Gianni Rinaldini: Sciopero generale contro la Legge di Stabilità

| 1 Novembre 2015 | Comments (0)

 

 

 

 

Diffondiamo da Dielle (Democrazia e lavoro) del 1 novembre 2015

Gianni Rinaldini: Il governo Renzi in assoluta continuità con le scelte dei governi precedenti ha presentato una Legge di Stabilità che compie un ulteriore importante passaggio nella definizione di un nuovo assetto sociale e democratico del paese. L’impatto della manovra sulle condizioni delle persone non si presenta con la stessa asprezza di quelle precedenti perché, può fare leva, sugli spazi di flessibilità concessi dall’unione europea.

Vengono confermati i vincoli del pareggio di bilancio per il futuro – 2018 e 2019 – ma non vengono rispettati quelli previsti per il 2016; per esempio non scatta la clausola di salvaguardia di aumento dell’Iva e dell’accise sulla benzina (equivalenti a 16,8 miliardi di Euro) spostati al 2017. Questo è stato possibile perché, come afferma il Presidente del Consiglio, “abbiamo dimostrato alla Commissione Europea la nostra affidabilità nel dare corso alle riforme strutturali e che vanno completate nel corso del 2016….”.

Le “riforme strutturali” sono sempre quelle contenute nella lettera, del 2011 della Banca Centrale Europea e della Commissione Europea: Riduzione dello Stato Sociale, privatizzazioni, superamento del Contratto Nazionale, abolizione delle tutele sul lavoro dipendente. La riforma strutturale del sistema previdenziale è stata fatta dal governo Monti con un sistema totalmente contributivo e la cancellazione delle pensioni di anzianità.

Adesso si ragiona su eventuali correttivi, peraltro ragionevoli e condivisibili come quelli proposti dal sindacato, ma il sistema non è più messo in discussione anche nella sua evoluzione automatica. Infatti non c’è bisogno di alcuna decisione, ma nel 2016 scatteranno automaticamente, un elevamento dell’età pensionabile e l’adeguamento del coefficiente di rivalutazione del montante contributivo rispetto all’aspettativa di vita. Non c’è dubbio che trattasi di una vera riforma strutturale perché consegna alle nuove generazioni un futuro dove la remota possibilità di percepire una pensione dignitosa sarà determinata sempre di più dall’appartenenza o meno ad un sistema privato, sia esso di carattere negoziale o assicurativo.

Successivamente con il governo Renzi, nel 2014, è stata portata a compimento la cancellazione del cuore dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori e delle Lavoratrici introducendo la libertà di licenziamento e il controllo a distanza della prestazione lavorativa. Le tutele crescenti e la decontribuzione totale erano un imbroglio che servivano da una parte, a definire uno sgravio alle aziende fino ad oltre 8mila Euro annui per ogni assunzione e dall’altra, a coprire il vero obiettivo: l’abolizione dell’articolo 18. Previdenza, abolizione delle tutele sul lavoro sono le riforme strutturali che insieme all’aziendalizzazione della scuola e le privatizzazioni in atto come quella delle poste, il Governo ha portato come scalpo all’Europa per avere un margine di flessibilità. Del resto la stessa Merkel, rimase incredula, quando Renzi gli spiegò che era stato abolito lo Statuto dei Diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori.

Con l’attuale Legge di Stabilità siamo al completamento di questo processo.

Le proposte sul sistema fiscale sono segnate socialmente dagli sgravi verso le imprese fino ad arrivare a prevedere la diminuzione delle tasse sui profitti del 3,5%, qualora si acquisissero ulteriori margini di flessibilità, dalla Commissione Europea, per i costi dell’accoglienza dei migranti. Resta il fatto che, per gli anni 2017 e 2018, è già messo in bilancio la riduzione delle tasse sui profitti di una quota di oltre 7 miliardi di Euro.

Nello stesso tempo la leva fiscale viene utilizzata per incentivare e delineare il nuovo sistema contrattuale, con una tassazione di favore del 10%, sugli aumenti retributivi aziendali che corrispondano a criteri definiti legislativamente: la assoluta variabilità rispetto agli obiettivi di redditività e produttività. Il tetto fissato corrisponde a 2mila Euro, che possono diventare 2.500 se una parte viene utilizzata per il “welfare aziendale”, perchè in tal caso, questa parte è esentasse. Viceversa sul rinnovo dei Contratti Nazionali del Pubblico Impiego, – bloccati dal 2009 – si prevede una cifra ridicola.

Dal versante della spesa pubblica il Governo riduce le risorse al sistema sanitario di 2 miliardi per il 2016, prevedendo nelle sue tabelle, tagli di circa 15 miliardi nei successivi tre anni. La Confindustria plaude la manovra del Governo e dichiara che non ci sono risorse per aumenti retributivi reali nei Contratti Nazionale, ma ci sono risorse per sviluppare il “welfare contrattuale”, dicasi in primo luogo i fondi sanitari. In sostanza dopo il sistema previdenziale e le tutele, siamo al completamento con il sistema sanitario e contrattuale.

In questo consiste la crisi democratica del paese che dal sociale pervade le stesse istituzioni, perché la distruzione di tutte le conquiste del movimento operaio ridisegna il profilo dell’intera società, attraverso, come dice il Presidente del Consiglio, riforme strutturali che negano l’esistenza stessa della dialettica democratica tra diversi interessi. Esiste un unico interesse, presentato come “interesse comune” e/o “interesse del paese” che è quello del mercato, della competitività e della produttività e, tutto deve essere reso funzionale a questo obiettivo. Il sindacato confederale, come espressione democratica degli interessi del mondo del lavoro subordinato e dei pensionati, non è compatibile con questo disegno generale

Non è compatibile con un sindacato autonomo, indipendente e democratico espressione di un altro punto di vista e di un proprio progetto generale di cambiamento della società. Viceversa un sindacato aziendalista, corporativo e subalterno alle esigenze di ogni singola impresa, con le Confederazioni che svolgono una funzione di lobby tra le lobby, è contemplato e organico all’interno di questo disegno. In discussione non è dunque la sopravvivenza del sindacato in quanto tale, ma funzione e ruolo del sindacato stesso.

Su questo la Cgil, orfana della concertazione e dei partiti storici di riferimento, non si è mai interrogata e non ha mai aperto una discussione esplicita e trasparente sul presente e sul futuro. Se non si riparte da questa banale considerazione sul cosa vuole dire oggi un sindacato fondato sui valori della solidarietà e della giustizia sociale non serve a niente blaterare di unità sindacale a prescindere. Non è serio fare finta di non sapere che ad esempio la Cisl ha sostenuto tutte le riforme strutturali di questi anni e considera un proprio successo la fiscalità di favore sulla contrattazione aziendale, prevista nella Legge di Stabilità, per svuotare sempre più di significato, quello che rimane del Contratto Nazionale.

Questo non significa la rottura dei rapporti con le altre Organizzazioni Sindacali quando si conviene su obiettivi comuni a livello di categoria e confederali, ma nello stesso tempo a fronte di posizioni diverse, non può limitare in alcun modo l’iniziativa di mobilitazione di ogni singola Organizzazione.

Ora, con la Legge di Stabilità, siamo alle solite discussioni per una semplice e banale ragione che non esiste mai una piattaforma sindacale – altra cosa sono i documenti – con degli obiettivi discussi e approvati democraticamente dai lavoratori e dalle lavoratrici. Si aspetta che il Governo decida, casomai con il benestare della Commissione Europea, e successivamente nel migliore dei casi, si propongono degli emendamenti come se fossimo un gruppo parlamentare. La devastazione sociale di questi anni si è sviluppata con questo atteggiamento subalterno delle Organizzazioni Sindacali. Non è possibile che tutto ciò avvenga senza un contrasto sociale contro questa legge di stabilità, ponendo al centro della mobilitazione, sanità, pensioni e contratti.

Una mobilitazione a partire dai territori che sia comprensiva dello sciopero generale.

Quando si parla di fisco, pensioni, sanità, scuola e tutele si pongono temi inerenti diritti universali, su cui si dovrebbe esercitare il ruolo negoziale della Confederazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Category: Economia, Lavoro e Sindacato, Politica

About Gianni Rinaldini: Gianni Rinaldini (1951) ha iniziato la sua esperienza sindacale come delegato alle Ceramiche Rubiera, divenendo successivamente Segretario della Filcea (il sindacato chimici della Cgil). Entrato poi a far parte della segreteria della Camera del lavoro di Reggio Emilia, viene eletto Segretario generale nel 1989. Successivamente, è stato Segretario generale della Cgil dell'Emilia Romagna e, dal 2002 al 2010, ha ricoperto la carica di Segretario nazionale della Fiom. Attualmente è coordinatore dell’area programmatica «La Cgil che vogliamo» e presidente del Centro studi per l’Alternativa Comune, il cui manifesto politico-culturale è stato presentato a Roma nel settembre del 2011. «Inchiesta» ha pubblicato numerose sue interviste e interventi.

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