzogne. Così per la maggior parte non hanno previsto la crisi, e nemmeno hanno un qualche straccio d’idea per uscirne che non siano stupidaggini.

Le agenzie di rating. Costituiscono il braccio armato di speculatori e finanzieri, in modo sempre più chiaro ed esplicito. Coi loro nomi tra il ridicolo e l’improbabile, Moody’s, Standard and Poor’s,  eccetera, agiscono in modo apertamente politico,  e aggressivo. Loro non sono oscurate dall’ideologia, sanno che l’economia è sempre economia politica, muovendosi di conseguenza al soldo dei loro padroni. Affondano i bilanci degli Stati, attaccandone l’indipendenza, e la politica assiste imbelle. Fanno terra bruciata in nome di una pretesa obiettività. Certamente il loro strapotere non è dovuto a competenze (salvo quelle banditesche), ma solo e soltanto alla volontà di accumulazione del capitale finanziario. Tra l’altro i loro veri e propri errori contabili sono ormai incontabili, l’ultimo e clamoroso è addirittura aritmetico: i 2000 (duemila) miliardi di dollari non contabilizzati per il bilancio degli Stati Uniti, onde poterlo declassare colpendo Obama (che ha le sue colpe, e parecchie) in nome di Wall Street e dei Tea Party, la destra repubblicana fascistoide. Sono le agenzie di rating che hanno imposto di mettere al centro la politica di rigore per arrivare al pareggio di bilancio degli Stati, cioè di intensificazione dello sfruttamento e della rapina nei confronti dei redditi da lavoro, nonché di distruzione dei diritti sociali in funzione di una nuova schiavitù del lavoro salariato, e di una nuova subalternità politico sociale delle classi, dai ceti medi alla working class, utilizzando il grande esercito di riserva degli immigrati, e precarizzando all’estremo il mercato del lavoro.

Le crisi. Per di più la crisi finanziaria/economica si intreccia con la crisi del rapporto uomo natura e ambiente, con la crisi delle materie prime e dell’energia, con la crisi di civiltà e della socialità, e quant’altro. Ovvero se il sistema della finanza prolifera in modo cancerogeno, l’umanità si trova di fronte a un tornante decisivo della sua storia. E pensare per esempio le energie alternative e rinnovabili, significa anche pensare a come ci si può sbarazzare insieme delle agenzie di rating e della dittatura dei mercanti/mercati. Se, da una parte, funziona a pieno regime l’intreccio tra mercanti di denaro e d’armi, partiti reazionari, petrolieri/nuclearisti, industriali come Marchionne e compagnia, Stati oppressivi e sempre più autoritari, dall’altra bisogna far funzionare un fronte ampio fondato sulla ricomposizione del lavoro, inteso non come sfruttamento e dominio sulla natura, ma come ricambio organico tra uomo e natura, e una cooperazione sociale assiata sulla scienza, sulla libertà e sulla democrazia, pavimentate dall’eguaglianza. Sapendo che il conflitto sarà duro e lungo. Parliamo del secolo e non dell’anno prossimo.

Nota a margine. Quando dico: azione cancerogena non intendo solo che la dinamica di sviluppo del cancro, con distruzione dell’organismo in cui si propaga, è analoga a quella dello sviluppo del sistema finanziario con conseguente distruzione. Per esempio, gli oncologi americani denunciano la carenza di farmaci fondamentali per la cura dei tumori. Farmaci poco costosi, e proprio per questo non vengono più prodotti e/o messi in commercio dalle aziende farmaceutiche. La denuncia è di Michael Link, Presidente della Società Scientifica degli oncologi americani sul New York Times. Letteralmente l’illustre clinico ha detto: «Questa carenza di farmaci ci sta uccidendo». In particolare manca la bleomicina, in grado di guarire la maggior parte degli ammalati di linfoma di Hodgkin. Altre molecole valide contro le leucemie, i tumori ai testicoli, o utili contro i tumori ai polmoni o al seno cominciano a scarseggiare e il fenomeno si sta estendendo. Medicine salvavita che scompaiono perché non sono abbastanza redditizie dal punto di vista del profitto privato e aziendale.

La Rivoluzione copernicana. Intendo una rivoluzione che cambi nel comune sentire il significato per esempio dei “mercati”. Non è operazione solo linguistica, cominciare a chiamarli mercanti, o culturale, cominciare a parlare dei bisogni e dei desideri delle persone invece che delle quotazioni di borsa o del debito pubblico, e nemmeno solo di denuncia delle malefatte di banche, speculatori vari, hedge found e quant’altro, ma politica. Cioè la fondazione/costituzione di una società di cittadini liberi ed eguali che studino, pensino, facciano ricerca, producano, agiscano cooperando in funzione del bene comune, e dei diritti di ciascuno. In un contesto necessariamente multiculturale e multietnico, e assumendo come costitutiva la differenza sessuale. Nonché la definizione di lavoro come ricambio organico uomo- natura.  Questa attività multiforme insieme cognitiva e operativa,  che rimetta al centro i bisogni, i desideri, i diritti, le libertà le solidarietà e fratellanza degli esseri umani è tutt’altro che scontata, e ha molti nemici esterni, molto potenti e senza scrupoli. Ma anche molti per così dire naturalmente del nostro campo non saranno facili da convincere. Insomma per fare la Rivoluzione copernicana non bastano le buone intenzioni e neppure dire le cose giuste e/o proporre un modello alternativo al liberismo e alla dittatura dei mercanti/mercati; bisognerà anche affrontare quel problema decisivo che tormentava Spinoza: perché essendo gli oppressi assai più numerosi degli oppressori, spesso gli stessi oppressi non riescono a ribellarsi di comune accordo. Anzi addirittura accade che una parte degli oppressi lotti contro altri oppressi, sia  per conto degli oppressori, sia in conto proprio. È la storia dei fascismi e dello stalinismo, ma non solo. Una storia che sarebbe bene non ripetere.

Una manifestazione. Scrive David Grossman, raccontando una manifestazione in Israele: «Avevamo intenzioni serie quando gridavamo “ri-vo-lu-zio-ne”? E che accadrà se avremo “troppo successo”? Se i cerchi che tengono insieme questo fragile Paese si spezzeranno? Se le contestazioni e l’impeto si trasformeranno in anarchia?  Ma dopo qualche passo è successo qualcosa, qualcosa che è entrato nel sangue. Il ritmo, lo slancio, l’essere insieme. (…) A quel punto è affiorato lo stupore: dove siamo stati finora? Come abbiamo potuto lasciare che tutto questo accadesse. Accettare che i governi da noi eletti trasformassero la nostra salute e l’istruzione dei nostri figli in un lusso? Non levare un grido quando i funzionari del ministero del Tesoro schiacciavano la protesta degli assistenti sociali, e ancor prima dei disabili, dei sopravvissuti alla Shoah, degli anziani, dei pensionati? Come abbiamo potuto per anni condannare i bisognosi e gli affamati a una vita di umiliazione e delegare la loro assistenza alle mense dei poveri, agli enti di carità? Come abbiamo potuto abbandonare i lavoratori stranieri alle angherie di oppressori e persecutori, di mercanti di schiavi e di donne? Come abbiamo potuto rassegnarci a una prepotente politica di privatizzazione che ha sgretolato tutto ciò che avevamo caro: la solidarietà, la responsabilità e l’assistenza reciproca, la sensazione di appartenere a un solo popolo? (..) ma ecco che, improvvisamente e contro ogni previsione, è accaduto qualcosa. La gente si è svegliata».

Tornando in Francia. A Marsiglia, città che s’impoverisce a vista d’occhio, esiste ormai un solo “ristorante del cuore”, le mense per i poveri inventate da Coluche trenta anni fa. Le recenti restrizioni di bilancio per i bisognosi, decretate dalla UE in ossequio alla politica del rigore, faranno sì che molto probabilmente chiuda anche questo ultimo. Per oltre seimila famiglie sarà allora la fame. Ovvero: al peggio non c’è mai fine. Per ora manca solo un’emula/o di Maria Antonietta che inviti gli affamati se non hanno pane, a mangiare brioches. Dopo venne la Rivoluzione francese dell’Ottantanove

 

Category: Economia, Storia della scienza e filosofia

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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