Bruno Giorgini: Piccoli ricordi partigiani dell’Adria per il 25 aprile 2020

| 21 Aprile 2020 | Comments (0)

 

Italian partisans associated with the Partito d’Azione during the liberation of Milan. (Photo by Keystone/Getty Images)

 

 

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia antifascista militante da parte di madre e di padre. Antifascista e comunista.

Entrambi i miei genitori, l’Adria Minghelli mia madre e Roberto Giorgini mio padre furono comunisti fin da giovanissimi, negli anni ‘30 del secolo scorso.

Mio padre Roberto era molto parco di racconti, mia madre l’Adria assai più sciolta e felice narratrice. Per questo 25 Aprile 2020 metto qui alcuni episodi della loro vita di comunisti.

Roberto era così discreto che per sapere quando e come fu militante comunista dovetti attendere il suo funerale, dove un signore molto serio e austero venne da me, presentandosi: io sono Vladimiro il più caro amico del tuo babbo.Io non l’avevo mai visto, neppure sentito nominare. Lui mi raccontò del babbo. Insieme rubarono dalla biblioteca pubblica di Cesena il primo libro marxista – ne avevano sentito parlare ascoltando Radio Mosca – insieme costruirono le prime rudimentali bombe a mano, riempiendo di polvere pirica delle bocce di profumo con una miccia d’innesco. Scegliemmo quelle perchè erano di vetro grosso e quindi le schegge sarebbero state più micidiali. Avevano quattordici, quindicianni.

Dopo entrarono nel Partito partecipando alla lotta antifascista clandestina, alla Resistenza e alle lotte operaie nonchè antidemocristiane degli anni ’50.. Così fu fino al 1956 sempre fianco a fianco, quando scoppiò la rivolta d’Ungheria. Io uscii dal Partito, Roberto rimase. Aveva ragione e aveva torto, anch’io avevo ragione e avevo torto. Questo fu il disastro. Smettemmo di vederci, finanche di salutarci. Bisognò diventar vecchi per tornare amici.

 

A Ravenna L’Adria ha fatto il salto entrando nei GAP di città.

Con Lina diventano gappiste. L’Adria e Lina sono come sorelle, gemelle, quel che fa una, fa l’altra; e viceversa.Anche si somigliano fisicamente. O almeno danno questa impressione, perchè in realtà sono assai diverse. E’ una questione di portamento. Un poco altezzose, molto fiere, vanno col culo dritto qualcuno mormora. Anche tra le compagne di lavoro. Tutta invidia e fanno spallucce.

Per evitare confusioni a filarini vari, si vestono spaiate in specie quando vanno a ballare. Spesso si scambiano i ruoli nelle azioni clandestine. Violando ogni disciplina, ma tant’è. Il Partito sa e lascia correre. La terza amica del cuore, come amano definirsi,Gianna invece: non me la sento di sparare a sangue freddo, neppure contro un fascistaccio. E’ il primo strappo tra loro. Tutte e tre si dicono che l’amicizia non è in discussione.

I GAP, in lungo Gruppi di Azione Patriottica, dirette emanazioni combattenti del Partito, devono portare la guerra in città. Essenzialmente colpendo i nazifascisti, talchè non abbiano tregua nè retrovia. Anche una passeggiata può essere mortale, o andare a mangiare in trattoria o al casino che una puttana non fa mai male.

Ci s’addormenta la sera senza essere certi di svegliarsi al mattino, gerarchi, ufficiali della milizia, spie fasciste, collaboratori del regime, torturatori cominciano a avere paura, qualcuno nel Partito evoca il terrore rosso di leniniana memoria, gli altri più semplicemente vogliono farli cagare sotto e ammazzarne il più possibile.

Tu vai con la pistola nella borsetta. Incontri il compagno laddove avverrà l’agguato.

Vi abbracciate, avvinghiati e l’arma passa di mano. Intanto l’uomo che dovete colpire s’avvicina. Quando la distanza è buona, tre quattro metri, ma anche meno il compagno si scosta, pregando Dio che l’arma non s’inceppi spara , colpisce quindi ripassa la rivoltella alla compagna e scappano in due direzioni diverse. Spesso in bicicletta, le strade di Romagna sono piene di ciclisti, almeno fin quando i nazifascisti non decretano i velocipedi fuorilegge.

Avevi paura prima e dopo, ma non so perchè nel momento dell’azione ero fredda, non ho mai tremato. L’Adria racconta al figlio ragazzino molto curioso, gli paiono avventure degne dei tre moschettieri e dei tigrotti di Sandokan.

Bisognava essere precisi come degli orologi svizzeri, dice ridendo, però mica tutte le ciambelle riuscivano col buco, e dovevi ingegnarti. Magari il fascista arrivava di traverso e allora stava a te sparare, oppure aveva compagnia.

Se era una ragazza sottobraccio in genere sgambava quando vedeva le armi, oppure rinunciavamo, ce ne erano di toste con la camicia nera e la rivoltella.

Ma potevano esserci altri camerati, e anche qui bisognava allontanarsi senza dare nell’occhio, però alla svelta.

Calmi e veloci, si fa presto a dirlo ma lì per lì vorresti correre o inforcare la bici pedalando all’impazzata, invece ti mordi le labbra hai la nausea e vai tranquilla.

Io avevo anche la mia arma personale, fuori regola, però tutti facevano finta da non saperlo.

Non l’ho mai usata, salvo una volta, e gli occhi le si velano di pianto.

Dopo hanno preso Lina, torturata e impiccata.

Le belle avventure dove i fascisti muiono o scappano e i partigiani coraggiosi li sgominano sono finite. Entra brutale la morte. Della più cara amica, l’alter ego.

Come l’avessi ammazzata io.

Una notte avevo così tanta paura, terrorizzata, e arrabbiata con me stessa, furiosa, che misi la testa dentro un cespuglio di rovi e ne uscii con la faccia piena di sangue. Sono arrivata così a casa di Gianna, dove stavo nascosta, e lei per poco non sviene, sbiancata come un lenzuolo fresco di bucato.

Un’altra notte L’Adria vagando per la città, dopo la morte di Lina non dorme mai, incontra una camicia nera, Un fascista da niente, Tira fuori la pistola gliela appoggia alla fronte e spinge, mette il colpo in canna, l’uomo si affloscia tra le sue urine e feci. L’Adria rinsavisce, rimette l’arma nella borsetta, gira i tacchi e se ne va.

Intanto i nazifascisti la cercano. Battono la città quasi casa per casa, e il comando partigiano decide di mandarla via, tra quelli delle Valli.

Là sarà al sicuro, e non combinerà guai, sperano.

Nelle Valli in mezzo ai partigiani più scatenati, tra i benpensanti c’era chi diceva: feroci.

Lì il Partito aveva concentrato quelli cui i fascisti avevano ammazzato, spesso trucidandoli, fratelli, cugini, figli, figlie, padri, madri, amici d’infanzia, sorelle, nipoti, amanti, le persone più care, lì L’Adria comincia a rivivere.

Il figlio ascolta per l’ennesima volta uno dei racconti partigiani della mamma che di più gli piace.

 

Quando L’Adria salvò un fascista.

La Brigata rastrellava l’area del Veneto muovendosi verso Salò, la capitale della Repubblica Sociale, la Repubblichina, instaurata da Mussolini dopo la caduta del regime.

Salò che diventò presto meta e rifugio di tutti i fascisti in fuga. Spesso i peggiori criminali assassini e torturatori.

I partigiani non andavano tanto per il sottile, in specie però cercando gli ufficiali della milizia e i comandanti spesso condannati dai tribunali del CLN.

Oppure installavano dei tribunali speciali, e Barilot, fratello dell’Adria, era Presidente di uno di questi.

Nel corso di un’azione di pattuglia L’Adria sente sgranare delle raffiche di mitra, si precipita e vede un giovane in camicia nera scarmigliato cui i partigiani sparavano, scommettendo chi fosse arrivato a sfiorarlo senza ferirlo gravemente.

E’ terrorizzato, e L’Adria si interpone. Ma è un bambino, non vi vergognate.

Rimasero allochiti, proprio L’Adria che combatteva con loro dall’inizio! L’Adria ne approfitta per spingerlo dentro una stalla entrandoci anche lei.

Se è condannato, allora fuciliamolo subito, urla. Ci sto anch’io nel plotone d’eseccuzione. Ma se no, se non c’ha colpe specifiche, lasciamolo andare.

Adria, ma è un fascista! E i tre o quattro compagni si fanno avanti.

L’Adria spara in aria, con reazione istintiva uno dei partigiani risponde al fuoco, ferendola di striscio a una spalla e lei grida: non mi hanno mai ferito i fascisti e i tedeschi e adesso mi colpisci tu Falzett! Il quale Falcetto, nome di battaglia contadino, avrebbe voluto scomparire sotto terra, e balbettava scusa scusa Adria scusami.

Allora L’Adria tenendo il suo sten in linea, si ritira dentro la stalla dove il ragazzino in camicia nera sta accovacciato in lacrime. Calmati, dai che la scampi.

Intanto è arrivato Barilot che urla, Adria che cazzo fai, ci spari addosso. Esci va!

Lei esce in guardia col ragazzino in camicia nera che si copre dietro.

E’ un condannato? C’è qualcuno che lo ha denunciato? O è solo un coglione dell’ultima ora?

Barilot con fare magnanimo, no può andare però è meglio che si cambi.

E lì avviene l’impossibile. I partigiani fanno a gara a dargli camicia, mutande, canottiera e tutto quel che serve, con dei buffetti sulle guance e battute: te la sei vista brutta eh, però bravo non ti sei cagato addosso, e via così.

Uno arriva addirittura con due fette di pane e del salame in mezzo, ma il ragazzo si schermisce, ho lo stomaco chiuso, beh prendilo lo mangi dopo.

Pian piano il gruppetto si scioglie ma il giovanotto non osa allontanarsi.

La prego signora, la prego mi accompagni almeno per un po’.

Da quanto tempo nessuno la chiamava signora.

L’Adria sbuffa però si muove con lui, che quando sente una voce chiamarlo, ehi fascista, si gira ahimè, ma tu vuoi proprio morire?! Lo sgrida L’Adria come un bambino. dandogli una pacca sul coppetto, e indicandogli la strada lo  lascia al suo destino.

Almeno quando lo ammazzeranno, lei non sarà presente. Comincia a essere stanca di morti, anche di quelli in camicia nera.

 

*Tratto dal libro inedito “L’Adria. Storia di un amore partigiano”

Category: Archivio, Donne, lavoro, femminismi, Editoriali, Guardare indietro per guardare avanti

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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