Gigi Ciscato: La bandiera rossa sulla Guglia degli operai compie vent’anni. Auguri!

| 29 Aprile 2021 | Comments (0)

 

 

 

 

 

La bandiera rossa sulla Guglia degli Operai compie vent’anni. Auguri!

Un testo di Gigi Ciscato, che si definisce: ex in tutto, errabondo testimone di fiori e crode tra Adige e Brenta.

La val Leogra, siamo nell’ alto vicentino, si forma ai piedi del versante meridionale del gruppo del Pasubio che, assieme ai vicini monti, costituisce le “Piccole dolomiti”. Qui dai primi anni del secolo scorso è nata una buona fetta dell’alpinismo, non solo veneto: le pareti strapiombanti, i campanili, le guglie hanno attirato moltitudini di appassionati. Tra gli altri, si sporge un colossale pinnacolo che i primi salitori, quasi un secolo fa, decisero di battezzare “Guglia degli Operai”, caso unico, per quanto ne so, nella storia della toponomastica alpina. Ma qui, in valle, nessuno si stupì più di tanto. Del resto, all’imbocco della val Leogra, a Schio, centro laniero creato da Alessandro Rossi un secolo prima, padrone paternalista dell’intera comunità, non c’era (e c’è) il monumento da lui dedicato ai propri operai? Altro caso unico al mondo.

La Guglia degli Operai, dunque.

Proprio vent’anni fa, un primo di maggio, quattro amici si ingegnarono di salirvi in cima caricandosi sulle spalle asta, tiranti e una bandiera neanche tanto vistosa, però rossa. Rossa poichè era il primo di maggio e poi sembrava giusto ricordare che il nome della guglia rimandava a una storia di lotte, di sacrifici, di solidarietà e di libertà. Posso pensare che, giù in valle, si discusse e ci si divise, come sempre succede; tuttavia la bandiera sventolò imperterrita sopra paesi e contrade per un pò di tempo sino a quando fulmini, gelo e vento non ebbero la meglio. Negli anni che seguirono ci fu sempre qualcuno che si arrampicò lassù per raddrizzare, rattoppare e, a volte, sostituire la povera bandiera. Poi, proprio dieci anni fa, decisero di fare le cose in grande: con fatica issarono sulla vetta un’asta in tre pezzi capace di far garrire un maestoso stendardo. Fu l’apoteosi, era impossibile ignorarlo. Purtroppo, al solito, a quelle quote il meteo ci mette sempre del suo e quindi, anno dopo anno, più che un intervento di manutenzione, l’arrampicarsi lassù aveva ormai il sapore di un doveroso pellegrinaggio.

Se l’anno scorso per via della pandemia anche l’incolpevole guglia subì l’isolamento, quest’anno ricorreva il ventennale della bandiera e, a quanto pare, nessuno se la sentiva di ignorarlo. Dunque lo scorso 25 di aprile, di buon mattino, in parete si ritrovarono addirittura quattro cordate, cosa mai vista, nel suo piccolo. Giù in valle, batteva un tocco il campanile di S. Antonio quando, finalmente, ho potuto vederla sventolare, la bandiera rossa. Era la quinta della serie, bellissima, fiera e, anche lei a suo modo, un record: mt. 1,55×2,65 per essere precisi precisi.

Dalla forcella delle Sgralaite, molto più in basso, s’udiva distintamente lo stappare secco delle bottiglie.

 

Category: Ambiente, Cibi e tradizioni, Culture e Religioni

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