Hamid Zanaz: Sfida laica all’Islam. Due recensioni

| 3 Giugno 2015 | Comments (0)

Due recensioni al libro del filosofo  Hamid Zanaz “Sfida laica all’Islam2, Elethera 2013: (a) una recensione da sinistra su Noi donne. org del 1 giugno 2015  fatta da Stefania Friggeri; (b) una recensione  da destra  fatta da Pier Mario Fasanotti su Libero del 27 aprile 2013

 

1. Stefania Friggeri: Il  Corano secondo le teologhe e femministe

Noi donne 1 giugno 2015

 

“È il Corano l’ultima fonte di autorità … io credo fermamente che il Corano sia aperto ad interpretazioni multiple, come risultato dell’opera umana nel tentativo di comprenderlo a fondo … non esiste un’interpretazione congelata, ma varie interpretazioni dovute ad evoluzioni spaziali e temporali, nonché a differenze nella classe sociale, nell’ educazione, e nel genere di chi legge il Corano”. Queste le parole di Zeinah Anwar, intervistata da Anna Vanzan nel suo “Le donne di Allah” dove dà voce alle femministe che cercano di smontare la lettura tradizionale del Corano in chiave patriarcale e misogina. Afferma ad esempio Rashida: “l’Islam prevede già i pieni diritti delle donne, il femminismo islamico altro non è che la riscoperta di quei diritti” ed aggiunge “in questo senso il femminismo islamico si pone in fase inversa rispetto a quello occidentale: quest’ultimo rappresenta un balzo in avanti, mentre quello islamico deve tornare indietro, andare alla scoperta di quei diritti”.

La figura delle teologhe che cercano la legittimazione dei loro diritti e chiedono di superare i vecchi dogmi giurisprudenziali, è presente da sempre all’interno del mondo musulmano ma la loro rivisitazione del Corano viene giudicata un freno alla modernità da parte degli intellettuali che professano idee eterodosse. Hamid Zanaz, ad esempio, fuggito all’estero, nel suo “Sfida laica all’islam” (Eleuthera 2013) definisce il loro impegno “una rivisitazione mitica”, un tentativo fallimentare di modernizzare la società fornendo un “alibi razionale ad idee ormai scadute”, ovvero: il femminismo, se rimane prigioniero del Corano, non potrà vincere la sua sfida perché manca l’obiettivo di estromettere la religione dalla sfera pubblica e dai costumi della società. In verità anche all’interno dell’Islam in molti si fanno una domanda: è possibile progredire verso la modernità senza laicizzarsi? Alcuni paesi a maggioranza musulmana si stanno muovendo verso la laicità (in prima fila la Tunisia) ma altrove la laicità è vista come un’invasione culturale dell’Occidente, anzi viene vissuta come sinonimo di ateismo (Arabia Saudita in testa). E le femministe, che reinterpretando il Corano cercano di superare la contraddizione fra teologia e modernità, sono accusate di slealtà verso la cultura di appartenenza, di importare idee dall’Occidente colonialista: ancora una volta nella storia il corpo delle donne (l’uso del velo, il controllo della sessualità) viene strumentalizzato per marcare l’identità di una cultura e la sua diversità rispetto alla cultura dell’altro. Le teologhe/femministe, secondo il costume abituale dei commentatori dei testi sacri, cercano con la loro straordinaria competenza filologica di enucleare il significato esatto del testo ma dalle università e dall’autorevolezza di singoli studiosi sono uscite, e tuttora escono, interpretazioni diverse dei versetti, alcuni molto discussi.

 

Sono parecchi, infatti, i versetti che mettono in difficoltà le teologhe musulmane. Nella sura Nissa (donne) il versetto 3 recita (traduzione di F. Peirone, Mondadori): “Se avete paura di non trattare con equità gli orfanelli sposate pure due, tre o anche quattro donne di cui siete innamorati; ma se temete di diventare ingiusti, sposatene una sola, o ricorrete alle vostre schiave”, e il versetto 34: “Gli uomini hanno sulle donne autorità per la preferenza che il dio ha concesso al maschio sulla femmina e a causa di ciò che essi hanno speso per loro delle sostanze proprie. Le femmine che si rispettano sono sottomesse, gelosamente custodiscono l’onore in assenza del marito in cambio della protezione che Dio ha concesso loro”. E ancora: il Corano non si rivolge genericamente all’umanità ma si rivolge ai maschi, talora con un tono autoritario ed insieme simpatetico, ad esempio “anche se siete perdutamente innamorati” è meglio sposare una schiava credente di una donna non musulmana. La storia ci insegna che l’Europa è passata dall’impianto teologico tradizionale dei doveri (verso Dio e verso il principe) a quello secolarizzato dei diritti solo quando ha provato disgusto ed orrore per tutto il sangue versato nelle guerre di religione (la guerra dei Trent’anni ha provocato, in proporzione, più morti della Seconda guerra mondiale).

Ed oggi nel mondo islamico, per conquistare il dominio della “umma” (e per la supremazia geostrategica), i sunniti, sostenuti dall’Arabia Saudita filoamericana, combattono gli sciiti, che guardano all’Iran filorusso. Oggi, sullo sfondo delle primavere arabe, la barbarie criminale dei conflitti di matrice religiosa induce molti musulmani a guardare senza sospetto al principio tradizionalmente rifiutato come prodotto di importazione, ovvero la laicità. Le femministe/teologhe forse preparano davvero il terreno all’avvento della laicità, ma intanto conforta vederle lottare insieme alle femministe laiche, consapevoli, queste e quelle, che per mutare il contesto culturale occorre riunire le forze e combattere insieme sui punti comuni, a partire dal diritto di famiglia.

 

2. Pier Mario Fasanotti: L’islam moderato non esiste, la religione oscura la ragione

Libero 27 aprile 2013

 

Non è proprio il caso di farsi illusioni: il cosiddetto islam moderato non esiste. E non basta: i Paesi (a regime teocratico) che si rifanno ai dettami del Corano sono in scandalosa e stridente contraddizione con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Basti pensare che all’alba del terzo millennio in tutti i territori dove si prega cinque volte al giorno si crede (e a nessuno viene in mente di contraddire i versetti sull’umiliante condizione femminile) che ladonnasia sostanzialmente inferiore all’uomo, lapidata se infedele o blasfema, ridotta a giocattolo carnoso di piacere nell’aldilà degli eroi, che poi sono ancora più eroi se hanno obbedito o al martirio o al dovere di eliminare gli infedeli. Per i quali vige la tolleranza-zero, l’odio sovente camuffato da un’amabilità sociale.

È questa la tesi, esposta a chiare lettere dal filosofo Hamid Zanaz, costretto ad abbandonare l’Algeria per la Francia a causa delle sue convinzioni laiche, nel libro Sfida laica all’islam. La religione contro la vita (Elèuthera, 2013). Il pamphlet di Zanaz ha la prefazione di Michel Onfray, uno dei filosofi illuministi oggi più in voga in Europa. Il quale si dice subito pessimista sulla Primavera araba, adombrando il delinearsi di un «autunno infinito». Non a caso, sostiene Onfray, in Egitto così come in altri Paesi nordafricani «se gli islamisti avevano la piazza, ora hanno sia la piazza che il potere ». Ma ecco che spunta l’imbroglio. I Fratelli Musulmani dicono di ispirarsi all’islam moderato, sull’esempio della Turchia di Erdogan. Ma va precisato che ad Ankara la laicità ha preceduto in un certo senso l’islam e così il premier «è condannato a essere moderato». Le dittature islamiche, dice ancora Onfray,«non hannorepresso gli islamisti in quanto oscurantisti, ma solo perché questi ultimi volevano prendere il potere». E gli islamisti trionfano.

L’islam è un Tutto, religione e Stato. Si comincia a inculcare l’islamismo nelle scuole e non si torna più indietro. La laicità non esiste proprio. Si ricordino a questo proposito le parole di Victor Hugo: la religione a casa sua e lo Stato a casa sua, ossia legiferare senza tener in alcun conto della religione, ponendo in risalto il primato della cittadinanza. Oppure quelle di Albert Einstein: «La follia è un continuo rifare la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi».

Zanaz non esita a definire questo estremismo islamico, o islamomania, come il vero malato del mondo contemporaneo. Ne consegue che anche il più aperto tra gli intellettuali se nuota contro il Coranoaffronta il rischio di annegamento. Non ha proprio terreno fertile il pensiero che l’islam esca dall’oscurantismo, visto che già nel 2004 gli specialisti dell’Unesco araba «rilevano tutti gli ostacoli allo sviluppo culturale nel mondo arabo, eccettuato il principale: l’onnipresenza della religione ». Come ha notato il Nobel per la Fisica Abdul Salam, «la comunità islamica è quella che ha dedicato meno attenzione alla scienza». In compenso oltre cinque milioni di algerini, osserva Zanaz, «non hanno un tetto, ma questo non impedisce al loro presidente di lanciare un progetto faraonico: costruire entro il 2013 la terza più grande moschea del mondo, con un costo che alcuni stimano di tre miliardi di dollari». Non tanto la preghiera, quanto la passione ideologico-religiosa soffoca la ragione e «il cielo diventa un mulino di illusioni». Un cielo sotto il quale non possono sventolare le bandiere della libertà. Sì, perché l’iman «si impiccia di ogni cosa, ha un’opinio – ne su tutto», offre soluzioni ai fedeli «come se ricevesse e-mail o sms direttamente dalla Divina Provvidenza». Diceva il filosofo Adorno: «Se la religione viene accettata in nome di qualcos’altro che non sia la religione stessa, mina le proprie fondamenta». E, aggiunge Zanaz, mina le fondamenta della società.

L’islamismo, con o senza bombe, va contro l’Occidente tollerante. Decadenze e vizioso, forse, ma pur sempre culla della ragione e in grado di autocorrezione. «I depositari ultimi delle parole di Allah», scrive Zanaz, «non riescono a digerire la loro stasi e la loro impotenza di fronte a un Occidente infedele che non smette di realizzare progressi esaltanti in tutti gli ambiti. Fare dell’islam un’alternativa all’Occiden – te è il peggior infantilismo possibile». Pare proprio che «la propensione culturale in terra islamica sia quella di creare un Occidente monolitico sempre intento a complottare contro l’islam». E così si spiega come pensatori come Freud, Marx, Darwin e tanti altri siano ridotti a «ebreucci» al servizio del pensiero sionista. Punto e basta. Come se stesse ancora «sotto l’auto – rità dell’eterno ieri» (parole di Max Weber), il musulmano rimane sempre lo stesso evitando di storicizzare l’islam. E le élite? Secondo Zanaz «hanno islamizzato la storia». È una fuga verso se stessi per compensare «l’espropriazione del mondo», per dirla Hannah Arendt. Che altro fare, del resto, se si gonfia (e si arma) a dismisura la certezza che tutte le verità sono nascoste nel Corano?

 

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