Bruno Giorgini: Vortice polare e cambiamento climatico

| 13 Gennaio 2014 | Comments (1)

 

 


The big chill, il grande freddo che ha investito New York e gran parte dell’America del Nord riscalda il cuore degli esponenti delle lobbies petrolifere, automobilistiche, tecnomilitari da sempre contrarie a qualunque ipotesi di cambiamento climatico e/o riscaldamento globale  che dir si voglia, perchè limiterebbe i loro affari, nonchè ha ridato fiato contro possibili azioni volte a limitare l’effetto serra ai fautori del capitalismo libero e selvaggio. Così tutti costoro si sono scatenati per dire “ma di quale riscaldamento globale van cianciando se siamo dentro uno degli inverni più freddi con punte fino 20-40 gradi sottozero”, nel pieno di un cosidetto vortice polare, una sorta di enorme massa di aria ghiacciata che si muove e si espande ruotando. La polemica è diventata tanto  incandescente da indurre Obama a convocare una conferenza stampa durante la quale John Holdren, consulente scientifico del presidente, ha spiegato come il grande freddo non fosse in contraddizione con l’ipotesi del riscaldamento globale, ma a poco è valsa di fronte alle code di persone che alle fermate dell’autobus e sui marciapiedi battevano i denti imbacuccate peggio che in Siberia. Da noi sono scesi in campo tra gli altri il Foglio con un intero paginone, e Vittorio Feltri con un articolo di fondo, molto virulenti quando non sarcastici.  Allora non è forse inutile fare il punto sullo stato dell’arte nei suoi elementi inequivocabili.  Il primo riguarda l’aumento della temperatura media sulla superficie del pianeta.

Ecco un grafico con due curve che mostrano l’andamento crescente della temperatura, l’una a cura dell’ Hadley Center, l’altra della NASA/GISS, tra le istituzioni di ricerca più accreditate nel campo. Come si vede le curve sono molto vicine, e a partire dal 1970 praticamente coincidenti. Infatti tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ‘70 cominciano le osservazioni satellitari, che sono evidentemente le più affidabili e precise, trattandosi di misure dirette globali sull’intera superficie incrociate con quelle della stazioni a terra (per la NASA oltre 1000), mentre quelle precedenti erano basate soltanto su misure locali di cui si faceva una media statistica pesata.


 

Una analisi  disaggregata dei dati raccolti dal Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA, che monitora di continuo le temperature superficiali del nostro pianeta, mostra che il 2011 è stato il nono anno più caldo dal 1880 (il GISS considera quello l’anno in cui le misure cominciano a essere affidabili, a differenza dell’Hadley Center che comincia dal 1850) mentre i 10 anni più caldi si sono verificati a partire dal 2000. La temperatura media del globo terrestre nel 2011 è stata di oltre mezzo grado (0,51 °C) superiore a quella presente verso la metà del secolo scorso. La differenza tra il 2011 e l’anno più caldo mai registrato dal GISS, il 2010, è di 0,22 °C (vedi il grafico seguente a cura del GISS).

 

 

Ovvero la temperatura media cresce da oltre cent’anni a questa parte, con un pianerottolo nell’ultimo periodo, una sorta di pausa nel riscaldamento globale che non inficia evidentemente l’andamento complessivo. Ma arriva l’inverno newyorkese, uno dei più freddi a memoria d’uomo, che sembra contraddire il risultato di cui sopra. Però non è così. Basta pensare all’aneddoto dei due polli consumati in media per ogni individuo, ma poi io non ne mangio nessuno e il mio vicino quattro, ovvero la singolarità delle temperature polari in Nord America quest’anno non dimostra niente per quanto attiene le medie. Tanto più che se a New York si gela, in Alaska siamo   a 2-4 gradi sopra zero, un caldo incredibile per quella terra in pieno inverno. Comunque esiste una spiegazione  del pianerottolo, che non contraddice l’aumento della temperatura media globale: secondo il Met Office una parte dell’energia termica invece di finire sulla superficie terrestre e nell’atmosfera, aumentandone la temperatura, verrebbe assorbita e  immagazzinata nelle profondità oceaniche, una sorta di enorme serbatoio di calore. E qui introduciamo un altro grafico significativo, che mostra l’inequivocabile innalzamente del livello dei mari.

 


Un fenomeno dovuto allo scioglimento dei ghiacci, che può essere interpretato anche come un effetto del riscaldamento globale. Cum granu salis perchè bisogna pure tenere in conto l’epoca geologica nella quale ci troviamo, l’ Olocene, un periodo interglaciale caratterizzato da una fase di ritiro dei ghiacci, con conseguente aumento del livello dei mari.

Però le osservazioni indicano come l’innalzamento medio del livello delle acque sia aumentato in modo significativo negli ultimi decenni, passando da circa 1.5 mm l’anno nel ’70  agli attuali 3,3 mm, più del doppio. Insomma il riscaldamento globale è fin qui ragionevolmente certo. Così come ragionevolmente certa ne è una delle concause, ovverosia la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, cresciuta da 285 parti per milione attorno al 1900, a 315 parti per milione nel 1960 fino alle 390 parti di oggi. E questo aumento è essenzialmente dovuto alle attività umane, per la semplice ragione che altre cause non se ne vedono. Verrebbe ora il momento delle previsioni possibili sulla base dello stato attuale ma non mi ci avventuro, essendo questione di modelli che quasi ogni giorno vengono raffinati e su cui verte il dibattito scientifico.

Però una cosa va detta, che ci può essere una soglia di non ritorno, oltre la quale potrebbe accadere che il cambiamento/riscaldamento climatico si autoamplifichi in un processo di retroazione (feedback) positivo, diventando inarrestabile, cioè portando il clima del tutto fuor d’equilibrio sempre più costellato di eventi estremi, out of jail per dirla con  Shakespeare. In genere questo limite di soglia viene indicato attorno a un aumento globale della temperatura dell’ordine di 2 gradi, qualcuno dice tra due e quattro, dopo di che si installerebbe il caos meteorologico.

 

 

Concludo suggerendo la lettura di un libro di previsioni Jorgen Randers, Scenari globali per i prossimi quarant’anni-2052,  Rapporto al Club di Roma,  Edizioni Ambiente, Roma 2013.


 


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Category: Ambiente

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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