Appello economisti: L’Italia chieda una “Bretton Woods” per l’eurozona

| 13 Ottobre 2014 | Comments (0)

 



 

Su segnalazione di Paolo Pini pubblichiamo l’appello degli economisti uscito il 13 ottobre 2014 a nome di un comitato promotore formato da:  Leonardo Becchetti (Università di Roma Tor Vergata), Roberto Cellini (Università di Catania), Paolo Pini (Università di Ferrara) e Alberto Zazzaro (Università Politecnica delle Marche)

 

L’Italia chieda una “Bretton Woods” per l’eurozona

 

La decisione dell’attuale Presidente francese Francois Hollande di ignorare i vincoli di bilancio europei annunciando di voler rimandare il ritorno del rapporto deficit/PIL sotto il 3% di due anni potrebbe mettere la parola fine al sistema dell’austerità europea fondato sul Fiscal Compact.

La decisione della Francia non fa che sancire uno stato di crisi del sistema (e una violazione diffusa delle regole) che perdura da tempo. I paesi sopra il tre percento nella UE sono molti (oltre alla Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia, Slovenia e persino la virtuosa Polonia) e la Germania da tempo viola il limite superiore del surplus di bilancia commerciale.

Alcuni dei paesi in deficit, nonostante si siano sottomessi alla ricetta rigorista (anzi proprio a causa di essa) si trovano oggi con i conti pericolosamente fuori controllo e con un rapporto debito/PIL in forte crescita tendenziale. E’ questa la situazione di Grecia, Spagna, Portogallo ma anche dell’Italia. E la colpa non è soltanto quella dell’errore nelle ricette nazionali ed europee applicate, ma anche del fallimento da parte della BCE (nonostante i suoi meriti nel salvataggio dell’euro nella tempesta speculativa) dell’obiettivo di evitare la deflazione e garantire un’inflazione attorno al 2%. In generale è tutta la politica post-crisi finanziaria globale dell’UE che è fallita producendo un buco nella domanda aggregata (consumi più investimenti) l’arresto della crescita, la deflazione, l’approfondirsi degli squilibri tra Nord e Sud e, paradossalmente, un peggioramento della situazione del debito che rappresentava l’ossessione e la ragione della severità della terapia del rigore.

Il problema di questa fase di declino è che mentre la situazione macroeconomica è profondamente cambiata l’UE continua ad essere nella mano di solerti funzionari-vigili che applicano un codice della strada obsoleto. Non si tratta dunque di dare pagelle a chi rispetta più o meno le regole di questo codice. Bisogna scrivere nuove regole e non possono certo farlo i vigili.

Ci aspettiamo pertanto che il governo italiano capisca la gravità del momento e non si accontenti di negoziare deroghe ma proponga con forza un momento di verità chiedendo la convocazione di una conferenza per una nuova “macroeconomia civile” nell‘Unione Europea.

I temi fondamentali di discussione su cui costruire un nuovo accordo dovrebbero essere i seguenti:

i) Un ruolo molto più attivo della BCE sul modello di quanto fatto dalle banche centrali di Stati Uniti e Regno Unito che si spinga fino alle politiche di acquisto di titoli pubblici e privati;

ii) È inutile costruire un’unione monetaria se non si sfrutta e capitalizza appieno il potere della sua banca centrale che è potenzialmente superiore a quello delle banche centrali nazionali. Da questo punto di vista si dovrebbero seriamente discutere progetti come il piano PADRE (politically acceptable debt restructuring in the Eurozone) proposto da Wyplosz che prevede un’operazione di ristrutturazione dei debiti dei paesi membri dove la BCE ne acquista la quota eccedente il 60% convertendola in titoli senza interesse che saranno ripagati negli anni dalle risorse da signoraggio spettanti a ciascun paese. Liberando di fatto importanti risorse oggi destinate al pagamento degli interessi e producendo un formidabile stimolo alla domanda interna di tutti i paesi. Con vantaggi per tutti, Germania inclusa, che vedrebbe aumentare l’acquisto dei propri beni importati dagli altri paesi membri. Piani di questo tipo potrebbero essere avviati in via sperimentale su porzioni più piccole dei debiti pubblici per verificarne gli effetti;

iii) A fronte di questi vantaggi macroeconomici i paesi membri devono essere posti nelle condizioni di poter realizzare riforme di struttura sui principali assi di modernizzazione delle loro economie (infrastrutture digitali, politica industriale e di innovazione tecnologica ed organizzativa del lavoro, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione e della amministrazione della giustizia, protezione sociale per coloro che sono esclusi dal lavoro, contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali divenute insostenibili e che compromettono la crescita dei sistemi economici). La realizzazione di queste riforme di struttura è essenziale per accrescere i benefici di cui al punto i) e ii) e deve essere portata avanti seguendo gli stimoli provenienti dall’Europa, ma attraverso un processo di scelta democratica interno a ciascun paese membro;

iv) Si procede nel frattempo alla costruzione di meccanismi in grado di contrastare le asimmetrie dell’area euro. In primis penalità non solo per paesi in deficit ma anche per paesi in surplus con obbligo a realizzare politiche di rilancio della domanda interna per contrastare le asimmetrie. In secondo luogo un sussidio europeo di disoccupazione come forma di stabilizzatore automatico che preveda in cambio prestazioni sociali o formazione per la rioccupazione per i beneficiari e sospensione in caso di non accettazione di posto di lavoro;

v) Varo di una concreta e non solo annunciata politica fiscale UE espansiva per realizzare su scala europea investimenti pubblici e realizzare infrastrutture fisiche e digitali nei paesi membri, puntando ad un bilancio comunitario con risorse proprie ben oltre l’1% attuale (tra il 3% ed il 5%);

vi) Un forte impegno verso l’armonizzazione fiscale e la riduzione delle forchette eccessive nelle aliquote nazionali sulle imprese che producono elusione fiscale ed spostamento dei profitti alterando le stesse statistiche sulla crescita. Paradisi fiscali interni all’unione non potranno essere più tollerati e le pratiche più aggressive andranno considerate alla stregua di aiuti di stato (come sembra iniziare ad essere l’orientamento comunitario in alcuni recentissimi casi);

vii) Un forte impegno verso forme di unificazione politica e di partecipazione attiva dei cittadini europei alla nomina democratica dei propri rappresentanti nelle istituzioni europee non più esclusivamente su base nazionale, in maniera tale che il benessere di tutti i cittadini europei e non dei cittadini di ciascun paese membro sia posto al centro del processo decisionale in sede europea.

Un libro dei sogni? No. Piuttosto l’unica direzione di marcia possibile nell’interesse di tutti per realizzare crescita e sostenibilità e arrestare la rotta di collisione che porterebbe inevitabilmente all’aggravarsi degli attuali squilibri ed alla fine cruenta dell’euro. Meglio che i leader europei facciano un’operazione di verità convocando una fase costituente con l’obiettivo di realizzare un sistema nuovo fondato su questi sette punti. La mancanza di un accordo porterebbe quasi inevitabilmente alla fine dell’euro e al ritorno alle valute nazionali.

 

L’appello si può sottoscrivere (indicando nome, cognome e università o ente di ricerca di appartenenza) su:

https://www.change.org/p/presidente-di-turno-nel-semestre-europeo-l-italia-chieda-una-bretton-woods-per-l-eurozona?

 

Primi firmatari:

Alessandrini Piero (Università Politecnica delle Marche)

Ardeni Pier Giorgio (Università di Bologna)

Bagella Michele (Università Roma Tor Vergata)

Baglioni Angelo Stefano (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Baravelli Maurizio (Università Roma La Sapienza)

Belussi Fiorenza (Università di Padova)

Boitani Andrea (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Bollino Andrea (Università di Perugia)

Brondoni Silvio (Università Milano Bicocca)

Camagni Roberto (Politecnico di Milano)

Capasso Salvatore (Università Napoli Parthenope)

Cappellin Riccardo (Università Roma Tor Vergata)

Carillo Maria Rosaria (Università Napoli Parthenope)

Ciciotti Enrico (Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza)

Corniani Margherita (Università Milano Bicocca)

Corsi Marcella (Università Roma La Sapienza)

Costabile Lilia (Università di Napoli Federico II)

Cozzi Terenzio (Università di Torino)

D’Adda Carlo (Università di Bologna)

Danielis Romeo (Università di Trieste)

De Arcangelis Giuseppe (Università Roma La Sapienza)

Del Monte Alfredo (Università di Napoli Federico II)

Destefanis Sergio (Università di Salerno)

Dosi Giovanni (Scuola Superiore S. Anna Pisa)

Ferri Giovanni (Università Roma LUMSA)

Fratianni Michele (Università Politecnica delle Marche)

Frey Marco (Scuola Superiore S. Anna Pisa)

Gallegati Mauro (Università Politecnica delle Marche)

Giannola Adriano (Università di Napoli Federico II)

Giunta Anna (Università Roma 3)

Gnesutta Claudio (Università Roma La Sapienza)

Granaglia Elena (Università Roma 3)

Marelli Enrico (Università di Brescia)

Mutinelli Marco (Università di Brescia)

Paci Raffaele (Università di Cagliari)

Papi Luca (Università Politecnica delle Marche)

Pareglio Stefano (Università Cattolica Sacro Cuore)

Piga Gustavo (Università Roma Tor Vergata)

Porta Pierluigi (Università Milano Bicocca)

Rizzi Paolo (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Romano Roberto (CGIL Regionale Lombardia e Università di Pavia)

Roncaglia Alessandro (Università Roma La Sapienza)

Rullani Enzo (Venice International University)

Saltari Enrico (Università Roma La Sapienza)

Salvadori Neri (Università di Pisa)

Salvati Michele (Università Statale di Milano)

Santarelli Enrico (Università di Bologna)

Saraceno Francesco (OFCE, Observatoire français des conjonctures économiques – Sciences Po, Parigi)

Scalera Domenico (Università Sannio Benevento)

Simonazzi Annamaria (Università Roma La Sapienza)

Stirati Antonella (Università Roma 3)

Terzi Andrea (Franklin University, Switzerland e Università Cattolica del Sacro Cuore)

Travaglini Giuseppe (Università di Urbino)

Valente Marco (Università dell’Aquila)

Valletti Tommaso (Università Roma Tor Vergata)

Vitale Marco (Fondo Italiano d’Investimento e Università Cattaneo LUIC)

 

Adesioni primi firmatari chiuse alle 24.00 del 12 ottobre 2014

Category: Economia, Osservatorio Europa

About Paolo Pini: Nato a Rimini nel 1956, laurea in scienze politiche indirizzo economico Università di Bologna e Master of Science in Economics alla London Shool of Economics and Political Science. Presidente del Centro di Ricerca sulla economia dell'Innovazione e della Conoscenza (CREIC) dell'Univresità di Ferrara, professore ordinario di Economia politica Università di Ferrara. Collabora a Sbilanciamoci e a Inchiesta

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