James Kenneth Galbraith: Intervista sullo Stato predatore (2008)

| 28 Novembre 2012 | Comments (0)

In occasione della uscita del libro Inequolity and Instability (2012) ripubblichiamo l’intervista fatta da Bill Moyers il 24 ottobre 2008 sul Bill Mayers Journal  a James Kenneth Galbraith quando usci il libro Lo stato predatore (2008). L’intervista è stata tradotta da www.documentazione.altervista.org

 

BILL MOYERS: Guardando Alan Greenspan testimoniare al Congresso questa settimana, ho tentato, ho tentato in tutti i modi di non pensare a Ayn Rand. E non ci sono riuscito.

La filosofa e novellista Ayn Rand è stata il guru ideologico di Alan Greenspan, il suo mentore intellettuale. E’ stata anche una delle più straordinarie fantasie dell’ultimo secolo, l’autrice dei più influenti libri della mia generazione, LA FONTE MERAVIGLIOSA, e LA RIVOLTA DI ATLANTE, entrambi dei best-seller senza tempo.

Rand era un’edonista, una esponente radicale dell’autointeresse [self-interest], che credeva così tanto nel capitalismo libero e senza freni da predicare l’abolizione di tutte le regole pubbliche salvo quelle che riguardassero il crimine. Nella litania di Rand, la comunità del business era costantemente assediata da forze del male che praticavano, siete pronti? L’altruismo! Sì, l’attenzione disinteressata per il benessere altrui era una minaccia all’avidità, e Rand non voleva sentirne parlare.

Alan Greenspan, quando era ancora un giovanotto, la incontrò a New York e, come successe a molti capitalisti in erba, rimase folgorato. In seguito sembra avere trascurato la sua influenza su di sé, ma come Presidente della FED per circa 19 anni è sembrato piuttosto “Randista” mentre assisteva alla corsa selvaggia di Wall Street. Ieri, come un vecchio guerriero nella nebbia dopo che le sue armate se ne sono andate dal campo di battaglia, ha espresso meraviglia su come la sua ideologia lo abbia ingannato. Non l’ho vista arrivare, ha detto al Comitato parlamentare di supervisione. L’estensione del disastro è “molto maggiore di quanto avrei potuto immaginare”, uno “tsunami del credito di quelli che avvengono una volta al secolo”. Le meravigliose glorie del libero mercato senza bisogno di noiosi controlli erano in qualche modo andate in malora. Adesso ci dica.

ALAN GREENSPAN: Mi sono sbagliato nel presumere che l’autointeresse delle organizzazioni, specificamente le banche e altre, fosse in grado di renderle capaci di proteggere al meglio i loro azionisti e i loro interessi di proprietari nelle aziende …

 

Presidente WAXMAN: In altre parole, lei si è accorto che il suo modo di vedere il mondo, la sua ideologia, non era giusta, non funzionava.

ALAN GREENSPAN: Assolutamente, esattamente. Sapete, è esattamente questa la ragione per la quale sono rimasto scioccato, perché avevo avuto per 40 anni delle prove considerevoli che invece funzionasse eccezionalmente bene.

 

BILL MOYERS: Con i paraocchi ideologici strappati via dalla realtà dei fatti, Alan Greenspan farebbe meglio penitenza più che con LA FONTE MERAVIGLIOSA, e LA RIVOLTA DI ATLANTE, con il muovo libro di James K. Galbraith’s, THE PREDATOR STATE: HOW CONSERVATIVES ABANDONED THE FREE MARKET AND WHY LIBERALS SHOULD TOO (“Lo Stato predatore: come i conservatori hanno abbandonato il libero mercato, e perché i progressisti dovrebbero fare altrettanto”). In questo, l’autore domanda. “Perché non costruire una nuova politica economica basata su quello che realmente avviene?”. Una domanda fondamentale che sicuramente sta facendo rivoltare Ayn Rand e Milton Friedman nella tomba.

James K. Galbraith è ora con noi. Il Professor Galbraith è stato Direttore Esecutivo del Comitato economico congiunto del Congresso. Insegna economia alla Scuola Lyndon B. Johnson sugli Affari pubblici all’Università del Texas, dove dirige anche il Progetto sulla disuguaglianza, nel quale si analizzano i salari e i redditi e i cambiamenti industriali nel mondo. Benvenuto, James Galbraith.

JAMES GALBRAITH: Piacere di essere qui.

 

BILL MOYERS: Quant’è pericolosa la situazione?

JAMES GALBRAITH: Molto. E’ il “big one” [Modo di dire Californiano noto in tutti gli USA che si riferisce al “grande terremoto” temuto e atteso, NdT]. Sto lavorando alla crisi finanziaria sin dal salvataggio di New York City nel 1975. E si tratta, di gran lunga, della maggiore minaccia al sistema complessivo che abbia mai visto nella mia vita e penso sia la maggiore minaccia dalla fine degli anni ’20.

 

BILL MOYERS: E’ possibile che l’adrenalina della paura ci spinga nel baratro del panico al punto da farci smettere di agire razionalmente e consapevolmente?

JAMES GALBRAITH: La paura è un fattore. Abbiamo tuttavia un grande vantaggio rispetto ai nostri predecessori del 1929. Abbiamo il fatto che il New Deal c’è stato. E abbiamo le istituzioni del New Deal, e anche se sono state gravemente danneggiate nell’ultimo decennio, sono ancora qui. Abbiamo l’assicurazione sui depositi. Abbiamo la Sicurezza sociale. Abbiamo uno stato capace di agire come prestatore d’emergenza, che può prestare e spendere quanto richiesto per gestire la crisi.

Qui dunque, negli Stati Uniti, la capacità di gestire la crisi esiste. Quello di cui abbiamo bisogno è un governo che abbia la volontà di usare la sua capacità, che creda in essa. Ed il collasso del vecchio oggettivismo di Alan Greenspan è una caratteristica fondamentale della situazione presente, ed è arrivato al momento giusto. Con il collasso di questo sistema di idee forse si è spianata la strada per ripensare da zero e in modo chiaro ai problemi che abbiamo di fronte e a come risolverli.

 

BILL MOYERS: Bene, si stanno comportando come credenti rinati nell’intervento pubblico.

JAMES GALBRAITH: Credo tuttavia ci sia ancora molto da imparare e molto da fare. Sentiremo parlare molto nelle prossime settimane della necessità di un pacchetto di stimoli. E un sacco di gente parlerà su come acconsenta a che si faccia uso dell’intervento pubblico, nel breve termine.

Ma quello che voglio sottolineare è il fatto che abbiamo assistito al crollo di un intero sistema. Le conseguenze della mancata regolamentazione e del controllo del sistema bancario negli ultimo otto anni è stata la causa del collasso di fiducia, un pozzo avvelenato.

 

BILL MOYERS: Fiducia?

JAMES GALBRAITH: Di fiducia, sì. Le banche …

 

BILL MOYERS: Tra le …

JAMES GALBRAITH: Le banche non si fidano le une delle altre perché non sanno se le loro controparti sono solvibili. I consumatori non hanno fiducia nel sistema delle banche. Le Banche non si fidano della gente che chiede loro prestiti per esigenze commerciali. E’ un pozzo avvelenato. Ci vorrà un sacco di tempo per ripulirlo.

 

BILL MOYERS: Un sacco di tempo? Cosa intende?

JAMES GALBRAITH: La mia sensazione è che, se lo si fa correttamente, in modo aggressivo ed efficace, potremmo averne ragione in tre anni. Non è un problema che si risolve con un programma di sei mesi.

 

BILL MOYERS: Cosa teme più di tutto, oggi?

JAMES GALBRAITH: Una settimana fa ho sentito che ci sarebbe stata la possibilità che Phil Gramm diventasse Ministro del Tesoro.

 

BILL MOYERS: Il suo ex compagno del Texas, giusto?

JAMES GALBRAITH: Sì, esatto. Abbiamo una scelta tra, da una parte, una filosofia di deregolamentazione, de-supervisione, una filosofia del “tutto va avanti da solo”. Lo stesso Gramm è stato un architetto, un importante architetto dei mercati speculativi appena collassati. Dall’altra un’alternativa che dice che si deve avere un approccio pragmatico a questi problemi. E si tratta di una scelta che il pubblico Americano dovrà ovviamente fare nei prossimi giorni.

 

BILL MOYERS: Qual è lo scenario di caso peggiore al quale pensa a notte fonda?

JAMES GALBRAITH: Fino ad adesso le cose che mi preoccupano di più non sono gli Stati Uniti. Le cose che mi preoccupano di più è che le stesse idee di deregolamentazione, di liberi mercati, sono state adottate nella costruzione dell’Europa moderna. E gli europei non hanno le istituzioni del New Deal, una banca centrale che può prestare quando è necessario.

 

BILL MOYERS: Giusto.

JAMES GALBRAITH: Uno stato che può prestare quando serva; che possa prendere delle iniziative. Si sono espansi verso l’Europa dell’est in un modo tale per cui il Comunismo è stato rimpiazzato dal nulla. E il collasso finanziario sta arrivando là, per molti versi, in modo più profondo di quanto abbiamo qui.

 

BILL MOYERS: Abbiamo però visto Gordon Brown, il primo ministro della Gran Bretagna, fare passi avanti come nemmeno il nostro governo ha fatto, e tentare di orchestrare una risposta di dimensione europea.

JAMES GALBRAITH: E’ vero. E questo significa riunire i ministri delle finanze nei fine settimana per tentare di agire su basi specifiche. Fortunatamente in quel paese abbiamo istituzioni di governo che possono agire. Gli europei stanno improvvisando. Devono andare contro i principi della Banca Centrale, contro il Trattato di Maastricht e le sue restrizioni alla spesa pubblica, al deficit di bilancio. Si tratta di un problema di sistema. Il nostro è un problema politico. Noi possiamo risolvere i nostri problemi.

 

BILL MOYERS: Non sta improvvisando anche il nostro governo? Voglio dire, il NEW YORK TIMES questa settimana …

JAMES GALBRAITH: Sì.

 

BILL MOYERS: Ha tirato fuori una lunga storia dicendo che il Ministro del tesoro Paulson usciva dalla curva quasi ad ogni giro.

JAMES GALBRAITH: E’ senza dubbio vero. Prima di tutto, la crisi si è sviluppata per un anno. Quando è scoppiata, lui ha mandato una proposta di legge di tre pagine al Congresso. Molti hanno detto che era un abuso di potere. Secondo me era una zattera. Diceva al Congresso: “La palla è a voi. Scrivete voi la legislazione”, cosa che Barney Frank e la leadership del Congresso hanno poi effettivamente fatto. E torneranno, e eventualmente proporranno una legge. E Paulson ha sempre improvvisato. Ha fatto una serie di cose che raccomandavo fin dal 25 Settembre nel “Washington Post”. Garantire tutti i depositi nel sistema bancario. Sostenere il mercato dei pronti contro termine. Prendere partecipazioni nelle banche, nazionalizzandole parzialmente. Tutte queste cose che erano inimmaginabili a metà settembre sono ora politica, anche se non facevano parte, in senso stretto, della proposta di legge.

Così stiamo improvvisando rapidamente. Il prossimo problema è occuparsi dele necessità dell’economia, non solo del settore finanziario. Il fatto è che abbiamo milioni di abitazioni sotto pignoramento. E’ un numero destinato a crescere. Può diventare due milioni e mezzo o cinque milioni in pochi mesi. Stiamo facendo dei passi significativi per tenere le famiglie nelle loro case, per tentare di minimizzare gli abbandoni, le rovine, i danni permanenti alle case e alla gente che ci vive.

 

BILL MOYERS: Sì, è la calamità della quale volevo chiederle. Se uno possiede una casa il cui valore è molto al di sotto del mutuo che si deve pagare, cosa deve fare?

JAMES GALBRAITH: Rinegoziare il mutuo. Ed è una cosa che deve essere fatta caso per caso con l’aiuto dello Stato. E’ per questo che negli anni ’30 Roosevelt fondò una Home Owners’ Loan Corporation [Corporazione per i prestiti ai proprietari di case, NdT] per fare una cosa del genere. Dobbiamo tornare a quel modello e fare qualcosa di simile. Sheila Bair, il capo del FDIC …

 

BILL MOYERS: Federal Deposit Insurance Corporation [Corporazione del Deposito Federale sulle assicurazioni, NdT].

JAMES GALBRAITH: … ha proposto una cosa molto simile.

 

BILL MOYERS: E così il Governatore John …

JAMES GALBRAITH: e così noi siamo …

 

BILL MOYERS: .. Corzine del New Jersey sta tirando fuori una cosa simile. I dettagli seguiranno. Ma so che sta facendo dei tentativi. Anche altri Governatori.

JAMES GALBRAITH: Sì.

 

BILL MOYERS: Possono farlo da soli a livello statale?

JAMES GALBRAITH: No. Serve un’organizzazione e fondi federali. E gli stati hanno un altro problema, il fatto che gli stati si finanziano con le tasse di proprietà e le economie locali.

 

BILL MOYERS: Giusto.

JAMES GALBRAITH: Queste stanno collassando. Quindi hanno bisogno di sostegno per mantenere i loro servizi pubblici, i loro funzionari, i loro impiegati a libro paga in modo da non complicare il problema degli alloggi, tra le altre cose.

 

BILL MOYERS: E dato che non ci sono capitali privati da cui farsi prestare, ora, dove possono andare?

JAMES GALBRAITH: Devono, il governo federale deve procurare sia risorse operative sia supporto in capitale per gli investimenti degli stati e dei governi locali.

 

BILL MOYERS: Cosa ci dice sull’altra calamità? L’altra calamità è che la gente vicino alla pensione e i più anziani sono stati colpiti molto duramente nei loro piani pensionistici. Cosa sarà di loro?

JAMES GALBRAITH: Non si può trattare la gente in modo uguale perché ognuno ha un portafoglio differente. Alcuni sono molto nel mercato azionario, altri meno. Quelli che ci stanno molto sono stati colpiti più duramente. Quel che si deve fare è proteggere la popolazione del complesso. E abbiamo un sistema per farlo. Si chiama Sicurezza Sociale.

Sostiene oggi circa il 40% della popolazione anziana americana che non ha fondamentalmente nessun altro reddito. E’ più della metà dei pensionati, forse il 50 o 60% di questi. I benefici della Sicurezza Sociale, salvo per gli aggiustamenti per l’inflazione, non sono aumentati nel corso di una generazione. Dobbiamo pensare a come rimpiazzare il calo della domanda aggregata in qualche misura aumentando i benefici della Sicurezza Sociale, aumentandola per i più poveri e vulnerabili.

 

BILL MOYERS: Una misura temporanea?

JAMES GALBRAITH: Sono favorevole a farlo in modo permanente.

 

BILL MOYERS: Sì, ma, sapete, lei e tutti quelli che abbiamo letto o ascoltato dire o richiedere più spesa, più spesa perché è l’unico modo che dite esista per immettere del capitale nel sistema. Ma da dove tiriamo fuori questi soldi, Jamie?

JAMES GALBRAITH: Il governo non ha problemi di soldi. Quel che stiamo imparando, prima di tutto, è che il dollaro resta la moneta di riferimento del mondo. E’ l’euro che sta collassando ora, non il dollaro.

Il credito di cui gode lo Zio Sam è eccellente. Lo Zio Sam può farsi prestare a breve per praticamente niente in questi tempi. Tutti vogliono avere Buoni e Obbligazioni del Tesoro perché sono sicuri. Lo Zio Sam può farsi prestare per 20 anni al 4,3%. E’ lo stesso tasso al quale gli Stati Uniti potevano farsi prestare per 20 anni nell’ultimo mese della Amministrazione Eisenhower. Così, dal nostro punto di vista, noi siamo attualmente sistemati bene, voglio dire che il governo degli Stati Uniti è ben sistemato per prendere in mano la leva per tirare fuori il paese e il mondo dalla crisi.

 

BILL MOYERS: ma anche il website di Obama chiama il deficit dell’America il “Nemico in patria”. Anche lui è consapevole che il deficit è oltre la soglia.

JAMES GALBRAITH: No, il deficit non è oltre la soglia. Il deficit della Amministrazione Bush relativamente alle dimensioni dell’economia non è mai stato tanto grande. Era certamente superiore a quello sotto Clinton, ma questo è stato in parte necessario per il cambiamento della situazione economica, il collasso della bolla delle dot-com nel 2000.

Il credito del governo degli Stati Uniti è buono. Il deficit è un parametro finanziario che la gente userà perché non ci sono modi, in queste circostanze, di evitare un aumento del deficit. Può succedere una delle due cose. Il governo agisce e aiuta a stabilizzare l’economia nel qual caso avremo più spese ma più posti di lavoro.

Oppure il governo non fa niente e lascia l’economia collassare, nel qual caso avremo molto meno gettito fiscale. In ogni caso il deficit crescerà. Non c’è modo di evitarlo. L’unica domanda è se si vuole lavorare per avere una buona economia o accettare una terribile economia.

 

BILL MOYERS: Quali sono gli effetti negativi di un deficit che cresce?

JAMES GALBRAITH: L’unica cosa che mi preoccuperebbe è se non si trovassero prestatori che vogliano fornire capitali al governo USA, che i Cinesi o i Giapponesi possano decidere di voler andare verso un’altra moneta, e allora avremmo problemi con l’inflazione. Ma questo non succederà.

Non succederà perché, se dovesse succedere, l’alternativa principale, l’euro, non è praticabile come divisa di riserva per il resto del mondo. O il dollaro, o niente. E dunque gli Stati Uniti fondamentalmente possono autofinanziarsi nella misura necessaria per fronteggiare la crisi. E sono piuttosto certo e fiducioso che non avremo di questi problemi.

 

BILL MOYERS: Lei ha chiamato il suo libro “LO STATO PREDATORE”, cosa intende con “predatore”?

JAMES GALBRAITH: Quello che là dico è che le persone che sono andate al governo non erano interessate a ridurre lo Stato e ad avere uno Stato più leggero, secondi i principi conservatori. Erano interessati ad usare queste grandi istituzioni per scopi privati, per metterle sotto il controllo loro e dei loro amici e farle usare dai loro clienti. Volevano privatizzare la Sicurezza Sociale. Hanno creato un benefit sulle medicine del Medicare in modo da dare il massimo profitto alle compagnie farmaceutiche.

Hanno usato gli accordi commerciali per estendere la protezione brevettuale per vari interessi o per promuovere l’espansione dei mercati dell’agricoltura delle corporation nel terzo mondo. Una serie di cose che sono fondamentalmente politiche e clientelari. Questo è lo Stato predatore.

 

BILL MOYERS: La chiama la repubblica delle corporation.

JAMES GALBRAITH: E’ una repubblica delle corporation.

 

BILL MOYERS: Il che significa che lo scopo del governo è la diversione di fondi dal settore pubblico al privato?

JAMES GALBRAITH: Penso sia del tutto evidente. Hanno anche consegnato l’apparato di regolamentazione alle industrie da controllare. Hanno consegnato il pollaio alle faine in ogni singola circostanza. E’ questa la causa del declino, l’abbandono della responsabilità ambientale, la fonte del collasso della protezione dei consumatori, e la fonte del collasso del sistema finanziario, tutto porta all’indietro ad una radice comune, l’avere omesso di preservare un settore pubblico che lavorasse nell’interesse pubblico, che fornisse standard e regole, una cornice in cui il settore privato possa agire in concorrenza. Questo è stato completamente abbandonato.

 

BILL MOYERS: Abbiamo ascoltato quanto ha detto Alan Greenspan ieri. Ma ha ascoltato cosa ha detto il presidente della Commissione Security e Borsa (SEC), Christopher Cox? Voglio dire che è stata una delle più grandi ritrattazioni della storia dell’America moderna. Cito: “Gli ultimi sei mesi hanno reso abbondantemente chiaro che la regolamentazione volontaria non funziona”.

Ora sappiamo tutti bene che il governo può distorcere tutto. Sappiamo che il governo può fare errori seri. Che tipo di regolamentazione lei pensa non punisca e avveleni lo spirito imprenditoriale ma protegga gli interessi pubblici?

JAMES GALBRAITH: Prima di tutto, chiunque credesse, fino a sei mesi fa, che la regolamentazione volontaria poteva funzionaria era o un disonesto o un illuso. La regolamentazione volontaria è tale che, per sua natura, può essere evasa. E quel che succede è che le persone più prone all’evasione, o a non rispettare gli standard, finiscono per controllare il processo. I loro profitti sono maggiori. E così mettono le aziende e le attività rispettose delle regole con le spalle al muro. Le surclassano.

Bisogna avere un sistema obbligatorio cosicché le aziende più progredite tecnologicamente, più sicure, più rispettose, più prudenti nel settore finanziario, che rispettano gli standard di credito, abbiano un vantaggio concorrenziale. Questa è il primo scopo della regolamentazione.

E’ un contesto che favorisce, quando ben fatto, il più efficiente, il più progredito, che favorisce gli elementi che sono preparati al lavoro entro linee guida stabilite per il bene pubblico.

 

BILL MOYERS: Che tipo di regolamentazione lei pensa sia più efficace?

JAMES GALBRAITH: Prima di tutto, bisogna ripulire il casino che è stato fatto. E questo deve includere una certa quantità di azioni legali, il perseguimento penale degli illeciti. Ci sono stati diverse frodi nel settore immobiliare, sia tra i prestatori dei mutui, sia tra i valutatori. Tutti questi devono essere indagati. E si devono rimuovere dalle posizioni nell’industria finanziaria quelle persone che hanno commesso abusi.

Il sistema di regolamentazione che sta venendo fuori dovrebbe essere fondamentalmente come una azienda di servizio pubblico. Deve trattare le banche come servizi pubblici, con limiti alla crescita, al tasso di profitto, e al credito in modo da essere molto più trasparenti, da rendere molto più facile la valutazione dei prodotti finanziari che vengono commerciati. Niente fuori bilancio, niente di occulto, di troppo complesso per essere valutato.

Dobbiamo farla finita con i paradisi fiscali offshore e gli altri modi con i quali le istituzioni sono sfuggite alle loro responsabilità verso il paese per non pagare la loro parte di tasse. Dobbiamo avere un insieme di standard prudenziali ragionevoli che in buona sostanza mettano gli affari e la finanza su di un percorso sostenibile. Ci sarà del business meno eccitante, ma più affidabile per il paese nel suo complesso.

 

BILL MOYERS: Lei è di suo un economista esperto. Ma io esito a convocare lo spirito di suo padre a questo tavolo. Se non fosse morto due anni fa, sarebbe stato qui nelle ultime 100 settimane, vero? Il suo libro classico, naturalmente, è “il grande crash del 1929”. La situazione attuale è paragonabile con quanto accadde quando suo padre era un giovane economista?

JAMES GALBRAITH: Lo è. La situazione attuale è molto simile al momento di panico e di collasso che vedemmo nel 1929. E per ragioni molto simili. L’abbandono della responsabilità nella supervisione che avrebbe dovuto essere applicata per mantenere sotto controllo la speculazione, le frodi e gli abusi. Andiamo dunque incontro ad un periodo di correzioni importanti. E papà, scrivendo nel 1955, parla di come la memoria svanisca e come si sarebbe potuto dimenticare, anche se fino a quando la gente avesse ricordato il ’29 non avrebbe potuto ripetersi, e il sottostante impulso speculativo sarebbe ritornato. Il libro, oltre ad essere una bella lettura, è veramente una precognizione in un modo molto equilibrato. Ma dico anche che non torneremo al ’29 perché nel ’29 non avevamo avuto Roosvelt. Non avevamo avuto Kennedy e Johnson. Noi abbiamo avuto tutti questi, ora. Così noi abbiamo ora una storia su cui basarci.

 

BILL MOYERS: C’è un precedente, sta dicendo, ci sono strumenti che se la gente vuole può usare.

JAMES GALBRAITH: Strumenti, non solo precedenti, ci sono istituzioni. C’è la struttura del governo. E se la usiamo non possiamo evitare il ’29, ma possiamo evitare il 1930 e il 1931, quando …

 

BILL MOYERS: Quando …

JAMES GALBRAITH: l’output cadde di un terzo, la disoccupazione salì al 25% della forza lavoro e un terzo o più delle banche del paese chiusero i battenti e la gente perse i propri risparmi. Di fatto, siamo anche nella condizione di fare i giusti passi per evitare che cose del genere accadano. Dobbiamo riconoscere tuttavia che non possiamo mai più tornare indietro ad una finanza governata da bucanieri, ad una economia pilotata da Wall Street in cui un gruppo di persone del tutto non qualificate a governare il paese, detta di fatto la politica dal trespolo qui a Manhattan.

 

BILL MOYERS: Ci sono però capitalisti come Steve Forbes, ho appena letto un suo lungo articolo nel numero in edicola di “Forbes Magazine”, che dice che la gente come lei sta andando troppo lontano e che sono stati in realtà gli eccessi dei governi negli anni ’80 e ’90 che hanno contribuito a quanto è cominciato nel 2007 con il crollo. E che se si fa come lei, la gente fa come lei, si criminalizza il business. Alzerete le tasse e prosciugherete l’economia. Condurrete il governo senza controllo nella stessa catastrofe nella quale una Wall Street senza controllo ci ha condotto. Cosa risponde a Steve Forbes?

JAMES GALBRAITH: Prima di tutto, sono molto d’accordo con lui, che sono stati gli errori del governo ad essere i responsabili. E’ stato il vero errore, l’abbandono, il trascurare la responsabilità di supervisione e di regolamentazione. C’è questo alla radice.

Esattamente come non si può prosperare senza un’economia privata, così non si può prosperare senza un efficace governo autonomo capace di pensare con la propria testa, capace di valutare le cose, di difendere altri interessi, di difendere il lavoro e i consumatori per l’interesse pubblico complessivo. Se non c’è questo, avremo queste piramidi, queste bolle, queste epidemie di imbrogli e di abusi, e alla fine il collasso della fiducia e il collasso della stessa economia. E’ quello che succede nello stato predatore.

 

BILL MOYERS: Ho annotato qualcosa che lei ha scritto altrove, che mi ha colpito. Lei ha scritto che dopo la Seconda guerra il nostro sistema non era imperiale. Cito “Parlavamo invece di comunità, di libertà, di scopi comuni e di valori comuni. E il mondo ci prendeva sul serio perché avevamo pagato i nostri prezzi”. Cosa è successo di questi valori?

JAMES GALBRAITH: E’ chiaro che il mondo ha perso fiducia nel ruolo responsabile degli Stati Uniti. L’Iraq è considerato dal mondo come una cosa avventata e utile solo a sé stessa, invece che un passo necessario per proteggere la sicurezza comune.

Nel settore finanziario, il mondo ci vedeva come un porto sicuro perché pensavano che avevano un sistema efficiente di legalità, trasparenza e sicurezza. Questo ha ricevuto un grosso colpo. Ma ci stiamo salvando per il momento perché gli altri sistemi sono ancora peggiori. Penso che si può girare pagina e ricostruire la posizione del paese nella comunità mondiale solo se lo si fa in modo completamene credibile. Gente nuova, nuove filosofie, nuove politiche.

 

 

Category: Economia

About James Kenneth Galbraith: Figlio di John Kenneth e di Catherine (Kitty) Atwater Galbraith, ha ottenuto il BA, magna cum laude, alla Harvard nel 1974 e il Dottorato (PhD) a Yale nel 1981, entrambi in economia. Dal 1974 al 1975, Galbraith ha studiato come “Marshall Scholar” al King's College a Cambridge. Dal 1981 al 1982 Galbraith ha fatto parte dello staff del Congresso degli Stati Uniti d'America, anche in qualità di “Executive Director” (Direttore esecutivo) del “Joint Economic Committee” (Comitato economico congiunto). Nel 1985 è stato studioso ospite alla “Brookings Institution”. Attualmente è docente alla “Lyndon B. Johnson School of Public Affairs” e al Dipartimento di Politica alla Università del Texas di Austin. È presidente degli “Economists for Peace and Security” (Economisti per la pace e la sicurezza), precedentemente chiamati “Economists Against the Arms Race” (Economisti contro la corsa agli armamenti) e poi “Economists Allied for Arms Reduction (ECAAR)” (Economisti alleati per la riduzione delle armi), una associazione internazionale di economisti professionisti preoccupati per la pace e la sicurezza. È anche “Senior Scholar” al “Levy Economics Institute” del Bard College e Direttore del “Progetto disuguaglianze” dell'Università del Texas. Nel marzo 2008 Galbraith ha utilizzato la 25a “Distinguished Lecture” di Milton Friedman per lanciare un attacco frontale al “free market consensus” (consenso al libero mercato), specialmente nella sua versione monetarista. La sua posizione è quella per la quale una rigorosa politica economica Keynesiana sarebbe la soluzione della crisi economica-finanziaria del 2007-2008, mentre politiche monetariste peggiorerebbero la recessione. Verso la fine del 2008 molti politici nel mondo hanno iniziato ad ispirarsi alle raccomandazioni di Galbraith, in quello che il Financial Times ha dipinto come "un impressionante rovesciamento dell'ortodossia degli ultimi decenni". Nel 2009 aderisce al progetto per la realizzazione del film "Soldiers of Peace" che coinvolge 14 Paesi nel Mondo nella realizzazione di una pace globale. E' autore di numerosi libri tra i quali: The Predator State (2008), Inequality and Instability (2012), The End of Normality (2014)

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