Carlo Loiodice: Il libro di Fernanda Flamigni su un caso di femminicidio

| 21 Novembre 2013 | Comments (0)

 

 

 

Carlo Loiodice ha inviato a un componente della redazione di “Inchiesta” la recensione del libro di Fernanda Flamigni e Tiziano Storai con questa lettera:   Ciao. Ti scrivo per segnalarti un libro che è appena uscito. L’autrice e 
protagonista è una mia amica di Trieste. Ci siamo conosciuti come non 
vedenti che si scambiavano libri elettronici. Ma non vi dico la 
sensazione che provai quando mi raccontò la sua storia. Aveva perduto la 
vista nel 1996 quando la parola femminicidio ancora non la si diceva. A 
spararle era stato suo marito. Lei si era in qualche modo salvata, ma 
sua sorella era rimasta uccisa. La persona, come la si potrebbe 
conoscere oggi, mostra di aver brillantemente superato il trauma. Ma 
sentirle raccontare il fatto genera sensazioni forti. Ora Fernanda ha 
deciso di scrivere un libro e lo ha fatto in coppia con un amico 
scrittore estraneo ai fatti. La pubblicazione è stata patrocinata dalla 
CGIL, come dimostra l’introduzione che ha voluto scrivere la stessa 
Susanna Camusso. C’è anche una presentazione di Lella Costa. Come dire 
che la cosa ha già passato un certo vaglio. Il fatto è che la casa 
editrice, Ediesse, quella del sindacato, non è propriamente un esempio 
di aggressività commerciale. Per cui il libro lo si trova col 
contagocce. Anche per questo ti chiederei di fare da pungolo con la 
libreria che solitamente frequenti.
 Qui mi fermo, ti ringrazio e ti saluto. Il resto lo troverai nella 
recensione, ma soprattutto nel libro.

 

Poi un giorno arrivò la notizia.

«A un mese dal ricovero e a un anno di distanza dall’inizio del suo calvario, è morto […] Graziano Scialpi (48 anni), per gli amici Dado, detenuto del carcere Due Palazzi di Padova che negli ultimi tempi, dal letto d’ospedale, aveva contribuito con la sua storia a puntare un riflettore sulla problematica della tutela della salute in carcere. Soltanto una settimana fa aveva raccontato a Redattore Sociale la sua vicenda: una prognosi tardiva, fortissimi dolori, esami ospedalieri saltati e l’epilogo, con una diagnosi di tumore incurabile.

“Ho cominciato a star male nel novembre del 2009 – aveva raccontato Graziano -. Quando finalmente mi fu prescritta una risonanza magnetica, mi accompagnarono in ospedale il giorno sbagliato e l’appuntamento saltò. Non venni più riportato a fare l’esame”. Poi arrivò il 24 agosto di quest’anno, quando fu ricoverato: “Il tumore era partito dai polmoni e si era espanso. Una parte della massa mi è stata tolta durante l’operazione, ma il resto non è operabile perché troppo esteso”.» [http://magazine.terre.it/notizie/rubrica/17/articolo/1816/addio-dado]

Come si fa a non sentire una qualche solidarietà nei confronti di quest’uomo, leggendo questo sintetico resoconto della sua storia? Ma torniamo indietro negli anni e riportiamoci al 1996. Ecco il racconto che lui stesso ci fa del momento del suo arresto.

«È il 21 dicembre, ed è sabato. Le strade sono invase da gente che si affanna da un negozio all’altro per gli acquisti di Natale. L’auto dei carabinieri corre come se rinchiudermi in carcere sia una questione di vita o di morte. Le gomme stridono e l’autista impreca mentre l’Alfa Romeo scansa strombazzando i pedoni che scendono dal marciapiede nella corsia preferenziale per superare gli ingorghi davanti alle vetrine. Registro ogni particolare senza emozione. Mi sento come un fantasma che vede continuare intorno a sé una vita di cui non fa più parte. Il mio unico desiderio è raggiungere la prigione. Non mi interessa altro. Sono talmente concentrato sulla mia destinazione che riesco ad bloccare i pensieri, le immagini, le emozioni che sento premere con una prepotenza feroce. Non potrà funzionare ancora a lungo, ma non mi preoccupo. Prima che prendano il sopravvento troverò una soluzione drastica e definitiva.

Ho le mani ammanettate dietro la schiena; a ogni sterzata vado a sbattere contro le portiere, a ogni frenata vengo proiettato addosso ai sedili anteriori. Il carabiniere al volante sta ripassando a mio beneficio l’intero corso di guida estrema. Con un’inchiodata ci fermiamo davanti al portone del carcere. Sbatto per l’ultima volta contro i sedili anteriori e mi raddrizzo: sono arrivato. Forse ora potrò trovare un po’ di quiete dopo questa giornata allucinante.

I carabinieri aprono le portiere e mi fanno scendere. Prima di salire i quattro gradini che conducono al portone mi volto e osservo le vetrine e le decorazioni luminose. Mi riempio i polmoni dell’ultimo respiro di libertà. Ho la certezza che di lì non uscirò vivo, sto entrando nel mio sepolcro…»

Continua qui: http://www.ristretti.it/testimonianze/pagine/padova/graziano/graziano8.htm

Ma pur nella commozione che queste parole possono generare, non possiamo sottrarci alla domanda: cosa era successo, prima? Ce lo racconta il Corriere della sera del 22 dicembre 1996.

«TRIESTE – Quando ha sentito i carabinieri dietro la porta, Graziano Scialpi non ci ha visto piu’ . Ha spinto la moglie e la cognata in una stanza e ha sparato, almeno quattro colpi, con una pistola calibro 22: la consorte e’ in fin di vita, la cognata e’ morta. Poi si e’ girato, si e’ trovato di fronte i militari e ha rivolto l’ arma contro di loro. Infine la pistola se l’ e’ puntata alla tempia e ha premuto il grilletto. Ma l’ arma si e’ inceppata, il colpo non e’ esploso e i carabinieri gli si sono avventati addosso. Solo dopo una violenta colluttazione sono riusciti a bloccarlo. In un’ altra stanza il piccolo Umberto di due anni, figlio dell’omicida e della moglie ferita, piangeva senza capire. Si e’ consumata così verso mezzogiorno di ieri, in un appartamento di fronte alla stazione ferroviaria di Trieste, la tragedia provocata da un giornalista di 34 anni, con alle spalle una storia di delusioni: la disoccupazione, la casa ipotecata, un matrimonio in frantumi  e  l’ ossessione del figlio, al quale non voleva rinunciare. Ed e’ stata una tragedia annunciata. Scialpi aveva gia’ minacciato la moglie con la propria pistola, regolarmente denunciata, tre settimane fa. La donna aveva esposto il fatto e la questura aveva ritirato l’ arma al giornalista, noto per aver seguito in passato la cronaca nera cittadina. Ma ieri mattina, prima di andare a casa della suocera, Scialpi é passato a prendere la pistola del padre nella sua abitazione di Codroipo (Udine) e con quell’ arma ha distrutto la sua famiglia. La moglie Fernanda Flamigni, 29 anni, impiegata di un’ importante casa di spedizioni, è ricoverata in gravi condizioni al reparto di rianimazione dell’ ospedale di Gattinara, ma i medici sperano di salvarla. E’ stata colpita al capo e all’ avambraccio. Sua sorella Giovanna di ventiquattro anni, maestra d’ asilo, e’ invece morta quasi subito per le numerose ferite. Il piccolo Umberto e’ stato portato via dai parenti ed e’ affidato all’ amore della nonna, madre delle due giovani…»

http://archiviostorico.corriere.it/1996/dicembre/22/Giornalista_rivuole_suo_figlio_uccide_co_0_96122212952.shtml

Sono passati diciassette anni dal giorno di quella tragedia. Fernanda si salvò la vita ma perse la vista. Difficile immaginare, per chi non è passato attraverso una simile esperienza, i rovelli e le difficoltà che ha dovuto affrontare per costruirsi una nuova esistenza. Fatto sta che ci è riuscita; e oggi racconta la sua storia in un libro scritto a quattro mani con Tiziano Storai, un amico scrittore, conosciuto successivamente e quindi non coinvolto nei fatti. Oggi che sul problema del femminicidio anche governo e parlamento sono stati coinvolti e che una legge è pur stata promulgata, l’esperienza che Fernanda ci porta merita più che l’attenzione fuggevole che può essere data da un instant book. Il titolo del libro, Non volevo vedere, ci dice già qualcosa su come certe tragedie possono svilupparsi. Fernanda ci racconta un amore nato nelle aule universitarie e sfociato in un matrimonio, durante il quale diversi sono stati i momenti duri. Momenti che hanno avuto a che fare con disoccupazione, droga, aspettative frustrate di vario tipo. Cose alle quali il “lui” della situazione ha reagito con atteggiamenti e comportamenti non propriamente ispirati alla solidarietà di coppia. Sta di fatto che ad un certo punto Fernanda decide che è arrivata l’ora di mettere fine a quella storia con una separazione. Ed è qui che rientriamo in una tipologia di vicenda di cui anche recentemente si è letto sui giornali. Penso al caso di Lucia Petrucci, che ha perduto la sorella per mano dell’ex fidanzato il quale intendeva accoltellare lei.

http://cronacaeattualita.blogosfere.it/2012/10/palermo-cronaca-news-aggredisce-la-ex-e-uccide-la-sorella-con-un-bisturi.html

Come recensore farei malissimo se cercassi di riassumere quanto Fernanda Flamigni e Tiziano Storai raccontano nel libro. Mio compito sarebbe quello di stimolarne la lettura, e spero di riuscirci. Devo dire che la politica dell’editore non promette una grande diffusione nelle librerie. Per cui non sarebbe male se fossero i lettori a sollecitare i librai.

 

Fernanda Flamigni, Tiziano Storai, Non volevo vedere, Prefazione di Susanna Camusso, Presentazione di Lella Costa. Ediesse, 2013.

 

 

 

 

 

Category: Donne, lavoro, femminismi, Libri e librerie

About Redazione: Alla Redazione operativa e a quella allargata di Inchiesta partecipano: Mario Agostinelli, Bruno Amoroso, Laura Balbo, Luciano Berselli, Eloisa Betti, Roberto Bianco, Franca Bimbi, Loris Campetti, Saveria Capecchi, Simonetta Capecchi, Vittorio Capecchi, Carla Caprioli, Sergio Caserta, Tommaso Cerusici, Francesco Ciafaloni, Alberto Cini, Barbara Cologna, Laura Corradi, Chiara Cretella, Amina Crisma, Aulo Crisma, Roberto Dall'Olio, Vilmo Ferri, Barbara Floridia, Maria Fogliaro, Andrea Gallina, Massimiliano Geraci, Ivan Franceschini, Franco di Giangirolamo, Bruno Giorgini, Bruno Maggi, Maurizio Matteuzzi, Donata Meneghelli, Marina Montella, Giovanni Mottura, Oliva Novello, Riccardo Petrella, Gabriele Polo, Enrico Pugliese, Emilio Rebecchi, Enrico Rebeggiani, Tiziano Rinaldini, Nello Rubattu, Gino Rubini, Gianni Scaltriti, Maurizio Scarpari, Angiolo Tavanti, Marco Trotta, Gian Luca Valentini, Luigi Zanolio.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.