Maurizio Scarpari: La magistratura blocca Terna in Sicilia. Era ora
Mentre francesi e spagnoli brindano per la realizzazione dell’elettrodotto dei record che dai Pirenei Orientali giunge in Catalogna, seguendo un percorso sotterraneo che da Baixas porta a Santa Llogaia, l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi che dovrebbe unire la Sicilia alla Calabria è in fase di completamento, con però un’importante novità:
la Polizia Giudiziaria del Corpo Forestale della Stato presso il Tribunale di Messina ha posto sotto sequestro giudiziario l’area relativa al pilone n. 40, nel comune di Saponara (ME), accogliendo la denuncia presentata nel 2013 dall’Associazione Mediterranea per la Natura (MAN) che da anni si batte contro le molteplici violazioni compiute da Terna in terra siciliana.
Non solo: il Tribunale del Riesame, chiamato in causa da Terna, ha convalidato il sequestro, provocando la scomposta reazione della società, non abituata a vedersi sbarrare la strada. Reato di lesa maestà! Un danno quantificabile in 4 miliardi di euro (a fronte di un investimento di 700 milioni)! Pericolo di blackout imminente! Un colpo basso non solo ai siciliani ma a tutti gli italiani… e così via, una falsità dietro l’altra con cifre in libertà, tanto chi può contestarle?
Secondo Didier Zone, Direttore del Centre national d’expertise réseau (CNER) dell’ente francese che gestisce la rete elettrica ad alta tensione, Réseau de transport d’életrictité (RTE), tre sono i record del nuovo elettrodotto franco-spagnolo: “potenza, distanza, tensione”. A questi tre ne aggiungerei un quarto, a mio giudizio il più importante di tutti: aver avuto il coraggio e la lungimiranza di abbandonare il progetto originario, che prevedeva un percorso aereo per un costo di un centinaio di milioni di euro per realizzare un elettrodotto lungo 65 km interamente interrato, per una spesa di 700 milioni di euro (225 dei quali sovvenzionati dalla Comunità Europea), dando così seguito alla richiesta delle popolazioni che hanno protestato con forza per difendere i propri territori dalla devastazione che avrebbe causato la costruzione dell’elettrodotto in superficie. Una grande lezione di civiltà.
In Italia, per contro, Terna se n’è fregata dell’ambiente e del territorio, dei paesi e dei borghi antichi, delle proprietà e della salute della gente che lì vive e lì vorrebbe far vivere i propri figli. Se n’è fregata anche e soprattutto delle proteste dei cittadini, riunitisi in comitati spontanei, movimenti, associazioni, e delle numerose denunce presentate negli anni a tutti i livelli possibili, locali e nazionali, fino al Consiglio di Stato. A proteggere il suo operato ci hanno pensato le istituzioni locali e nazionali che hanno ignorato, a loro volta, le proteste, le denunce, gli esposti, gli appelli rivolti attraverso giornali e televisioni locali e nazionali, le interrogazioni parlamentari, le richieste di aiuto rivolte personalmente ad esponenti dei governi locali e nazionali, a deputati e senatori, Ministri e Viceministri, fino al Presidente Renzi. Ora però, forse, qualcosa si è mosso, finalmente la magistratura si è decisa a intervenire…
Cosa abbiamo fatto noi italiani per trovarci in balia di Terna, che vorrebbe impiantare i suoi tralicci e piloni monostelo persino sulle cime dolomitiche, patrimonio dell’Unesco? Cos’hanno i Pirenei che le Dolomiti o le splendide colline siciliane che si affacciano sulle Eolie non hanno? Qualcosa di diverso, senz’altro c’è: da loro sono stati ascoltati gli appelli della gente, migliorati i progetti, si è cercato insomma di lavorare al meglio, da noi si è evitato di tener conto delle esigenze della popolazione, si è sbagliato ma ci si ostina a non cambiare rotta, anche ove a crollare è stata un’intera montagna, si è cercato insomma di risparmiare il più possibile sulla pelle della gente e del territorio italiano che sempre più mostra i segni del degrado a cui è sottoposto da decenni.
“Tutto in regola” ripete il ritornello di Terna, “abbiamo tutte le autorizzazioni necessarie”, sì ma come le ha avute? In violazione delle norme: semplice. Con la connivenza di chi le ha rilasciate: semplice. “Finalmente anche la Procura Penale ha recepito la piena vigenza delle Norme di Salvaguardia del Piano Paesaggistico dell’Ambito 9, come peraltro già ribadito dal Tribunale Amministrativo Regionale. Forse la società Terna pensava di non essere soggetta alle leggi vigenti per i comuni cittadini, in quanto operante in Italia in regime di monopolio assoluto” ha dichiarato Gianni Mento dell’Associazione MAN che con gli avvocati Carmelo Picciotto e Antonino la Rosa hanno promosso questa e altre iniziative giudiziarie contro Terna. Si potrebbe obiettare: ma ormai è troppo tardi, l’elettrodotto è quasi completato, come mi aveva fatto presente, un po’ stizzito per il disturbo arrecatogli, il Sovrintendete ai Beni Culturali di Messina quando ero andato a trovarlo per chiedergli di fare un sopralluogo a Venetico Superiore e vedere il danno che il pilone n. 24 causava al patrimonio storico artistico del borgo antico. “Venda la casa e vada a Filicudi se vuole starsene tranquillo” aveva suggerito, come forma di estrema cortesia. Ovviamente del sopralluogo neanche parlarne.
Ora però la magistratura ha deciso che è arrivato il momento di intervenire… Speriamo che non sia finita qui. “Le motivazioni del ricorso al Consiglio di Stato – spiega Gianni Mento – richiamano quegli stessi principi che hanno trovato accoglimento nella sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione ai cittadini sull’elettrodotto Dolo-Camin” nel Veneto: cos’ha di diverso la Sicilia dal Veneto abbiamo chiesto a più riprese, anche dalle pagine di questa rivista.
Una situazione vergognosa che dovrebbe essere inserita al primo posto nell’agenda del governo se davvero la salvaguardia dell’ambiente, del patrimonio storico-artistico e della salute dei cittadini fanno parte delle priorità del governo. Speriamo ora che il Tar e il Consiglio di Stato intervengano come ha fatto la Procura di Messina, prima che la politica venga indotta a nuove “forzature normative” per soddisfare gli interessi di Terna.
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