Curzio Maltese: Seguiamo la stella di Podemos

| 23 Dicembre 2014 | Comments (0)

 

 

 

Diffondiamo da sinistralavoro.it del 23 dicembre 2014 questa intervista di Frida Nancinovich a Curzio Maltese su Podemos

 

D. Maltese, a sei mesi dall’elezione al parlamento europeo, è possibile tracciare un primo pur parziale bilancio dell’esperienza a Strasburgo e Bruxelles?

R. Il bilancio sarebbe ottimo. i tre parlamentari de l’Altra europa hanno lavorato bene e sono stimati nel gruppo Gue e non solo e nelle commissioni. per quanto mi riguarda mi sono impegnato soprattutto nella commissione cultura, dove siamo riusciti a bocciare il commissario ungherese Navracsics, costringendo Juncker a un mezzo passo indietro, e nei trasporti nella battaglia contro la Torino-Lione.

Il fatto è che in italia non arriva quasi nulla oppure arrivano falsità, come l’assenteismo di Spinelli, che non esiste e si riferiva a un solo giorno di assenza per la manifestazione di Alexis Tsipras a Roma, oppure il mio doppio lavoro per la Repubblica, che neppure esiste visto che sono in aspettativa nel mio giornale. Come diceva Giorgio Bocca in politica o sei ricattabile o ti diffamano. per il resto l’informazione sul parlamento europeo in italia è quasi inesistente.

La sinistra in europa esiste, ci sono forze politiche che hanno successo, come Podemos e Syriza, anche la linke, il front de gauche, izquierda unida e in Italia, è stato fatto un primo passo con la lista dell’Altra europa con Tsipras, poi però ci siamo subito fermati…

In italia la sinistra cosiddetta radicale ha da vent’anni un ruolo di testimonianza che è difficile trasformare in proposta di governo.

In più esiste una tradizione di litigiosità esasperata ed esasperante. La lista Tsipras era un’idea di superare le divisioni e creare un movimento in linea con le altre esperienze europee. le polemiche durante la campagna elettorale, penso all’abbandono di camilleri e flores in disaccordo con Barbara Spinelli, e poi quelle seguite alle elezioni hanno azzoppato il progetto.

 

D. in un tuo recente intervento hai ipotizzato la “rottamazione” del- l’esistente in favore della nascita di un nuovo soggetto politico della sinistra italiana. al netto dell’immagine pittoresca della rottamazione, pensi che in italia ci siano le condizioni per ripartire con un altro passo, un diverso modo di far politica, magari anche un’altra classe dirigente? insomma, era una provocazione o c’è dell’altro?

R. Sì, l’idea è di ripartire azzerando le sigle, sel, rifondazione e la stessa lista Tsipras, e puntare a un nuovo movimento ispirato all’esperienza di Podemos, che punti a guidare un governo alternativo alle larghe intese prigioniere delle politiche di austerità. politiche oligarchiche che ormai sono rifiutate dalla stragrande maggioranza dei cittadini. si tratta di trasformare questa maggioranza sociale in maggioranze politiche. da questo punto di vista il principale punto di riferimento sono le lotte sindacali di questi mesi di cgil e fiom. esiste una grande domanda di sinistra in ita- lia, come in spagna e in grecia, ma ancora nessuna offerta ade- guata. ora in politica il vuoto non dura a lungo. prima o poi qualcuno occuperà quell’area e se le sigle presenti non si sciolgono da sole, verranno sciolte nei fatti dall’esterno.

 

D. Domanda delle cento pistole: se Renzi decidesse di andare al voto fra tre mesi che succederebbe a sinistra?

R. Andrebbero tutti in ginocchio da Maurizio Landini a chiedergli di ripensarci e di accettare il ruolo di leader. Temo con scarse possibilità. Landini non è un intellettuale prestato al sindacato, è un operaio che lotta per i diritti dei lavoratori. I suoi orizzonti sono e rimangono il sindacato, la Fiom, la Cgil, la firma del contratto na- zionale dei metalmeccanici. ma è anche vero che se Renzi va a elezioni a primavera e le vince, come è probabile, dopo non vi saranno nessun contratto nazionale da firmare e nessun sindacato da difendere.

 

D. Da giornalista prestato alla politica, che impressione hai di questo momento che sta vivendo l’unione, nel passaggio tra Barroso e Junker? A occhio le politiche di austerità vanno avanti…

R. Le politiche di austerità distruggono le società europee ma funzionano in maniera eccellente per difendere le oligarchie economiche, le banche, la finanza, le multinazionali e tutti i centri di potere che oggi controllano i grandi par- titi tradizionali di massa, conservatori e socialisti, quindi non cambieranno di una virgola. Juncker è ancora più debole di Barroso, la sua commissione è di un livello molto basso e il suo piano per il lavoro, dati alla mano, è una buffonata elettorale.

 

D. Sei stato a Madrid per l’elezione di Pablo Iglesias a segretario generale di Podemos. che idea ti sei fatto? Quel modello di sinistra è esportabile anche in Italia?

R. Podemos è la sinistra del nuovo secolo. nei linguaggi, nelle idee, nelle forme di comunicazione e nelle figure dei leader, a cominciare da Pablo Iglesias. E’ un movimento nato pochi mesi fa in una mensa universitaria, ma già allora si poneva il compito di prendere una larga maggioranza e cambiare il governo. Gli elettori spagnoli l’hanno premiato con oltre l’8 per cento alle europee, dopo una campagna elettorale nella quale Podemos avrà speso al massimo qualche migliaio di euro contro le decine di milioni dei grandi partiti, e oggi i sondaggi lo quotano al 27 per cento. in qualche modo ricorda il movimento 5 stelle, ma con la differenza che Iglesias è un sociologo geniale, coltissimo, fortemente radicato a sinistra e straordinariamente abile nell’arte di convincere l’interlocutore, mentre Beppe Grillo è un ex comico che non ha finito di leggere un libro nella vita, è sostanzialmente un qualunquista, molto influenzato da un uomo di destra come Casaleggio, ed è un monologhista incapace di affrontare un contraddittorio con chiunque, politici o giornalisti. Però la base di Podemos e quella dei 5 stelle si assomigliano per molti versi.

Pablo Iglesias: La sinistra può vincere

Il segretario generale di Podemos, Pablo iglesias ha esposto il suo pensiero su come la sinistra possa vincere ad una assemblea tenuta a Valladolid nei primi mesi del 2014 . Riportiamo un estratto di questo discorso tradotto da sinistralavoro.it

So molto bene che la chiave per comprendere la storia degli ultimi cinque secoli è la formazione di specifiche categorie sociali, chia- mate “classi”; è per questo che vorrei raccontarvi un aneddoto. Quando il movimento 15-M ebbe inizio, alla Puerta del Sol, alcuni studenti del mio dipartimento, il dipartimento di scienze politiche, studenti molto politicizzati – avevano letto Marx, avevano letto Lenin – parteciparono per la prima volta nella loro vita a iniziative politiche con persone normali.

Si disperarono. “non capiscono niente! proviamo a dirglielo, voi siete proletari, anche se non lo sapete!” le persone li guardavano come se venissero da un altro pianeta. e gli studenti tornavano a casa depressi, dicendo “non capiscono niente”.

Gli avrei voluto rispondere: “non capite che il problema siete voi? che la politica non ha nulla a che fare con l’avere ragione, ma con il riuscire?” voi potete fare le migliori analisi, comprendere le chiavi di lettura dello sviluppo economico a partire dal sedicesimo secolo, capire che il materialismo storico è la via da seguire per capire i processi sociali. e dopo di questo, cos’è che fate? urlate a quelle persone “siete proletari e nemmeno ve ne rendete conto”?

Il nemico non farebbe altro che ridervi in faccia. potete indossare una maglietta con falce e martello. potete persino portare un enorme bandiera rossa, e tornarvene a casa con la vostra bandiera, il tutto mentre il nemico continua a ridervi in faccia. perché le persone, i lavoratori, conti- nuano a preferire il nemico a voi. gli credono. lo capiscono quando parla. mentre non capiscono voi. e probabilmente voi avete ragione! probabilmente potreste chiedere ai vostri figli di scrivere sulla vostra lapide: “aveva sempre ragione – ma nessuno lo seppe mai”.

Quando si studiano i movimenti rivoluzionari di successo, si può notare con facilità che la chiave per riuscire è lo stabilire una certa convergenza tra le proprie analisi e il sentire comune della maggioranza. e questo è molto difficile. perché implica il superamento delle contraddizioni.

Pensate che avrei qualche problema ideologico nei confronti di uno sciopero selvaggio di 48, di 72 ore? neanche per idea! il problema è che l’organizzare uno sciopero non ha nulla a che fare con quanto grande sia il desiderio mio e vostro di farlo. Ha a che fare con la forza dei sindacati, e sia io che voi siamo insignificanti in materia.

Voi e io possiamo desiderare che la terra sia un paradiso per l’umanità intera. Possiamo desiderare quello che vogliamo, e scriverlo su una maglietta. Ma la politica è una questione di rapporti di forza, non di desideri o di quel che ci diciamo in assemblea. in questo paese ci sono solamente due sindacati che hanno la capacità di organizzare uno sciopero generale: la Ccoo e la Ugt. mi piacciono? No. Ma così è come stanno le cose, e organizzare uno sciopero generale è molto difficile.

Ho partecipato ai picchettaggi davanti ai depositi degli autobus a Madrid. Le persone che erano lì, all’alba, sapete dove dovevano andare? Al lavoro. Non erano crumiri. Ma sarebbero stati cacciati dal loro posto di lavoro, perché lì non c’erano sindacati a difenderli. perché i lavoratori che possono difendersi da soli, come quelli nei cantieri navali o nelle miniere, hanno sindacati forti. Ma i ragazzi che lavorano come venditori telefonici, o nelle pizzerie, o le ragazze che lavorano nel commercio al dettaglio, non possono difendersi. Sarebbero segati immediatamente il giorno dopo lo sciopero. e voi non sarete lì, e io non sarò lì, e nessun sindacato sarà lì per sedersi col capo e dirgli: faresti meglio a non far fuori questa persona perché ha esercitato il diritto di sciopero, perché pagherai un prezzo per questo. Questo non succede, non importa quanto entusiasmo possiamo avere.

La politica non è ciò che io o voi vogliamo che sia. E’ ciò che è, ed è terribile. Terribile. Ed è per questo motivo che dobbiamo parlare di unità popolare, ed essere umili. a volte dovrete parlare con persone cui non piacerà il vostro linguaggio, con le quali i concetti che voi usate non faranno presa. cosa possiamo capire da questo? che stiamo venendo sconfitti da pa- recchi anni. il perdere tutte le volte implica esattamente ciò: implica che il “senso comune” sia dif- ferente [da ciò che noi pensiamo sia giusto]. ma non è nulla di nuovo. i rivoluzionari lo hanno sempre saputo. l’obiettivo è riuscire nel deviare il “senso comune” verso una direzione di cambiamento.

César Rendulues, un tipo molto acuto, afferma che la maggior parte delle persone sono contro il capitalismo ma non lo sanno. La maggior parte delle persone difende il femminismo anche se non ha mai letto Judith Butler o Simone de Beauvoir. Ogni volta che voi vedete un padre fare i piatti o giocare con suo figlio, o un nonno spiegare a suo nipote di condividere i suoi giocattoli, c’è più trasformazione sociale in questi piccoli episodi che in tutte le bandiere rosse che potete portare ad una manifestazione. E se falliamo nel comprendere che queste cose possono servire come fattori unificanti, loro continueranno a riderci in faccia.

Quello è il modo in cui il nemico ci vuole. ci vuole piccoli, mentre parliamo un linguaggio che nessuno capisce, fra di noi, mentre ci nascondiamo dietro i nostri sim- boli tradizionali. E’deliziato da tutto ciò, perché sa che finché continueremo ad essere così, non saremo mai pericolosi.

Possiamo avere toni davvero radicali, dire che vogliamo organizzare uno sciopero selvaggio, parlare di popolo armato, brandire simboli, portare ritratti dei grandi rivoluzionari alle nostre manifestazioni – loro ne saranno deliziati! ci rideranno in faccia. E’ quando metterete insieme centinaia, migliaia di persone, quando inizierete a convincere la maggioranza, persino quelli che votavano per il nemico – è in quel momento che inizieranno a spaventarsi. e questo è quel che è chiamata “politica”. Quello che abbiamo bisogno di capire.

C’era un compagno qui che parlava dei soviet del 1905. C’era un tizio calvo e col pizzetto – un genio. egli intuì l’analisi concreta della situazione concreta. In tempo di guerra, nel 1917, quando il regime russo era sull’orlo del collasso, disse una cosa molto semplice ai russi, fossero essi soldati, contadini o lavoratori. Egli disse: “pane e pace”.

E quando disse “pane e pace”, che era ciò che tutti volevano – che la guerra finisse e che si potesse avere abbastanza da mangiare – molti russi che non sapevano neppure se fossero di “destra”o di “sinistra”, ma sapevano di essere affamati, dissero: “il tizio calvo ha ragione”. E il tizio calvo fece molto bene. Non parlò ai russi di “materialismo dialettico”, gli parlò di “pane e pace”. E questa è una delle lezioni più importanti del ventesimo secolo. una ripetizione, come farsa, di una tragica vittoria del passato

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Category: Economia, Osservatorio Europa, Politica

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