Dalle mobilitazioni di Se Non Ora Quando nasce il movimento nazionale delle donne

| 15 Luglio 2011 | Comments (0)

Piazza del CampoDi ritorno da Siena non voglio commentare i dati Istat che ricordano, impietosi, che le donne in Italia, a parità di titolo di studio guadagnano di meno, sono più precarie rispetto agli uomini, lavorano in media un’ora in più al giorno di loro perché devono sobbarcarsi da sole le attività di cura a fronte di un welfare che, attraverso chiare scelte politiche, risulta sempre più carente dando per scontato che “ci penseranno per forza le donne a tirare avanti”, a supplire ai servizi mancanti.

Di ritorno da Siena non voglio riportare i racconti delle tante, soprattutto le più giovani, che lavoratrici sono ma precarie. Precarie, un aggettivo che non indica solo il fatto che si ha un contratto di lavoro a termine, ma che connota anche la scadenza entro cui è necessario limitare i propri progetti e desideri di vita che non possono permettersi l’ambizione e lo sguardo alto della lungimiranza, della costruzione di sé a tutto campo, nella professione come nella vita privata.

Di ritorno da Siena non voglio rimarcare il fatto che le donne italiane si trovano in una posizione di perenne, endemica sotto rappresentanza politica (seppure siano oltre la metà della popolazione del nostro paese; seppure non manchino loro le competenze per prendere decisioni politiche e strategiche in qualunque ambito), e non voglio soffermarmi neanche sugli offensivi e per lo più banali messaggi che ostacolano il formarsi di un immaginario collettivo che consenta il radicarsi di rappresentazioni diverse dell’essere donna e del femminile nei media, nei discorsi e nei luoghi pubblici. Non voglio sottolineare le tante ragioni della rabbia e dell’indignazione delle donne italiane; non voglio perché a Siena è successo qualcosa di nuovo: nell’intensa ed emozionante due giorni del 9 e del 10 luglio è stato fatto un decisivo, storico passo in avanti.

Tornata a casa voglio raccontare di come noi donne abbiamo rivendicato il nostro essere forti insieme nello spazio pubblico, di come ci siamo ascoltate, conosciute e riconosciute oltre le differenze di ciascuna, confrontandoci sulle esperienze e sulle motivazioni che ci fanno dire: “così non si può più andare avanti”.

Al prato di Sant’Agostino di Siena eravamo molte più del migliaio atteso – qualcuno dice oltre il doppio – eravamo in tante e diverse. Diverse per biografia, scelte di vita, realtà territoriale di provenienza, differenti per appartenenze politiche, sociali, per generazioni. Sì, perché tra le tante differenze forse quella che a colpo d’occhio colpiva di più era la presenza di tante ragazze, donne adulte giovani che, come chi scrive, sono cresciute senza avere alle spalle un forte senso del “noi” collettivo, ma che sono consapevoli di avere l’opportunità e la responsabilità di agire con una prospettiva che non può più prescindere dal bene comune – di nuovo fortemente sentito come tale – e da una militanza collettiva.

Ed è proprio nella mobilitazione di tutte noi che si percepisce una disponibilità ad andare oltre a ciò che ci divide, per trovare non semplicemente dei punti di comunanza e accordo – che pure esistono – ma delle nuove pratiche e proposte per rendere l’Italia un paese per donne, per tutte le donne. Un paese giusto che sappia rilanciarsi in maniera inedita, perché senza l’irrinunciabile e sostanziale contributo delle donne non potrà esserci ripresa economica, ma anche perché si tratta ormai di una questione di diritti civili e di condizioni di vita sostenibili di oltre la metà dei cittadini italiani: le italiane. Noi donne abbiamo capito che non è più solo questione di “se non ora quando?” ma di “ora o mai più!” per cambiare, per decidere nuove azioni e politiche. A Siena, ci siamo guardate negli occhi, ci siamo conosciute stringendoci la mano, ci siamo prese del tempo per stare insieme tutte nello stesso luogo fisico e abbiamo avuto la conferma di possedere la forza, la volontà e la determinazione per trasformare la rabbia, l’insofferenza e l’indignazione, gridate e rivendicate lo scorso 13 febbraio, in un movimento nazionale stabile, in massa critica per fare politica e per elaborare proposte che sappiano modificare visioni e scelte del paese.

La prima sfida che questo movimento deve affrontare è quella di sapere rimanere al passo con le scadenze immediate della vita economica e politica dell’Italia, per essere in grado di formulare proposte alternative nei momenti giusti e nei posti giusti. Per questo si è deciso di strutturarsi in una rete nazionale costituita dalle molteplici realtà locali (associazioni, comitati, singole) che, in maniera coordinata ma autonoma e libera che, anche in base alle esigenze territoriali, elaboreranno proposte concrete per strutturare un’agenda politica di donne da imporre all’attenzione delle istituzioni politiche, economiche e sociali. Si configura così un movimento politico di donne che ha deciso di dotarsi di metodi di discussione, proposta e decisione inclusivi e partecipati.

La nuova aggregazione in quanto politica ma trasversale, deve anche elaborare delle strategie di confronto con i partiti e in particolare con le donne delle istituzioni, partendo dall’idea che il movimento non debba escludere nessuna donna in modo pregiudiziale, neppure quelle dei partiti. È innegabile che il movimento ha e avrà bisogno anche di loro per essere incisivo e tempestivo, per riuscire a stare nei luoghi decisionali, per non perdere visibilità davanti alle istituzioni. Per ottenere cambiamenti concreti e radicali c’è bisogno anche della “politica delle donne politiche”, in questo momento è necessario utilizzare ogni differente strumento a disposizione per essere vincenti. A garanzia di modalità di confronto e di elaborazione inclusive ci saranno quegli stessi strumenti utilizzati nei processi partecipativi di decisione che il movimento ha già fatto propri e a cui non ci si può esimere se si vuole stare dentro a questo processo decisionale. Insomma, con queste premesse il movimento delle donne si garantisce la possibilità di non dover escludere nessuna a priori per essere vincente.

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Category: Donne, lavoro, femminismi

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