Padre Bernardo Cervellera: Xi Jingping e l’occidente, Come non dimenticare Tiananmen

Diffondiamo  da Asia News due interventi di Padre Bernardo Cervellera, missionario del Pime, direttore di Asia News, laureato in Filosofia alla Cattolica di Milano, giornalista, ha vissuto a Pechino, dove è stato anche docente di Storia della civiltà occidentale all’Università di Beida. Ex direttore dell’agenzia Fides, bollettino del dicastero vaticano per l’Evangelizzazione dei popoli. È autore dei libri: “Missione Cina. Viaggio nell’impero tra mercato e repressione (2006)”, “Il rovescio delle medaglie. La Cina e le Olimpiadi (2008)” e “Asia, la sfida del Terzo millennio (2013)”.

1. Padre Bernardo Cervellera: Xi Jinping e l’occidente: come non dimenticare Tiananmen

Dopo 31 anni, controlli delle notizie, censura, espulsione di dissidenti, prigione, torture fisiche e piscologiche, esecuzioni e morti non riescono a soffocare le domande degli studenti e operai di piazza Tiananmen: democrazia e fine della corruzione. L’occidente è debitore dell’orrore di Tiananmen: le urla, i pianti, il sangue dei giovani falcidiati dall’esercito del popolo sono divenuti l’olocausto che ha esorcizzato violenze e repressioni in Europa, alla caduta del Muro. E dopo il massacro, l’occidente ha potuto sfruttare la manodopera a basso costo che a milioni veniva servita sul piatto della globalizzazione. Chiedere la piena democrazia per la Cina e per Hong Kong.

Roma (AsiaNews) – Da 31 anni il Partito comunista cinese usa le armi più sofisticate e crudeli per estirpare la memoria del massacro avvenuto in piazza Tiananmen la notte fra il 3 e il 4 giugno 1989. Controlli delle notizie, censura, espulsione di dissidenti, prigione, torture fisiche e piscologiche, esecuzioni e morti non riescono a soffocare e distruggere le richieste di studenti e operai di allora, che rimangono attuali: democrazia e fine della corruzione.

La lotta alla corruzione è stata impugnata dal Partito e da Xi, rendendola uno strumento del suo dominio e colpendo i suoi nemici politici. La democrazia è stata bollata come un elemento inquinante dell’occidente, qualcosa di estraneo alla cultura cinese. Nel tentativo di salvare la dittatura del partito unico, Xi ha decretato che nelle università cinesi non si studino i “valori occidentali”. Perfino nei seminari cattolici nazionali, la dottrina sociale della Chiesa viene insegnata con censure evidenti, eliminando le parti legate a dignità umana, famiglia, società civile, sussidiarietà, democrazia.

Eppure la democrazia è entrata in Cina con l’avvento della modernità, sostenuta dal Movimento del 4 Maggio che voleva mettere fine alla cadente cultura imperiale. La Cina post-impero, pur con tutte le sue approssimazioni, è segnata dalla democrazia. Questa esperienza iniziale è stata abortita con l’avvento di Mao Zedong, che ha imposto l’impero del Partito comunista cinese, pur rivendicando l’eredità del Movimento del 4 Maggio.

Le ingenue richieste degli studenti di Tiananmen sono state preparate da innumerevoli studiosi ed accademici cinesi che dialogando con l’occidente, rivisitando la propria storia, ricordando gli eccidi del maoismo, volevano plasmare una Cina moderna che Mao aveva fatto ancora una volta rotolare a un livello pre-moderno.

Dopo il massacro di Tiananmen, negli anni ’90 vi sono stati tentativi di fondare un partito democratico, i cui fautori sono stati tutti arrestati e condannati ad anni di prigionia.

Negli anni 2000, intellettuali e dissidenti, hanno creato la luminosa proposta di Carta ’08. Fra di essi vi era il grande Premio Nobel Liu Xiaobo, lasciato morire di cancro in prigione.

Anche in questi mesi di pandemia, dopo i silenzi e le censure del Partito sulla diffusione del virus è emerso il bisogno di democrazia richiesto a gran voce da dottori, intellettuali, accademici, attivisti.

Grazie ai silenzi di Pechino, il Covid-19 e la sua scia di morte si sono diffusi nel mondo: a dimostrare che la democrazia in Cina salverebbe la vita ai cinesi e alla comunità internazionale.

Eppure proprio in occidente si trovano scialbi politici e predicatori prezzolati, i quali dicono che la democrazia non va bene per la Cina: è un Paese troppo numeroso (come se l’India fosse un Principato di Monaco!); l’autoritarismo paga in termini economici e di sicurezza (ma non col Covid-19); la cultura cinese è diversa da quella occidentale (come se i cinesi fossero una comunità di disabili politici).

In compenso, l’occidente è quello che ha più guadagnato da Tiananmen. Sono convinto che se la caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989) e degli altri muri comunisti in Europa è avvenuta in modo non violento, come “velluto”, ciò è dovuto all’orrore che nel mondo si è creato con il massacro di Tiananmen (4 giugno 1989): le urla, i pianti, il sangue dei giovani falcidiati dall’esercito del popolo sono divenuti l’olocausto che ha esorcizzato violenze e repressioni in Europa.

Le modernizzazioni economiche volute da Deng Xiaoping negli anni ’90 avevano come scopo di far diventare ricchi i cinesi e, in nome del benessere, far loro dimenticare Tiananmen. Anche qui l’occidente vi ha guadagnato: la Cina è diventata la fabbrica del mondo e l’occidente ha potuto sfruttare la manodopera a basso costo che a milioni veniva servita sul piatto della globalizzazione.

Ora che la Cina è diventata un mercato molto appetibile e la sua classe media il target di ogni compagnia, l’occidente è diventato molto timido sui diritti umani e all’unisono con Xi Jinping proclama il bene della globalizzazione economica, ma in cui è escluso il dialogo fra le culture e quindi sulla democrazia e la dignità umana. Ma se questo non avviene, allora la globalizzazione serve solo a schiavizzare il popolo cinese, proprio come sta facendo Xi Jinping e il suo Partito, inebriandolo di nazionalismo, ma condannandolo alle catene di uno sviluppo economico forsennato senza diritti.

L’occidente, pur essendo debitore, ha dimenticato Tiananmen, proprio mentre i cinesi ritrovano in una nuova stagione le loro richieste di democrazia e fine della corruzione.

La lotta che Hong Kong sta offrendo in questi mesi è su questa linea: piena democrazia, fine della corruzione e delle violenze del governo e delle forze dell’ordine. La legge sulla sicurezza contro “sovversione, secessione, terrorismo e collaborazione con forze straniere” serve ad escludere che da Hong Kong, il “virus” della democrazia si propaghi anche al continente, ravvivando fuochi già accesi.

Se l’occidente, almeno per gratitudine, non vuole dimenticare Tiananmen, deve chiedere conto a Pechino dei morti sotto i carri armati di allora e sotto il coronavirus di oggi; e deve trovare i modi per garantire ad Hong Kong la piena democrazia.

2. Madri di Tiananmen: Verità e giustizia per il massacro del 4 giugno

Da Asia News del 4 giugno 2020

Gli studenti chiedevano libertà e democrazia, fine della corruzione, dialogo giusto ed equo tra popolo e governo. Con la repressione violati Programma fondativo e Costituzione della Repubblica popolare. Il regime deve rispondere per quanto accaduto, e le vittime devono essere risarcite.

Pechino (AsiaNews) – “Se il governo avesse ascoltato le opinioni della gente, invece di porre fine al movimento studentesco in modo così crudele e barbaro, il processo di civilizzazione della società cinese avrebbe accelerato il suo ritmo per integrarsi con la società civile del mondo, e la corruzione nella burocrazia non sarebbe stata così dilagante”. A 31 anni dai fatti di Tiananmen, quando migliaia di studenti e cittadini furono massacrati per aver chiesto libertà e democrazia nel Paese, le madri e i parenti delle vittime chiedono al governo di rendere pubbliche le informazioni su quanto accaduto. Per loro, i responsabili dell’eccidio devono rispondere davanti alla legge delle loro azioni. Ieri, sotto lo sguardo di una quarantina di poliziotti, alcune di loro si sono recate al cimitero Wan’an di Pechino per onorare la memoria dei caduti. Di seguito il testo completo della loro lettera aperta (traduzione a cura di AsiaNews).

Quest’anno è il 31° anniversario del massacro del 4 giugno, che ha avuto luogo a Pechino nel 1989: non dimenticheremo mai quella tragedia. In tempo di pace, il governo cinese mobilitò le nostre Forze armate – i “soldati del popolo” – e schierò carri armati e veicoli blindati su Chang’an Avenue. Sulla strada per piazza Tiananmen, le truppe aprirono il fuoco a caso, ignorando la folla che lambiva le strade. Spararono anche agli studenti di Liubukou a Xidan, che si erano ritirati da piazza Tiananmen. I militari hanno prima lanciato gas velenosi che stordivano la gente; poi hanno spostato i carri armati per schiacciare la folla, in scene sanguinolente di ineguagliabile brutalità e disumanità.

Dal mese di aprile, all’epoca della morte di Hu Yaobang, ex segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc), fino al sanguinoso giro di vite del 4 giugno, gli studenti avevano chiesto in modo pacifico e razionale al governo di aprire un dialogo. Studenti di molte province e città del Paese si sono fatti avanti per esprimere la loro solidarietà ai dimostranti di Pechino: un movimento studentesco senza precedenti, il più straordinario nella moderna storia cinese.

Gli studenti hanno sollevato queste richieste: fine della corruzione e turpitudine burocratica; democrazia e libertà; trasparenza sulle risorse ufficiali della nazione; diritto di parola, e dialogo giusto ed equo tra popolo e governo. Le richieste hanno trovato grande risonanza in tutta la società. Guardando indietro, dal 1979 al 1989, nei dieci anni di riforme e politiche di apertura che trasformarono l’economia nazionale da un sistema pianificato a uno di mercato, i veri beneficiari della riforma furono i pochi che detenevano il potere. Quest’ ingiustizia sociale aveva causato insoddisfazione tra la gente. Di conseguenza, cittadini di tutti i ceti sociali hanno partecipato alle marce, sollevato domande sulle condizioni di vita delle persone, invocato il diritto dei cittadini a essere informati e fornito suggerimenti su come garantire il sostentamento della gente. Essi hanno proposto di accelerare le riforme politiche, consentendo la libertà di stampa e, cogliendo il vero significato del governare, hanno chiesto che il potere fosse restituito al popolo. È stato un momento di grande risveglio, che ha suscitato domande e pensieri tra le persone sui problemi sociali che si erano accumulati nel decennio di devastazione della Rivoluzione culturale.

Era incredibile che il governo ignorasse completamente le voci e le opinioni della gente. La leadership evitava la sostanza principale e si soffermava su aspetti banali, affrontando solo la questione della governance. Essa ha richiesto agli studenti di ritirarsi da piazza Tiananmen in modo incondizionato. Tale pretesa è stata respinta dagli studenti, preoccupati che, in seguito al loro ritiro incondizionato, il governo sarebbe intervenuto contro di loro per regolare i conti. I cittadini di Pechino sono stati testimoni dell’intera parabola del movimento del 1989, e dell’eccidio del 4 giugno.

I nostri figli e i nostri cari sono stati uccisi in quella giornata. Per 31 anni, ogni famiglia delle vittime ha vissuto nel mezzo di questa sofferenza. Come cittadini di questo Paese, e parenti dei caduti, abbiamo tutti i motivi per mettere in discussione il Pcc e il governo. Inevitabilmente, essi hanno la responsabilità del danno arrecato a tutti i cittadini attraverso la sanguinosa tragedia. Legalmente, la leadership deve pagare per le proprie responsabilità e, moralmente, deve alla gente delle scuse. I motivi specifici sono i seguenti:

1) Il Pcc fondò una nuova Cina nel 1949, rovesciando il vecchio sistema e istituendone uno nuovo. L’articolo 5 del Programma di fondazione (il Programma comune della Conferenza consultiva politica del popolo cinese) stabilisce che il popolo della Repubblica popolare cinese ha il diritto alla libertà personale, a quella di pensiero, parola, pubblicazione, assemblea, associazione e comunicazione; ha il diritto di residenza, può migrare, professare liberamente il proprio credo religioso e manifestare. Anche l’articolo 35 della Costituzione prevede chiaramente lo stesso: “I cittadini della Repubblica popolare cinese godono della libertà di parola, pubblicazione, assemblea, associazione, processione e dimostrazione. Se il Pcc e il governo cinese non hanno dimenticato la loro originaria aspirazione, dovrebbero attenersi e attuare il Programma di fondazione e la Costituzione. Tuttavia, nella sua gestione altamente centralizzata del potere, il Partito ha da tempo dimenticato i sacri diritti conferiti ai cittadini dalla Costituzione. Riteniamo che il movimento studentesco di quell’anno non abbia superato la portata consentita dalla legge. Se il governo avesse ascoltato coscienziosamente le opinioni della gente, invece di porre fine al movimento in modo così crudele e barbaro, il processo di civilizzazione della società cinese avrebbe accelerato il suo ritmo per integrarsi con la società civile del mondo, e la corruzione nella burocrazia non sarebbe stata così dilagante.

2) La politica degli “anziani” si è manifestata in modo vivido nelle decisioni che hanno portato alla tragedia del 4 giugno. I dipartimenti governativi erano nel caos. Il governo di una società civile risolve le contraddizioni sociali in conformità con la legge, e risolvere le contraddizioni sociali è la responsabilità quotidiana di un governo. Tuttavia, ciò che abbiamo visto è stato il totale disprezzo della legge da parte della vecchia generazione di rivoluzionari rimasta al potere, che ha ignorato la vita delle persone e i propri obblighi di governo. Anche se quei vecchi rivoluzionari si erano già dimessi e avevano ceduto il loro potere, essi erano autorizzati a decidere della vita e della morte della gente, a marchiare i cittadini come “rivoltosi controrivoluzionari” e come elementi che mettono “in pericolo il potere statale”.

3) Dobbiamo chiedere al Pcc e al governo: quale legge civile cinese conferisce espressamente alle autorità il diritto di usare la forza militare per uccidere, a piacimento, studenti e civili in manifestazioni pacifiche? La Costituzione prevede che il potere militare sia esercitato con l’autorizzazione dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp). A quel tempo, gli studenti hanno ripetutamente invocato una riunione speciale del Comitato permanente dell’Anp sull’uso della forza da parte dell’esercito. Il governo ha ignorato i ricorsi degli studenti. Vogliamo sapere esattamente dove e quando si sono verificate le rivolte controrivoluzionarie. Dove è la prova? Chi ha comandato i disordini? Qual è la verità?

4) Per misurare la solidità di una società civile, l’indice di felicità delle persone, il livello di civiltà e la libertà di parola sono tra le condizioni più importanti e necessarie. Una grande nazione che consente solo la voce delle autorità, e non le diverse voci del popolo, che è cieca alle critiche del popolo e nega il controllo popolare sul governo, produrrà solo questo risultato: l’espansione illimitata dell’autorità di quelli che esercitano un forte potere, che dominano il popolo dall’alto senza rispetto della legge, con la cosiddetta uguaglianza davanti alla legge che serve solo da decorazione.

Negli ultimi 31 anni, abbiamo ripetutamente chiesto una soluzione legale di un problema politico, attraverso dialoghi giusti ed equi con il governo in conformità con la legge. Il governo è rimasto in silenzio sul massacro del 4 giugno, senza dimostrare la minima traccia di rimorso. Con il passare degli anni, sono morte 60 persone nel nostro gruppo di famiglie delle vittime. Il tempo può cancellare le nostre vite, ma la nostra determinazione nella ricerca dell’equità e della giustizia non cambierà. Continuiamo a rimanere fedeli alle nostre tre richieste: verità, risarcimento e responsabilità, al fine di ottenere giustizia dal governo per tutte le vittime della tragedia del 4 giugno. La dignità di ogni singola vita non può essere strappata via e calpestata arbitrariamente dal potere. Sono i nostri cari e i tuoi compatrioti.

Category: Culture e Religioni, Epidemia coronavirus, Osservatorio Cina

About Padre Bernardo Cervellera: Bernardo Cervellera, missionario del PIME (Pontificio Istituto Missione Estere) e giornalista, attualmente è responsabile dell’agenzia giornalistica “Asia News”. È uno dei maggiori conoscitori al mondo sia della Cina che del Vaticano. È stato direttore (1997-2002) di “Fides”, l’agenzia di informazione internazionale del Vaticano, divenuta sotto la sua guida un autorevole organo giornalistico molto apprezzato dai media mondiali. Dal ’95 al ’97 ha insegnato all’università di Pechino (Beida) come docente di Storia della Civiltà occidentale. Collaboratore del quotidiano cattolico “Avvenire”, è intervenuto come esperto di politica internazionale nelle trasmissioni televisive “Porta a Porta”, “Excalibur”, “Otto e mezzo”

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