Le sfide future sul lavoro delle donne. Osservazioni a margine del Convegno “Vite, lavoro, non lavoro delle donne”.

| 23 Agosto 2012 | Comments (1)

Federica Mazzoni (Rosa Rosae)

A Bologna il movimento Se Non Ora Quando ha iniziato a fare il salto di qualità.

Dopo essere scese in piazza il 13 febbraio 2011 per protestare e riprenderci spazio e parola pubblica, dopo esserci ritrovate lo scorso luglio a Siena e avere deciso di costituirci come movimento nazionale permanente ed elaborare un’Agenda Politica delle Donne, a Bologna nelle giornate del 3 e 4 marzo, è stato fatto un sostanziale passo in avanti, perché abbiamo cominciato a parlare di uno dei temi che più toccano le donne: il lavoro. O meglio, si è entrate nel merito dei tanti e diversi lavori, retribuiti e non, che le donne fanno (o che vorrebbero riuscire a fare, o che vorrebbero svolgere senza dover sacrificare parti di loro stesse) e che non possono stare dentro un concetto unico e cristallizzato, perché “il lavoro” al singolare non esiste più (ammesso che per le donne sia mai esistito…) e soprattutto non può essere pensato, perseguito e realizzato senza tenere presente le sfaccettate dimensioni delle vite e dei corpi di ognuna.

La forza della voce e delle richieste del movimento sarà strettamente legata alla capacità di tenere alta la pressione e l’attenzione per non perdere terreno e dover sempre ricominciare da capo. E molte di noi, soprattutto le più giovani, hanno (abbiamo) fretta.

Abbiamo l’urgenza di ottenere risultati che ci consentano di spezzare la dolorosa dicotomia tra vite che avanzano e che rimangono immobili allo stesso tempo. L’urgenza del nostro tempo è connotata dalla mancanza della reale possibilità di vivere una vita nella quale poter disegnare progetti, ambizioni e sogni un po’ più lunghi dei nostri precari contratti di lavoro. L’urgenza è quella di riappropriarci e di ridare nuovo senso ai diritti e alle opportunità che le donne del movimento femminista degli anni’70 hanno conquistato e che hanno fatto sì che le nostre vite siano state sin dall’inizio diverse rispetto alle loro. Noi che siamo cresciute dando per acquisiti e legittimi molti dei diritti di cui non abbiamo mai avuto esperienza.

Credo che la mia generazione abbia bisogno di rivendicare i propri diritti, ma non basta. Molte di noi desiderano fare alleanze sia con donne diverse che con uomini, senza dimenticare che il conflitto resta sempre e che non desideriamo solo negoziare accordi, ma decidere insieme come risignificare e agire in maniera nuova la vita pubblica e la vita privata, di cui il lavoro è parte fondamentale. Tutto questo avendo alle spalle racconti ed esperienze condivise di riflessione femminile e femminista che ci permettano di capire dove siamo collocate noi rispetto all’altro, ma che ci mettano anche in grado di trasformare le nostre elaborazioni e le nostre istanze in visioni e progetti politici istituzionali.

E credo che per incidere ci sia bisogno del contributo di tutte, tutte le donne: quelle che non hanno mai avuto appartenenza ed esperienza politica, quelle dei movimenti, delle associazioni, dei partiti e delle istituzioni. E sono convinta che Se Non Ora Quando sia un grande occasione da accogliere e far crescere.

Ritengo che il movimento, come soggetto organizzato che sta sulla scena pubblica, dovrà decidere come fare massa critica in grado di raggiungere risultati e cambiamenti concreti. Se Non Ora Quando dovrà interloquire con le istituzioni e i partiti politici per riuscire a scalfire in profondità quell’indifferenza alle conseguenze specifiche di genere di molte decisioni economiche e finanziarie, dovuta in larga parte anche alla scarsità di donne nei luoghi di presa di decisone. Il movimento può avere la forza e trovarsi nelle giuste condizioni per relazionarsi, non con istituzioni e partiti neutri (che poi neutri non sono mai), ma con quelle donne delle istituzioni e dei partiti che si sono rivelate sensibili e disponibili e che già si stanno impegnando in prima persona.

A partire da queste e da molte altre considerazioni ed esperienze quotidiane si è iniziata a riempire di contenuti l’Agenda Politica del movimento. Ed ora è necessario concentrarsi sull’individuazione di alcuni obiettivi precisi e ben delineati, perché devono essere formulate delle proposte e delle richieste concrete sulle quali canalizzare le energie. Proposte e richieste puntuali che possano trovare il più ampio assenso delle donne italiane, indipendentemente dalle appartenenze di ognuna.

C’è bisogno di tutte e in tutti i luoghi e ambiti, ognuna portatrice delle proprie identità, ognuna nel proprio ruolo, ma superando le barriere di appartenenza che più che rappresentarci ci dividono e agire insieme su punti concordati insieme.

 

Annamaria Tagliavini (Biblioteca Italiana delle donne)

Ora che si è concluso, possiamo tentare qualche riflessione sul processo che ha condotto alla costruzione di questo appuntamento e abbozzare un primo sommario bilancio.

Associazioni storiche, gruppi recenti e singole hanno cominciato a incontrarsi dopo le vacanze estive per dare forma alla proposta di organizzare a Bologna un appuntamento nazionale sul tema del lavoro, annunciata all’incontro di Siena a luglio.

Molte riunioni  si sono susseguite, e i tentativi di mediare tra le diverse convinzioni presenti tra noi  si sono rivelati piuttosto impegnativi. Abbiamo perso qualcuna lungo la strada, vuoi perché il passaggio dalla mobilitazione di piazza “contro” alla condivisione di un progetto”per” non è immediata, vuoi perché il percorso scelto, lunghe ed estenuanti discussioni, è stato ritenuto da altre troppo dispersivo.

Tuttavia questo processo ha alla fine portato alla auto selezione di un gruppo promotore, abbastanza articolato per generazioni e convinzioni, che ha saputo lavorare molto efficacemente, mettendo insieme talento creativo, solidità organizzativa, passione e una gran mole di attività in un programma condiviso da tutte.

Tra gli aspetti positivi del convegno la straordinaria partecipazione, non solo quantitativa, più o meno 250 donne per le tre sessioni, ma di notevole qualità per attenzione e capacità di intervento.

Forse abbiamo ecceduto nel numero di relazioni nella mattinata introduttiva  che  hanno finito per sacrificare in parte  lo spazio alla sessione partecipativa che è stata ricca e coinvolgente per tutte.

Autopresentazioni di biografie femminili in forma di spot e due spettacoli teatrali: una conferenza buffa di Marinella Manicardi sui Corpi Impuri e un’azione teatrale del gruppo RosaRosae dal titolo E sei anche fortunata, sulla inutile ricerca di lavoro delle più giovani, hanno contributo ad arricchire di contenuti in modo nuovo le sessioni di lavoro vere e proprie.

Infine la seduta conclusiva della domenica mattina ha visto uno show down di numerosi interventi molto diversi tra loro.

Ora si tratta di raccogliere i risultati, in termini di proposte concrete da sottoporre all’attenzione dei governi, locali e nazionale e delle parti sociali, perché al tavolo dei negoziati si faccia sentire forte la voce delle donne. Si tratta dunque di riempire con un efficace decalogo la pagina sul lavoro di una ipotetica Agenda delle Donne Italiane .

 

Rossella Carpiniello (ArciLesbica Bologna)

Il 3 e 4 marzo a Bologna il convegno “Vite, lavoro e non lavoro delle donne” ha avuto il merito di portare all’interno del movimento “Se Non Ora Quando?” la centralità di un tema, quello del lavoro, attraverso l’ ambizioso proposito di ridefinire priorità  e strumenti in grado di apportare un concreto contributo alla vita delle donne. Il dato esistenziale è stato una costante proprio perchè era chiaro sin dall’inizio che affrontare un tema del genere significava anche parlare della vita e dei diritti delle donne; la volontà di concretezza, allo stesso modo, rende bene l’idea delle possibilità che questo convegno può offrire.

“Se Non Ora Quando?” ha senza dubbio il merito di voler guardare ad una pluralità di esperienze e di vite e questa due giorni attraverso le pratiche di cui si è servita è riuscita a portare al dialogo e al confronto donne anche molto diverse tra loro ma unite nel comune intento di contribuire a quel processo di ridefinizione di cui si parlava; molto spesso, poi, questo stesso processo, è diventato anche un modo per ribadire o chiedere diritti e di farlo partendo da bisogni concreti, tutti diversi eppure comuni. A partire da questo confronto, le possibilità che una visione d’insieme si formi sono più che reali; allo stesso modo il dialogo e la conoscenza potranno diventare gli strumenti adatti affinchè le differenze non vadano perse al suo interno. Il convegno ha messo in luce tutto questo attraverso le pratiche partecipative per poi prenderne atto nei suoi momenti conclusivi.

Se è vero che la lotta per i diritti delle donne ha sempre trovato terreno fertile all’interno di una lotta  per i diritti sul lavoro, è anche vero che questa lotta coinvolge tutte le donne, che siano poi diverse per provenienza, estrazione sociale o orientamento sessuale poco conta. E sono esattamente queste stesse rivendicazioni che porta avanti la comunità lesbica, attraverso una richiesta costante di quei diritti negati la cui mancanza si avverte ancor più forte all’interno dei contesti lavorativi;  per tutti questi motivi non sorprende che possiamo trovare proprio all’interno di quest’ambito d’esperienza il contesto ideale in cui portare avanti le nostre rivendicazioni.

Si auspica che “Se Non Ora Quando?” faccia tesoro delle esperienze del convegno e che la direzione suggerita dalle stesse pratiche partecipative non si perda, ma anzi si rafforzi e cresca all’interno del movimento stesso.

 

Anna Salfi (CGIL Emilia-Romagna)

Avere visto circa 300 donne incontrarsi, parlare, comunicare e trasmettersi idee e percezioni sul lavoro delle donne è stato, forse il risultato più importante dell’appuntamento del 3 e 4 marzo di SNOQ che si è tenuto a Bologna dal titolo “Vite, lavoro e non lavoro delle donne”. Donne che non avevano mai affrontato questo argomento, donne che lo conoscevano e lo trattavano da tempo, donne che da tempo non ne parlavano più. Un’importante occasione di ritrovo e di forza collettiva che si è espressa con spunti originali, forse un po’ acerbi, ma senz’altro importanti. E’ un vero peccato che sia mancata la ribalta dei media anche a livello nazionale che avrebbe potuto dare a tutto ciò il rilievo che l’avvenimento meritava dentro e fuori la città.

Già, proprio la città, le città dovrebbero essere i luoghi da cui ripartire per un confronto con le istituzioni locali che possa dare uno sviluppo e dei risultati positivi agli spunti emersi. Bisogna ripartire da lì dalle realtà territoriali perché il movimento di SNOQ possa cominciare a produrre effetti diffusi anche se, appare chiaro ad ognuna di noi, che il ruolo che lo stesso comitato nazionale di SNOQ può svolgere nei confronti delle istituzioni nazionali è importante, nodale ed ineludibile per riuscire a realizzare almeno alcune priorità, “poche, maledette e subito”.

Come farlo? Ne parleremo nell’appuntamento nazionale del 18 marzo ma, io dico, anche oltre questo appuntamento che non riesco a pensare come risolutivo perché è vitale provare a tenere insieme con successo il locale con le dimensioni più ampie, così come un radicamento territoriale con l’ampiezza e l’importanza di un ruolo nazionale. Ma ancora di più lo è e lo sarà, sapere aprire, ancora di più di come si è fatto a Bologna il confronto tra donne di diverse estrazioni, di diversi pensieri e sensibilità ed agli uomini che intendono porsi come amici delle donne, come nostri amici. Una necessaria chiarezza e condivisione degli obiettivi e delle finalità che il movimento “Se no Ora Quando?” intende assumere o mantenere sono il presupposto necessario che dovrà guidare la nostra discussione e le nostre scelte verso le forme organizzative più idonee e funzionali.

E’ ormai forte la saturazione delle donne verso le aspettative di lavoro disattese e verso il mancato riconoscimento del lavoro non professionale, né riconosciuto.

La bilancia tra i tempi di vita e di lavoro sembra ormai impazzita e la precarietà delle vite e dei lavori una mina sotto un sistema economico e sociale che, in una crisi strutturale, prova e deve ripensarsi.

Lo spettacolo “E sei anche fortunata …” che le ragazze ideatrici ed attrici hanno propriamente voluto definite come “azione di resistenza artistica” è stata, probabilmente,  l’introduzione migliore che si potesse fare ai temi dell’oggi.

 

Raffaella Lamberti (Associazione Orlando)

Il lavoro/non lavoro delle donne, nucleo del convegno bolognese, è al centro del dibattito. Scriveva Ilvio Diamanti su Repubblica che il lavoro e il suo reciproco non lavoro attraggono l’interesse di politici e governo. L’analisi ponendo l’insicurezza al cuore delle aspettative di un’altissima percentuale di italiani, giungeva a posizioni vicine a quelle espresse da Cristina Morini quando osservava che la nozione di impermanenza, più ancora di quella di precarietà, caratterizza la condizione lavorativa e di vita di ciascuna e ciascun lavoratore nel capitalismo cognitivo. All’insicurezza introiettata e individualizzata, terreno dell’esercizio del comando su un tipo di lavoro che assorbe corpo e mente, proponeva di opporre l’uscita dall’individualizzazione con la rivendicazione collettiva di un reddito d’esistenza. Altre relatrici e convenute prospettavano vie diverse; ne segnalo due. Antonella Picchio affidava il cambiamento necessario ai fini di una vita buona per tutti al superamento di relazioni uomini/donne e di una divisione sessuale del lavoro in  cui si disconosce il nesso strutturale tra lavoro produttivo di salario e lavoro domestico e di cura non pagato, spesso in carico a donne. Nella discussione partecipata da cassaintegrate di IRIBUS in Irpinia, a fronte dell’assenza di lavoro richiamavano l’elemento del desiderio femminile, capace di promuovere energie e apertura al futuro, base dell’agentività necessaria a rimettere in moto ricerca, iniziativa, conflitto per la cura del vivere e per il lavoro.

Che il gruppo bolognese proceda sui temi del convegno è probabile. Qui ragiono di una modalità di andare avanti: un tavolo di confronto creativo. Il convegno è un esito rilevante. Ma il prius sono il gruppo, il processo che avvierà in città, il contributo che darà al complesso quadro nazionale. Il convegno si è svolto nella cornice della rete SNOQ in vista di un’Agenda politica nazionale.

La cosiddetta riforma del mercato del lavoro si definirà a breve. Memorandum, decaloghi, istanze di molteplici soggetti sociali si accumulano. Vi è domanda di tempestività, di obiettivi immediati. Bologna estrarrà un primo nucleo di riflessioni e proposte dal convegno. Vi è, nondimeno, una diversa domanda di elaborazione e confronto emersa in relazione alla problematicità e conflittualità del reale, alla pluralità di prospettive. Il confronto creativo è un’opportunità per rispondere alla seconda domanda (M. Sclavi, L. Susskind, Confronto Creativo. Dal diritto di parola al diritto di essere ascoltati,  et.al, 2011, p. 312).

Scopo del Tavolo di confronto creativo è moltiplicare le capacità di ascolto attivo e l’esplorazione di idee  innovative di solito sacrificate dall’enfasi di ciascuna sulle proprie posizioni, dal metodo tradizionale del contraddittorio e delle decisioni prese a maggioranza. Si cerca un dialogo che porti alla comprensione dei bisogni sottostanti alle posizioni per giungere alla “invenzione” di proposte giudicate migliori dal maggior numero possibile di partecipanti e, comunque, non invise a chi non le apprezza a pieno. Il consenso, esito desiderato, non si raggiunge fino a quando tutti gli interessi sono stati esplorati e tutti gli sforzi sono stati compiuti per dare loro una soddisfazione accettabile. Un tavolo funziona se aderisce ai temi da discutere e include la cerchia più completa possibile di portatrici di interessi, preoccupazioni, punti di vista. La composizione del tavolo richiede speciale attenzione; si pensa che questo particolare Tavolo sarà composto per metà da donne presenti alle giornate bolognesi e per metà da altre che non vi hanno preso parte, in base a criteri di rappresentatività trasparenti e noti. Le regole per le prese di decisione del Tavolo, saranno definite dalle partecipanti. La durata del Tavolo sarà decisa da chi ha promosso il convegno e dalla facilitatrice di riferimento, Marianella Sclavi. I risultati del confronto creativo saranno portati in un nuovo incontro nazionale da tenersi dove si riterrà opportuno (Bologna è disponibile).

Se vi sono segni, all’apparenza contraddittori, in realtà simmetrici, della crisi della politica essi sono la paralisi della decisione e le decisioni improvvisate sul momento per ottenere consensi a buon mercato. La politica adeguata a problemi complessi in società complesse ha bisogno, piuttosto, di riflessività e responsabilità diffuse e richiede spazi/tempi di pubblico dibattito non comprimibili. Non affermo che, davanti alle pesanti criticità manifestate dalle democrazie rappresentative, bastino pratiche che favoriscono l’incontro di gruppi ampi di popolazione. Sarebbe, però, paradossale se soggetti femminili avvezzi all’ascolto, capaci di agency personale e decisioni condivise, non ne usufruissero qualora le ritenessero utili.

Aggregazioni e singole  presenti a Bologna non esaurivano la ricchezza delle soggettività politiche costituite o in via di costituzione. Gli inizi, le iniziative sono molte e tante hanno valore. La mia preferenza va a forme della politica che facilitino scambi liberi e fruttuosi tra singole e tra realtà eterogenee. Non vedo novità e futuro per soggetti politici monologici, univoci. Immaginando una democrazia espansiva, una democrazia con guide e senza leader, ho in mente il Forum di Pechino (1995), dove quarantamila donne costruirono una piattaforma comune senza parole totem e con portavoce riconosciute e autorevoli scelte di volta in volta. Per un’azione simile pare imprescindibile “contribuire alla nascita di una zona di non appartenenze”; lo scriveva, prima del crollo del Muro di Berlino e della I Guerra del Golfo, Régine Robin.

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Category: Vite, lavoro, non lavoro delle donne

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