Raphaëlle Leyris: E’ morta la scrittrice algerina Assia Djebar, voce dell’emancipazione femminile
- Riceviamo da Amina Crisma questa sua traduzione dell’articolo di Raphaëlle Leyris da Le Monde del 7 febbraio 2015
Nel nom de plume che aveva adottato, si era posta sotto il doppio segno, apparentemente contraddittorio, della consolazione (è il significato di « Assia ») e dell’intransigenza (« Djebar », uno dei 99 nomi del Profeta, significa « l’intransigente ») ; nella sua esistenza la sua condizione è sempre stata fra due – fra due paesi, fra due lingue. Scrittrice e cineasta algerina, membro dell’Académie française, docente universitaria, Assia Djebar è morta il 7 febbraio, a 78 anni, in un ospedale parigino. Il suo nome era Fatma-Zohra Imalayène, era nata il 30 giugno 1936 a Cherchell, a un centinaio di chilometri da Algeri, da un padre insegnante elementare, che fu una delle grandi figure influenti della sua vita, e da una madre che la incoraggiò sulla via degli studi e dell’emancipazione.
Adolescente, lasciò l’Algeria per Parigi, dove fu ammessa al liceo Fénelon prima di essere, nel 1955, la prima algerina ad entrare all’ École Normale Supérieure di Sèvres – e questa fu la prima di tutta una serie di sue prime volte: cinquant’anni dopo, sarà la prima fra gli scrittori del Maghreb ad assurgere all’Académie Française. Nel 1956, seguendo la parola d’ordine dell’UGEMA (Union générale degli studenti musulmani algerini) non sostiene gli esami, e invece scrive il suo primo romanzo firmato Assia Djebar : La Soif, che esce nel 1957 da Julliard, l’editore di Bonjour Tristesse (1954), a cui sarà spesso accostato questo libro, ambientato nella borghesia musulmana algerina, la cui giovane protagonista tenta di sedurre per noia il marito di un’amica.
Seguono Les Impatients, Les enfants du nouveau monde e Les alouettes naïves (Julliard, 1959, 1962 e 1967). Nel 1959, diventa docente di storia moderna e contemporanea del Maghreb alla facoltà di lettere di Rabat, fino al 1962, anno dell’indipendenza dell’Algeria, in cui torna ad Algeri per insegnarvi storia fino al 1965, poi letteratura francofona e cinema fra il 1974 e il 1980. Durante gli anni Settanta si consacra al cinema, interessandosi all’arabo dialettale con il lungometraggio La nouba des femmes du Mont Chenoua, presentato alla Biennale di Venezia nel 1979 dove ottiene il Premio della Critica internazionale, poi con La Zerda et les Chants de l’oubli che sarà premiato al Festival di Berlino del 1983 come miglior film storico.
Nel 1980, decide di tornare a Parigi — « perché non c’erano che uomini nelle strade di Algeri », come spiegherà in seguito al Monde des livres – e alla scrittura, con i racconti Femmes d’Alger dans leur appartement (Éditions des femmes, 1980). La scelta di Parigi è legata a quella della scrittura, e al suo rapporto con il femminismo: in Algeria, dirà, « lo spettacolo del femminile non rende possibile che una scrittura militante, di giornalismo, di protesta. Ma è proprio perché sono uno scrittore che me ne sono andata ». Se non sono “militanti”, i suoi romanzi (L’amour, la fantasia, JC Lattès, 1985, Ombre Sultane, JC Lattès, 1987, Loin de Médine, Albin Michel, 1991, Vaste est la prison, Albin Michel, 1995), sono nondimeno profondamente pervasi dalle tematiche del femminismo, dei rapporti fra le culture, della democrazia.
Le sue opere tradotte in una ventina di lingue si guadagnano un pubblico internazionale, e nel 1995 Assia Djebar parte per gli Stati Uniti, dove insegna alla Louisiana State University di Baton Rouge e dirige il Centro di Studi francofoni della Louisiana. In questo periodo, scrive una tesi dedicata al proprio lavoro che discuterà nel 1999: “Il romanzo maghrebino francofono, fra le lingue e le culture. 40 anni di un percorso: Assia Djebar 1957-1997 ». Lo stesso anno, pubblica un saggio Ces voix qui m’assiègent : En marge de ma francophonie (Queste voci che mi assediamo: in margine alla mia francofonia) (Albin Michel), e nel 2000 riceve il Premio della Pace degli editori tedeschi. Nel 2001, inizia a insegnare alla New York State University, senza peraltro abbandonare la scrittura, e pubblica nel 2002 un romanzo autobiografico, Femme sans sépulture (Albin Michel). Continua a ottenere premi e riconoscimenti all’estero, e nel 2005 è ammessa all’ l’Académie française (è la quinta donna a essere insignita di tale onore). Nel suo discorso di ammissione pronunciato l’anno seguente, dichiara di entrarvi “con le ombre ancora vive dei miei confratelli – scrittori, giornalisti, intellettuali, donne e uomini d’Algeria che negli anni Novanta hanno pagato con la vita il fatto di scrivere, di esporre le loro idee o semplicemente di insegnare in lingua francese”, e celebra questa lingua, che definisce “luogo di approfondimento del mio lavoro, spazio della mia meditazione e del mio fantasticare, e forse anche approdo della mia utopia »
Più volte si è fatto il suo nome per il Premio Nobel per la letteratura, la sua opera è tradotta in una ventina di lingue, ma occorrerà attendere il 2014 perché sia pubblicato in arabo un suo libro, Nulle part dans la maison de mon père (Fayard, 2007). Assia Djebar sarà sepolta nel villaggio in cui è nata.
Libri di Assia Djebar tradotti in italiano:
Donne d’Algeri nei loro appartamenti, Lontano da Medina, Figlie di Ismaele, Nel cuore della notte algerina, Le notti di Strasburgo, Vasta è la prigione, Ombra sultana, L’amore, la guerra, Bianco d’Algeria.
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