Antonio Olmi: Tommaso d’Aquino in Cina

| 21 Novembre 2014 | Comments (0)

 

1. Viaggio e soggiorno

Dal 13 al 16 novembre del 2014 si è tenuto a Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei (centro-sud della Cina) il convegno internazionale “Tommaso d’Aquino e la filosofia medievale”. Tra i relatori, provenienti dalle principali università della Cina continentale, di Hong Kong, di Taiwan e da alcune università occidentali, ero presente anch’io: docente di teologia sistematica alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna (Bologna), che si interessa al tempo stesso di Tommaso d’Aquino e di Matteo Ricci.

 

 

 

Partito da Bologna e transitato per Parigi fino a Wuhan, dopo aver viaggiato senza problemi per oltre venti ore, ho trovato ad accogliermi uno studente  con macchina ufficiale ed autista; l’accoglienza è stata efficiente e degna del migliore stile dell’ospitalità cinese.

L’università di Wuhan è una delle più prestigiose della Cina, e il suo campus è uno dei più grandi del mondo. Oltre agli edifici delle sei facoltà (lettere, scienze sociali, scienze naturali, ingegneria, scienze dell’informazione e medicina), ci sono molte strutture logistiche, tra cui diversi alberghi riservati ai docenti ospiti; in uno di questi sono stato alloggiato insieme agli altri partecipanti.

 

 

 

 

Scorci di edifici dell’università

 

 

 

L’albergo Luo Jian Shan Zhuang. Il colore verde-acqua delle tegole del tetto è comune a molti edifici di questa università

 

 

 

La qualità dell’accoglienza si è estesa anche al cibo: un’ottima cucina cinese, che aveva l’unico difetto (o il pregio?) di non fare alcuna concessione al gusto occidentale dei visitatori. Ho cercato di non farmi problemi; anche se, lo confesso, a colazione un paio di volte sono andato da un vicino Starbucks, e durante una visita della città ho preferito pranzare da McDonald’s…

 

Pranzo al Luo Jian Shan Zhuang

 

 

 

Qui McDonald’s ha mantenuto la tradizionale livrea rosso-gialla, che nella cultura cinese ha un particolare significato – sono questi, tra l’altro, i colori della bandiera nazionale

 

Gli organizzatori del convegno hanno curato anche l’aspetto turistico della permanenza dei loro visitatori. Mi è stato quindi possibile constatare da vicino, pur nel breve periodo del mio soggiorno, alcuni aspetti peculiari della città di Wuhan e – per estensione – della cultura e della società cinesi.

 

1.1 Coesistenza di antichità e modernità

 

Edifici ispirati a criteri architettonici propri della modernità occidentale costituiscono la parte “nuova” della città, che è tra le più popolose (oltre dieci milioni di abitanti) e più industrializzate (nonché inquinate…) della Cina.

 

Skyline sul Changjiang, il fiume più lungo dell’Asia

 

 

Il Primo Ponte, sul Changjiang, ha due piani: su quello superiore passa la strada, su quello inferiore la ferrovia

 

 

Foschia caratteristica della città, dovuta all’umidità e all’inquinamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edifici moderni nel centro della città

 

Però simboli della tradizione cinese appaiono regolarmente, come i due leoni affiancati all’ingresso delle costruzioni più importanti. La continuità prevale sulla discontinuità, e gli elementi di progresso non sembrano indicare una rottura totale o irreversibile con il passato.

 

 

 

 

 

Il leone che si trova a destra dei portoni, o degli archi, d’ingresso poggia la zampa su una sfera: è il simbolo maschile del potere sul divenire, della presa di controllo sulla realtà mutevole

 

 

 

Il leone che si trova a sinistra regge un cucciolo: è il simbolo femminile della maternità e del “prendersi cura”

 

 

1.2 Coesistenza di ricchezza e povertà

 

Soprattutto nelle aree dedicate al commercio si trovano imponenti shopping mall, tirati a lucido con cura (ai nostri occhi) maniacale; la raffinatezza propriamente cinese è qui quasi sommersa dall’ostentazione del lusso occidentale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questi centri commerciali sono prevalentemente in vendita prodotti di marca giapponesi e occidentali. Molto ben rappresentate le “firme” italiane

 

Tuttavia, in aree adiacenti si nota un altro genere di negozi: molto più vicino al tradizionale mercato cinese, rivolto a una ben diversa tipologia di clienti.

 

 

 

 

 

 

1.3 Importanza dei luoghi legati alla cultura

 

A Wuhan si trova la Torre della Gru Gialla: monumento di 1700 anni fa, distrutto e ricostruito più volte (l’ultima nel 1985). La sua importanza è dovuta ai poeti e agli uomini di cultura che furono, in qualche modo, legati a questo luogo; la sua straordinaria popolarità, anche attuale, è abbastanza significativa del ruolo che hanno la letteratura e la figura del letterato nella civiltà cinese.

 

 

 

 

La Torre della Gru Gialla

 

Sala d’ingresso della torre

 

Modelli delle varie Torri, distrutte in passato.

 

 

 

 

 

 

Simbolismo della cicogna, tradizionalmente indice di nobiltà e di longevità

 

 

 

 

Personaggi della storia e della letteratura cinese legati alla Torre della Gru Gialla

 

 

 

 

Viste della città dall’alto della Torre

 

 

1.4 Presenza del sacro

 

Girando per la città, la presenza del sacro – evidentemente assai diverso dal “santo” cristiano – è discreta, e tuttavia riconoscibile ad occhi attenti. Innanzitutto, l’aspetto più visibile è dato dai luoghi di culto buddhisti: molto frequentati da persone delle più diverse estrazioni, con atteggiamento di devota reverenza.

 

 

Tempio buddhista sulla Wuluo Lu

 

 

 

Effigie di Buddha, all’interno del tempio

 

 

Tuttavia, c’è una forma di sacro che appare dominante per le strade della città – anche se è un sacro “desacralizzato”, nascosto sotto sembianze profane: è la “divinità” del popolo e della società cinesi. Una divinità “laica”, completamente secolare: e tuttavia proposta come portatrice di un senso assoluto, totalizzante – capace di ispirare ogni dimensione dell’agire umano e di rendere la vita pienamente degna di essere vissuta.

Le strade di Wuhan – probabilmente di ogni città della Cina – sono tappezzate di manifesti, graficamente assai pregevoli, che presentano valori etici ai quali tutti sono esortati ad aderire, vivendo in modo virtuoso. Si tratta, fondamentalmente, di princìpi della morale naturale, quindi universali: i quali però acquistano una coloritura particolare dal fatto di essere considerati specificamente “cinesi”.

 

 

Si esorta alla realizzazione del “sogno” cinese

 

Si loda il rispetto degli anziani

 

 

Si invita al rispetto dell’ambiente, come sorgente di benessere

 

 

Ancora sul rispetto degli anziani

 

 

1.5 Visita al seminario cattolico

 

Il seminario dello Hubei si trova in una zona povera della città. Tutto rivela una presenza marginale della Chiesa cattolica, e tuttavia non irrilevante; come dimostra il continuo aumento dei suoi appartenenti nell’ambito del paese.

 

 

La chiesa del seminario, non aperta al pubblico.

 

 

 

 

Si nota la povertà del quartiere

 

 

Verso il cortile interno del seminario

 

 

 

2. Svolgimento del convegno

 

Le conferenze si sono svolte in un’apposita sala dell’Istituto di Lingue Straniere, attrezzata per la traduzione simultanea; traduttori erano gli studenti del corso per interpreti.

 

 

 

L’Istituto di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Wuhan

 

 

 

 

All’apertura dei lavori Wu Genyou 吴根友, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia del’Università di Wuhan, ha sottolineato l’importanza di questi incontri; che servono affinché non ci si limiti a prendere in considerazione gli aspetti materiali delle culture.

Duan Dezhi 段德智, dell’Università di Wuhan, ha parlato di san Tommaso come di un pioniere nella storia della filosofia universale. Ha anche fatto cenno ai risultati finora ottenuti nella traduzione in cinese dell’opera tommasiana, e alle numerose tesi di dottorato svolte sul suo pensiero presso il Dipartimento di Studi Religiosi di questa università.

Chan Tak-Kwong 光陈德, dell’Università Furen di Taiwan, ha riconosciuto il ruolo svolto dal Centro Li Madou di Macerata, la città natale di P. Matteo Ricci, nell’organizzazione di questo incontro; Sun Xuyi 孙旭义, direttore di tale Centro, ha parlato dell’importanza di Macerata come luogo di nascita di colui che ha aperto le porte al dialogo tra la cultura occidentale e quella cinese.

 

 

L’apertura dei lavori

 

 

William E. Carroll, dell’Università di Oxford, ha svolto il tema: creazione come chiave del dialogo interreligioso e interculturale. A suo parere Tommaso ha colto l’essenziale dei racconti della creazione che appartengono alle diverse religioni, distinguendo tra l’aspetto filosofico e l’aspetto teologico della creazione stessa: essa non produce un cambiamento nelle cose, ma esprime la completa dipendenza della creatura dal Creatore.

Xu Fenglin 徐凤林, dell’Università di Pechino, ha parlato dell’esperienza mistica secondo Gregorio Palamas; interpretandola secondo la categoria confuciana (e pancinese) del “perfezionamento di sé” – inteso, in questo caso, come unione dell’uomo con Dio.

Dong Shangwen 董尚文, della Scuola di Filosofia dell’Università Huazhong di Scienza e Tecnologia, ha messo a tema l’applicazione teologica della teoria tommasiana del “linguaggio interiore”. Il pensiero che Dio ha di se stesso è eminentemente comprensibile: Dio si comprende come emanatio intellectus, ed emanatio intelligibilis.

La relazione di François Dermine OP, della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, ha riguardato il rapporto tra identità, relazione e ordine nel pensiero di san Tommaso – in riferimento anche al pensiero classico della Cina. Rispetto al concetto cinese di “armonia”, quello tomista di “ordine” aggiunge la dimensione verticale che rimanda al Creatore: tale approccio salva quindi tutti gli aspetti della realtà.

Antonio Olmi OP, della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, ha interpretato il Catechismo di P. Matteo Ricci alla luce del pensiero di san Tommaso, in particolare della Summa Theologiae. Da questa lettura risulta come il noto gesuita maceratese possa essere considerato, a pieno titolo, un “tomista missionario”: ovvero un missionario che ha applicato la prospettiva tomista all’evangelizzazione e al dialogo interculturale.

 

 

 

 

Antonio Olmi OP

 

 

Tobias Hoffmann, della Catholic University of America, ha esposto l’idea del progresso morale in Tommaso d’Aquino; in particolare confrontando le figure dell’“incontinente”, che è semplicemente un debole, e quindi può essere emendato, con l’“autoindulgente”, che invece è un peccatore deliberato e quindi è incurabile, a meno che non compia un completo cambiamento di mentalità e di comportamento.

Ding Funing 丁福宁, dell’Università Furen, ha presentato l’antropologia tommasiana della persona come imago Dei. A differenza dei greci e in particolare dei platonici, che dividevano l’uomo in due parti, per san Tommaso l’uomo è un essere completo: che ha la sua essenza nella ragione.

L’intervento di Che Gui 车桂, dell’Università di Wuhan, si è concentrato sulla dottrina trinitaria dell’Aquinate: ovvero sul modo in cui egli ha saputo esporre il profondo mistero di un’essenza in tre persone, individuando la relazione tra le qualità-caratteristiche e la presenza-essenza del Dio trinitario.

Xu Tao 徐弢, dell’Università di Wuhan, ha confrontato la metafisica tomista con la visione materialista del nominalismo medievale, e la conseguente negazione delle entità spirituali. Dal minimalismo di Ockham, passando per il monismo tendenziale di Duns Scoto, si arriva alla concezione di Marx ed Engels: per cui la materia è in grado di pensare.

Secondo Chen Wen-Tian 陈文团, dell’Università Furen, la concezione che san Tommaso ha della giustizia è vicina al concetto confuciano di rettitudine; proprio quest’ultimo può contribuire a una rinnovata comprensione del pensiero tomista.

Un intervento collaterale al tema del convegno è stato quello di Xue Rui 薛睿, dell’Università di Tecnologia di Wuhan; che distinguendo tra conoscenza intuitiva e conoscenza astratta ha esposto l’influenza del pensiero filosofico di Ockham sulle teorie contemporanee del linguaggio cognitivo.

Michael S. Sherwin OP, dell’Università di Friburgo, ha presentato i princìpi metodologici necessari a comprendere la teologia tommasiana delle virtù cristiane. Innanzitutto occorre rispettare il vocabolario, muovendo da ciò che è più evidente verso ciò che è meno evidente; poi è necessario “pulire” le espressioni usate da Tommaso, che hanno talvolta acquistato un significato opposto a quello inteso da lui.

王涛 Wang Tao, dell’Holy Spirit Seminary College di Hong Kong, ha sottolineato la differenza tra la concezione agostiniana e quella tommasiana delle virtù morali. Secondo sant’Agostino le virtù pagane erano solo splendidi vizi, non essendo informate dalla carità; per san Tommaso invece esse sono virtù autentiche, anche se imperfette perché indebolite dal peccato originale.

L’intervento di Rudi te Velde, dell’Università di Tilburg, ha esposto le concezioni di Aristotele e Tommaso sulla felicità umana in termini di continuità-discontinuità-trasformazione. Per Aristotele, che condivide il dualismo tipico della filosofia greca, la vita teoretica è sufficiente a condurre l’uomo alla felicità; per san Tommaso invece lo spirito umano resta uno spirito finito, creaturale, ed è incapace di condurre l’uomo all’unione con Dio.

Kao Lingxia 高凌霞, dell’Università Furen, ha parlato della concezione tommasiana del ragionamento come “movimento” che si attua nel tempo: nei termini delle relazioni che sussistono tra ragione e comprensione, tra intuizione e argomentazione.

Zhai Zhihong 翟志宏, dell’Università di Wuhan, ha messo a tema della sua relazione il senso e il valore della natura nel pensiero di san Tommaso. Le cose sono buone perché sono create da Dio: c’è quindi un rapporto tra questi due termini, ed esiste la possibilità di risalire dalla natura a Dio.

Wu Tianyue 吴天岳, dell’Università di Pechino, ha parlato dello statuto ontologico del corpo nell’ilemorfismo di san Tommaso, evidenziando in particolare il “paradosso della materia prima”. Poiché la materia non ha forma ma è sottostante a ogni forma, e ciò che ha l’essere in atto non esiste, la materia – che non ha alcuna attualità né proprietà determinata – risulterebbe non essere reale…

L’argomento affrontato da Xu Longfei 徐龙飞, dell’Università di Pechino, è stato l’estetica filosofica di Tommaso d’Aquino. La bellezza delle cose, che è proporzione e armonia, è anche claritas: ma la claritas è, in senso proprio, l’essenza della luce, e quindi non può essere vista direttamente.

L’intervento di Hans Burckhardt, dell’Università di Monaco, ha preso in considerazione il pensiero di san Tommaso a proposito del comportamento umano, dei valori e della legge. In base al principio che è perfetto ciò che raggiunge il proprio fine, il bene comune deve strutturarsi come organizzazione della società.

Katia Lenahan, dell’Università Furen, ha esposto il ruolo della volontà nella percezione estetica in Tommaso d’Aquino. Facendo propria l’interpretazione di Maritain, ha sottolineato il ruolo della “conoscenza per connaturalità” nella conoscenza e nell’esperienza della bellezza.

Huang Chao 黄超, dell’Università di Wuhan, ha parlato della struttura e dell’ordine delle passioni nella morale tommasiana. Tutte le passioni sono espressioni del desiderio; tuttavia, mentre negli animali le passioni sono inevitabili, nell’uomo possono essere oggetto di scelta.

Geng Zhanhe 耿占河, del Centro Studi Li Madou di Macerata, considerando la concupiscenza presente nell’uomo e la sua influenza sullo sviluppo delle passioni l’ha interpretata alla luce dei concetti “dinamici” di qi 气 e di hua 化, i quali sottintendono una continua disposizione al cambiamento.

Infine Li Jianquan 李建全, dell’Università di Wuhan, ha messo a confronto a san Tommaso e Calvino sulla giustificazione ragionevole delle credenze cristiane. Per san Tommaso conoscenza naturale e fede non possono contraddirsi, e la volontà dell’uomo tende naturalmente al bene; secondo Calvino, invece, solo l’azione dello Spirito Santo può condurre l’uomo ad agire moralmente.

 

 

3. Osservazioni conclusive e prospettive future

 

La partecipazione a questo convegno mi ha riservato due grandi sorprese.

La prima, positiva: vale a dire la consapevolezza che esiste una precisa volontà, da parte dell’Università di Wuhan e probabilmente a livello più alto, di proseguire il confronto con studiosi occidentali dichiaratamente cattolici su temi e personaggi appartenente alla tradizione cristiana. Questa volontà è stata ribadita non solo dall’espresso invito a ritornare a Wuhan che mi è stato rivolto, ma anche dall’insistente richiamo alla figura e all’attività di P. Matteo Ricci – il più autorevole mediatore tra Occidente e Cina finora apparso nella storia – fatto a più riprese dalle autorità accademiche nel discorso ufficiale di conclusione del convegno.

Certo, l’antica massima cui prodest? della saggezza romana sembra applicarsi bene a questa situazione: per qual motivo il governo cinese ispirerebbe, sul piano degli incontri tra studiosi, una politica di conciliazione con l’Occidente cristiano altrimenti smentita in altri contesti? Tuttavia, al di là di ipotesi difficilmente verificabili, resta il fatto di un’evidente disponibilità al dialogo e all’accoglienza, di cui non ci si può che rallegrare.

La sorpresa negativa deriva, invece, dalla quasi totale incapacità da parte degli studiosi cinesi di san Tommaso – anche di quelli dichiaratamente cristiani e cattolici – di afferrare il fondamento del suo modo di pensare: cioè l’uso, filosofico e teologico, dell’analogia. Questa incapacità non deriva da un eccessivo attaccamento alla mentalità sintetica, propria della tradizione cinese, ma piuttosto dal contrario: dall’adesione acritica alla modalità analitica del pensiero occidentale, così come si è sviluppata nella modernità. Ovviamente questo approccio “moderno” a san Tommaso, ancor più se sviluppato da studiosi molto lontani dal contesto culturale in cui si è sviluppata la riflessione tommasiana e tomista, non consente certo una penetrazione profonda del pensiero dell’Aquinate, né apre prospettive a un futuro e fruttuoso “tomismo cinese”.

Non resta altro da fare, in occasione dei prossimi incontri interculturali, che tentare una “decostruzione” di questa modernizzazione forzata del pensiero in senso occidentale, alla quale gli studiosi cinesi di filosofia e teologia sembrano oggi essersi sottoposti; e di offrire loro la prospettiva di una ragione “sapienziale” transculturale, che vada oltre le differenze specifiche tra la mentalità occidentale e quella cinese – al fine di collocarsi in quel punto di vista assolutamente universale che è, forse, la più profonda conquista filosofica di san Tommaso d’Aquino.

 

 

 

 

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Category: Culture e Religioni, Osservatorio Cina, Storia della scienza e filosofia

About Antonio Olmi: Antonio Olmi è nato a Macerata nel 1958. Dopo aver studiato filosofia – laurea nel 1982 all’Università di Macerata, dottorato di ricerca del MiURST nel 1989 – si è dedicato per alcuni anni all’insegnamento della filosofia e della storia nelle scuole superiori. È entrato nel 1995 nell’Ordine dei Predicatori, proseguendo gli studi nell’ambito della teologia sistematica a Bologna (Studio Accademico Teologico Bolognese, dove ha conseguito il baccellierato in Sacra Teologia), e a Roma (Pontificia Università Gregoriana, dove ha conseguito la licenza e il dottorato in Sacra Teologia sotto la direzione di Gerald O’Collins SJ). In seguito, ha iniziato a insegnare presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna (Bologna), dov’è docente stabile straordinario di teologia sistematica. È attualmente direttore di Sacra Doctrina, rivista scientifica di teologia (www.sacradoctrina.it). Punto di partenza della sua attività di ricerca è il problema della realtà: solo le «cose» materiali sono reali, o il concetto di realtà dev’essere ampliato, in modo da comprendere la Prima Causa e il Fine Ultimo di tutto ciò che esiste? In tal caso, la realtà di ultimo livello non può che essere Dio, l’«Essere Supremo» (secondo san Tommaso d’Aquino), il «Signore del Cielo» (“天主”, secondo Matteo Ricci) – l’origine increata e il fondamento di ogni perfezione creata. E tuttavia, «Dio nessuno l’ha mai visto» (Gv 1,18). Per poter alzare lo sguardo verso di Lui – e dare così un solido fondamento alla nostra conoscenza della realtà – è necessario compiere tre passi: usare la «retta ragione» – cioè esercitare la ragione naturale in conformità con i princìpi universali della conoscenza e della morale; andare oltre (non contro!) la ragione – cioè aderire, con l’aiuto della grazia, alle verità divine rivelate da Dio in Gesù Cristo e nella tradizione della Chiesa; tornare a una ragione «espansa» – cioè a una ragione illuminata dalla virtù della fede e dal dono della sapienza, che permette di comprendere la realtà nella prospettiva stessa di Dio.

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