Enrico Peyretti: A Torino un incontro tra musulmani e cristiani. C’è una chiesa invisibile che sale alle stelle

| 5 Dicembre 2015 | Comments (0)

 

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Diffondiamo questa lettera inviataci oggi da Enrico Peyretti (nella foto in alto)
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Ieri sera, venerdì 4 dicembre, manifestazione di musulmani e cristiani a Torino dalla parrocchia di via Chatillon alla moschea di via Sesia e circolo Banfo per una cena a couscous e dolci. Numerosa. Corteo con distribuzione di tante bandiere della pace del Sermig (diversa, separata, da quella comune a tutto il mondo, di sette colori).
Discorsi giusti, sinceri, appassionati. Preghiere nelle due religioni. I musulmani ripetono una sura (stasera la 5, su Abele e Caino), con poche loro parole spontanee. I cristiani leggono un brano di vangelo (Mt 5, amore dei nemici) e aggiungono più parole proprie. Interventi vari nel cortile della moschea, anche di rappresentanti civili. Manifestaz. trasmessa dal TG3, a differenza di altre altrettanto belle, ignorate.

Giustificata in un intervento femminile musulmano la guerra di difesa (che è nel Corano 2,191 e altrove), ma è sempre meno giustificata nel cristianesimo attento alla nonviolenza
(pur con tutta la pesante tradizione antievangelica della “guerra giusta” alle spalle).
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La nonviolenza attiva è, sì, difesa (che è un dovere) ma con mezzi diversi e più profondi delle armi, che sono sempre un’illusione e controproducenti.
Impressione che i diversi gruppi musulmani, come le diverse iniziative cristiane, impegnate a mettere pace in questo momento, e a distinguere islam da fanatismo terrorista, siano diverse tra loro, non ben comunicanti, per diverse scelte di metodo, ma anche – pare – di posizioni e vicinanze politiche nel quadro italiano attuale. Va bene, purché si pensi e si lavori su vie di pace. Pace anzitutto profonda, tra le culture e religioni.
In ciò non bastano più buone maniere e amicizie. Le religioni, per salvarsi dalla loro versione violenta (conquiste, crociate, colonialismi cristiani; guerre islamiche; guerre feroci di religione interne agli uni e agli altri), devono deporre la loro sicurezza, il credere di poter far da sé nella ricerca di Dio, di avere già tutta la verità, di essere superiori agli altri (anche se ci degniamo di trattarli bene). Un po’ di silenzio buddhista su Dio farebbe molto bene alle religioni teologiche.
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Ogni religione si relativizzi (non è scetticismo, ma è “non senza gli altri”, sempre in relazione, nessuna autosufficienza). Imparare dagli altri, perché dialogo vuol dire “io non so tutto e imparo da te”.
E’ ben comprensibile che i musulmani, in minoranza e accusati di vicinanza ai violenti dalla barbarissima ignorantissima islamofobia, si difendano (ora ancor più e meglio che dopo Charlie Hebdo).
Ma, perché il mondo si salvi, occorre che le religioni (queste due, ma tutte), si parlino con umiltà, sempre, e non solo dopo casi di violenza “religiosa”. Le religioni sono le “culture profonde” dell’ umanità. Nonostante la secolarizzazione europea, contano ancora molto nell’orientare la vita.
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Ma le religioni devono spogliarsi molto anche di se stesse: culti, testi, tradizioni, strutture, regole sociali, autorità e maestri: tutte cose utili, non perfette, ma non sono l’essenziale. L’essenziale è l’intima ricerca del bene entro il cuore di ogni persona, è l’aiuto al vicino bisognoso, è il perdono e la pace a chi ti ha fatto del male. Andiamo verso religioni della coscienza intima e seria, uscendo dalle religioni dei costumi, tradizioni, folklore, dogmi, strutture costrittive, persino abiti speciali.
La diversità è un bene, se le diversità si riconoscono in una unità universale più grande di ogni singola religione, della propria amata (o sopportata  a fatica) religione.

Questa maledetta “violenza religiosa” (non solo sotto il nome di Allah, ma anche del Dio cristiano) può essere una malattia dalla quale le religioni possono uscire più sane, più pure, più spirituali, più aperte, più costruttrici di pace profonda. Ma è un lavoro lungo, faticoso, difficile, paziente.

Dio è più grande di tutte le religioni, dei nomi che noi gli diamo, delle dottrine che facciamo su di lui, dei comandi che diamo a nome suo. Chi cerca Dio non lo possiede, e chi crede di possederlo lo riduce a un idolo, lo bestemmia. Dio ci aiuti tutti.

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Invito a leggere queste frasi di Sorella Maria dell’eremo di Campello
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Sorella Maria, dell’eremo di Campello (1875-1961) scriveva a Gandhi nel 1928 e nel 1932 sulla Chiesa invisibile:
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«Io sono creatura selvatica e libera in Cristo, e voglio con Lui, con te, con voi, con ogni fratello cercatore di Dio, camminare per i sentieri della verità» (24 agosto 1928).
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«Io sono riconoscente e in venerazione per la Chiesa della mia nascita e della mia famiglia, ma la chiesa del mio cuore è l’invisibile chiesa che sale alle stelle. Che non è divisa da diversità di culti, ma è formata da tutti i cercatori della verità» (11 luglio 1932). Gandhi, per lei è «pietra miliare verso la vastità del Regno».

(Frammenti di un’amicizia senza confini. Gandhi e Sorella Maria, pro-manuscripto, Eremo di Campello sul Clitunno, 1991, p. 15 e 22. Si vedano anche, per conoscere questa cristiana, la sua corrispondenza con Primo Mazzolari e quella con Giovanni Vannucci, nelle edizioni Qiqaion della Comunità di Bose. Mio articolo in Lo Straniero n. 105, marzo 2009)

 

Category: Culture e Religioni

About Enrico Peyretti: Enrico Peyretti (Torino, 1935) è un attivista italiano, intellettuale, impegnato nella ricerca per la pace e nel movimento per la non violenza. È stato presidente centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) tra il 1959 e il 1961. Nel periodo del post-Concilio Vaticano II animò a Torino alcune realtà ecclesiali di base. Fondò nel 1971 (e diresse fino al 2001), assieme ad "alcuni cristiani di Torino", la rivista mensile il foglio (www.ilfoglio.info), che ancora oggi rappresenta una delle più interessanti esperienze di riflessione su tematiche religiose e politiche da parte del Cristianesimo di base. Ha insegnato storia e filosofia nei licei. Svolge attività come ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino (www.serenoregis.org), sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); è membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi. È un riferimento all'interno del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione. Tra i suoi libri: " Alcuni elementi per una filosofia della pace ", Scuola di pace, Città di Boves, Anno accademico 1993-94 ; Dall'albero dei giorni, Soste quotidiane su fatti e segni, Servitium, Sotto il Monte (BG) (1998); La politica è pace, Cittadella, Assisi (PG) (1998); Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino (1999); Dov'è la vittoria?, Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vincere, Il segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR) (2005); Esperimenti con la verità. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (RM) (2005); Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento (2009);Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza , Claudiana, Torino (2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza , Collana L'etica e i giorni, Cittadella Editrice, Assisi (2012)

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