Maurizio Scarpari: I greci nell’esercito di terracotta. Scambi tra Cina e Grecia lungo la via della seta

| 10 Aprile 2017 | Comments (0)

 

 

 

Diffondiamo da La lettura del Corriere della sera di domenica 9 aprile questo testo di Maurizio Scarpari che insieme a Louis Godard e David Gosset ha curato la mostra  Dall’antica alla nuova via della seta attualmente visibile al Museo d’arte orientale di Torino. (su questo tema vedi su www.inchiestaonline.it il testo di Maurizio Scarpari pubblicato il 27 dicembre 2016, rubrica “Osservatorio Cina”)

 

 

Uno dei temi più interessanti e avvincenti per lo storico dell’antichità è rappresentato dalle influenze culturali rilevabili lungo le rotte carovaniere o marittime che collegavano il continente cinese al Mediterraneo. I tragitti tracciati lungo le numerose “vie della seta” raramente venivano percorsi da un estremo all’altro. La destinazione delle carovane era per lo più rappresentata da postazioni intermedie, senza che vi fosse una consapevolezza delle molteplici connessioni possibili: scelta la direzione da prendere, poche erano le conoscenze sulle mete più lontane, tanto per chi si muoveva da Occidente, quanto per chi proveniva da Oriente.

Il prof. Lukas Nickel dell’Università di Vienna ipotizza che l’arte ellenistica abbia avuto un’influenza determinante sulla statuaria cinese nella seconda metà del III secolo a.C.[1] La sua teoria contraddice dati che sembravano definitivamente acquisiti, situando i primi rapporti diretti tra europei e cinesi in un periodo precedente al viaggio verso Occidente di Zhang Qian (139 a.C.), che secondo la tradizione ha “inaugurato” la Via della Seta, e all’ambasceria romana inviata da Marco Aurelio alla corte cinese (166 d.C.). La proposta di Nickel s’inserisce in un processo di revisione più ampio, che sta modificando le conoscenze di uno dei periodi cruciali della civiltà cinese: la nascita del primo impero. Viene nuovamente messa in discussione una delle figure più controverse, quella del Primo Imperatore dei Qin, artefice dell’unificazione imperiale (221 a.C.), descritto dalla storiografia cinese come un despota sanguinario. Le recenti scoperte archeologiche e le nuove fonti epigrafiche di cui disponiamo ne danno un’immagine molto diversa da quella tramandata.

Nickel affronta uno dei misteri della storia dell’arte cinese: nella tradizione artistica pre-imperiale la scultura ha avuto un ruolo del tutto marginale e, fatta eccezione per un unico ritrovamento (Sanxingdui, nel Sichuan, XII-XI sec. a.C.), non ha mai prodotto statue di grandezza naturale; com’è possibile dunque che per il mausoleo del Primo Imperatore siano stati realizzati oltre 8000 guerrieri di terracotta di grandi dimensioni, ognuno caratterizzato da lineamenti diversi?

Nella biografia del Primo Imperatore lo storico Sima Qian (c. 145-86 a.C.) parla di 12 statue di bronzo presenti nel palazzo imperiale, ottenute fondendo le armi dei nemici. Di esse non è rimasta traccia, essendo state trasformate in monete tra il II e il IV secolo, ma fonti di poco più tarde parlano di 12 statue in bronzo, raffiguranti uomini giganteschi, alti anche più di undici metri, in abiti “barbari” (cioè “occidentali”) apparse a Lintao, una città nell’odierno Gansu, ai confini occidentali della Cina, che nell’immaginario dell’epoca poteva rappresentare genericamente l’Occidente.

Da dove avrebbero tratto l’ispirazione gli artisti incaricati di decorare il palazzo e realizzare il complesso tombale del sovrano, dal momento che non si erano mai viste rappresentazioni della figura umana di tale grandezza? Dall’arte ellenistica, la cui influenza un secolo prima era giunta non tanto distante dai confini cinesi, risponde Nickel. La campagna militare verso Oriente condotta da Alessandro Magno aveva infatti comportato un’espansione dell’influenza ellenistica – la cui statuaria era un’arte raffinata e matura che Alessandro aveva utilizzato come simbolo del suo potere – fino alla valle dell’Indo. Le statue potrebbero aver rappresentato i 12 Dei dell’Olimpo, raffigurati anche nella decorazione di un piatto d’oro rinvenuto a Beitan, nel Gansu.[2] Anche l’influenza ellenistica sull’architettura cinese di epoca Qin è stata oggetto di recenti studi.[3] Nickel ritiene possibile il coinvolgimento in loco di artigiani greci e la sua ipotesi parrebbe trovare riscontro nella recente scoperta dei resti appartenuti a un uomo europeo, rinvenuti in una tomba dedicata a coloro che lavorarono al complesso sepolcrale (spoglie di europei risalenti allo stesso periodo sono state identificate anche nel Xinjiang).

Ad attrarre l’attenzione di Nickel è stato soprattutto un gruppo di statue rinvenute in una fossa adiacente a quella dei soldati, anch’esse a grandezza naturale, raffiguranti uomini seminudi, noti come gli “acrobati”, o “lottatori” secondo altri. L’anatomia dei loro corpi è definita con una precisione insolita per i canoni estetici cinesi, rivelando un’abilità e un livello artistico che potrebbero essere stati ispirati da artigiani greci. Inoltre, in un’altra area del complesso tombale sono stati trovati degli uccelli in bronzo a grandezza naturale, realizzati con una perizia tecnica ignota ai cinesi dell’epoca, ma comune tra i greci.

Quella che sembrava una tesi azzardata sta ora trovando numerosi consensi, soprattutto tra gli archeologici cinesi, in passato restii ad accettare l’ipotesi che innovazioni importanti siano derivate dall’Occidente. Oggi, nell’era della globalizzazione, il clima politico è cambiato ed è interessante notare come anche la cultura sia sensibile alle logiche che hanno ispirato il progetto di investimenti infrastrutturali promosso da Xi Jinping, destinato a cambiare gli assetti geopolitici e geoeconomici del mondo, coinvolgendo oltre sessanta paesi situati, per lo più, lungo i percorsi di terra e di mare dell’antica Via della Seta.

Così come i cinesi sapevano dell’esistenza di un grande impero a Occidente, i romani erano al corrente dell’esistenza dei Seres, produttori di seta. Tracce della presenza cinese nell’impero romano sono oggi documentate dalla scoperta dei resti di due uomini cinesi sepolti in un cimitero di epoca romana (II-IV secolo) rinvenuto nel quartiere londinese di Southwark.[4] Si tratta di un ritrovamento sorprendente, di importanza pari a quello avvenuto nel cimitero di epoca romana di Vagnari, in provincia di Bari, che ha restituito lo scheletro appartenuto a un uomo di origine estremo-orientale vissuto tra il I e il II secolo della nostra era.[5] Erano schiavi, mercanti, ambasciatori? Impossibile dirlo.

È interessante notare come l’archeologia, coadiuvata da strumenti di ricerca e analisi sempre più sofisticati, stia modificando la nostra visione dell’antichità, suggerendo sempre nuove prospettive: interpretazioni che sembravano consolidate vengono rivisitate e aggiornate, inaugurando nuovi e più articolati percorsi narrativi e facendoci comprendere come il mondo fosse un tempo più globalizzato di quanto gli studiosi siano stati propensi a credere.

 

Maurizio Scarpari

 


[1] Lukas Nickel, “The First Emperor and sculpture in China”, Bulletin of SOAS, 76, 3, 2013, pp. 413-447.

[2] Lucas Christopoulos, “Hellens and Romans in ancient China (240 BC-1398 AD)”, Sino-Platonic Papers, n. 230, 2012.

[3] Richard M. Barnhart, “Alexander in China? Question for Chinese archaeology; new perspective on China’s past,” Chinese Archaeology in the Twentieth Century. Vol. 1: Culture and Civilization Reconsidered, ed. Xiaoneng Yang, New Haven and London, Yale University Press, and Kansas City, Nelson-Atkins Museum of Art, 2004, pp. 329-343.

[4] Heidi Shaw et al., “Identifying migrants in Roman London using lead and strontium stable isotope”, The Journal of Archaeological Science, 66, February 2016, pp. 57-68.

[5] T.L. Prowse et al., “Stable isotope and mtDNA evidence for geographic origins at the site of Vagnari, South Italy”, Journal of Roman Archaeology, 2010, pp. 175-197.

 

Category: Osservatorio Cina

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

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