Bruno Giorgini: Gli alberi del mondo muoiono di fame, sete ed embolia

| 28 Novembre 2012 | Comments (0)

 

 

 


Su Nature on line del 21 novembre compare un articolo dal titolo assai esplicito Trees worldwide a sip away from dehydration, gli alberi del mondo a un sorso dalla disidratazione, che riassume i risultati principali di un corposo rapporto scientifico anch’esso on line. Secondo Brendan Choat della Western University di Sydney,  coordinatore della ricerca, il 70% delle 226 specie di alberi analizzate in foreste diffuse in tutto il mondo (80 regioni dal clima molto diverso) sono molto vicini al punto in cui una seria siccità arresterebbe il trasporto d’acqua dalle radici alle foglie.

Anche alberi in luoghi umidi e lussureggianti operano con soltanto un sottile margine di sicurezza tra la vita,  e la morte per sete. Secondo Choat “Questa è la prima volta in cui si sono fatte osservazioni in tutte le foreste, scoprendo che c’è una convergenza sui rischi.” Insomma sono a rischio tanto le foreste tropicali quanto quelle mediterranee e quelle vicine  ai deserti. Vediamo più precisamente: quando gli alberi mancano d’acqua si possono formare delle bolle d’aria (emboli) che ostruiscono i canali di trasporto della linfa dalle radici alla sommità, mettendo in breve l’albero a rischio di morte per essiccamento, ecco l’embolia. Hervè Cochard, ricercatore francese e coautore del lavoro, la dice così “Tutti gli alberi e tutte le foreste del globo vivono in permanenza al limite della rottura idraulica, c’è dunque una convergenza funzionale globale della risposta di questi ecosistemi (le foreste) all’aridità.”

Una accresciuta mortalità degli alberi è una nuova minaccia, una nuova criticalità, per ora non tenuta in conto nei modelli di cambiamento climatico, un cambiamento climatico che si accelera al di là delle previsioni, e quasi non passa giorno senza che ne misuriamo gli effetti, ultimo il tornado che il 28 novembre ha investito Taranto, in particolare l’Ilva nonchè il porto,  e ha travolto una scuola. Ma tornando agli alberi, in ventanni le aree boschive che conoscono un deperimento sono aumentate di quattro volte. Per averne una idea si pensi che in Canada questa superficie boschiva ormai allo stremo equivale a tutte le foreste di Francia. Seppure non conosciamo ancora l’interazione precisa tra cambiamento climatico e deperimento delle foreste, però sappiamo che la probabilità di apparizione di bolle d’aria nella linfa aumenta se l’albero è costretto ad aspirare più forte la linfa nelle sue ramificazioni. Il che succede in caso di forte caldo, che accresce la traspirazione dell’albero, o in caso di carenza d’acqua, che obbliga la pianta a pompare più intensamente perchè il liquido dalle radici raggiunga le sommità.

Ma oltre a morire di sete, l’albero può anche morire di fame. Il primo riflesso di un albero sottoposto per mancanza d’acqua e/o per un eccesso di temperatura a tensione idrica è di chiudere gli organi, stomati, che gli permettono di scambiare energia/materia con l’esterno, per evitare di “sudare” troppo. Però così la CO2 non è più assorbita e la fotosintesi clorofilliana non può avere luogo, cioè non può produrre gli zuccheri necessari alla vita e alla crescita della pianta. L’albero allora usa le sue riserve fin che durano, poi se l’assenza di nutrimento si prolunga, muore per sfinimento. Per esempio in Provenza nel 2003, quando la regione fu sottoposta a una forte canicola, avvenne una “strage” di pini silvestri, abeti, quercie dovuta sia alla sete che alla fame che strinsero come una tenaglia gli alberi. Se si prendono in considerazione i soli pini silvestri il tasso di mortalità fu dell’80% (Craig Allen et al., Forest Ecology and Management, 2010), un tasso altissimo. Inoltre un albero consuma 400 (quattrocento) molecole d’acqua per catturare una sola molecola di carbone, ovvero il suo inaridimento aumenta in modo indiretto la CO2 presente nell’atmosfera, incrementando l’effetto serra. Questo numero che abbiamo appena dato è, forse, la chiave di volta per comprendere e misurare l’influenza della diminuzione delle superfici boschive sui cambiamenti climatici, diminuzione che agisce anche su molto altro, comprese le frane, la desertificazione, l’inquinamento, nonchè la bellezza della natura.

Una ultima nota, Coat e gli altri 23 (ventitre) ricercatori autori del lavoro non vogliono assolutamente essere allarmisti. Leggiamo da Nature: As forest ecologists and plant physiologists confronting climate change “we’ve been trying to be careful as a community not to be alarmist,” But the new paper adds yet another perspective that’s worrisome. “They all keep pointing to: ‘Whoa, our forests are really vulnerable”. Noi come ecologisti e fisiologi delle piante che si misurano col cambiamento climatico, siamo stati attenti a non essere allarmisti, ma il nuovo lavoro aggiunge tuttavia un’altra prospettiva preoccupante, tutto concorda per dire: wow, le nostre foreste sono realmente vulnerabili. Questo lavoro arriva nel mentre invece governi e stati ancora si gingillano in cavilli e continui rinvii di decisioni che ormai diventano sempre più urgenti. Se vogliamo evitare l’orizzonte di un possibile olocausto climatico non resta altra strada che una nuova alleanza tra la specie umana e la natura. Un’alleanza e/o un nuovo contratto di equità tra esseri umani e natura onde questa nostra terra rimanga abitabile per i viventi, dagli umani agli alberi. Ecco un obiettivo e una nervatura per l’intera umanità, un vero e proprio new deal globale.

 


 

Category: Ambiente, Animali e piante

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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